(fonte: insanitas) di Maria Grazia Elfio
L’intervista ad Antonio Giovanni Versace responsabile organizzativo Covid Hospital del Policlinico universitario Gaetano Martino di Messina
Policlinico Gaetano Martino di Messina, è qui il “quartier generale” della battaglia contro il Covid 19 per tutta la provincia di Messina. Grazie all’impegno del direttore generale Giuseppe Laganga e del Magnifico rettore di Messina Salvatore Cuzzocrea, è la struttura di riferimento per tutti gli ospedali Covid di Messina e Provincia. 70 posti letto nel padiglione H ed altri 20 posti letto si stanno attrezzando nel padiglione E. Un’enorme “macchina da guerra per farsi trovare pronti all’appuntamento con il picco dei contagi. “Non si prenderà nemmeno in considerazione l’ipotesi circolata a livello nazionale nei giorni scorsi, secondo cui si dovrebbe decidere chi salvare e chi no” scrive in una nota il dg Giuseppe Laganga.
Il responsabile organizzativo del Covid Hospital di Messina è Antonio Giovanni Versace, specialista in medicina emergenza- urgenza (anche presidente SIMEU regionale Sicilia). Al covid hospital afferiscono le uoc dei professori Giuseppe Nunnari e Gaetano Caramori, rispettivamente ordinari di Malattie Infettive e di Malattie dell’Apparato respiratorio (Pneumologia) dell’Ateneo messinese. Insanitas ha intervistato Antonio Giovanni Versace…
Come procedono le cose?
Stiamo facendo il massimo. Ad oggi riusciamo a gestire la situazione. In atto abbiamo 68 posti letto occupati su 70 e stiamo procedendo ad allestirne altri 20 posti al padiglione E. In rianimazione in atto su 23 posti letto abbiamo 6 pazienti covid, di cui 3 in isolamento a pressione negativa. Mentre nel reparto di Malattie Infettive il numero delle stanze a pressione negativa si è elevato a 3. Abbiamo anche allestito il triage infettivologico separato e percorsi radiologici separati per evitare contaminazioni dentro l’ospedale.
Dopo la circolare con cui il manager Laganga faceva appello a tutto il personale medico strutturato per la copertura dei turni covid si è comunque dovuto attingere ai giovani medici…
Si; i giovani medici rappresentano il cuore operativo: hanno risposto con tempestività all’appello dell’azienda, perché gli strutturati non erano sufficienti a coprire la turistica del Covid Hospital. Così rettore e direttore generale hanno contrattualizzato neospecialisti e specializzandi del quarto e del quinto anno. Giovani entusiasti che hanno riversato in queste ore passione e abnegazione e così stiamo potendo gestire questa grave emergenza. A loro va un grazie speciale.
Catapultati in un’altra realtà, ma il policlinico continua a garantire le urgenze chirurgiche…
Assolutamente sì. L’organizzazione è fondamentale in questi casi: noi già da gennaio scorso, grazie all’aderenza immediata della direzione alle norme ministeriali e regionali di recepimento, avevamo programmato posti covid, declinando tutti i reparti alla media e, soprattutto, alta intensità di cura. Certo molto dipende anche dall’abnegazione personale e dagli strumenti e dai dispositivi di protezione individuale (DPI), ad ora sufficienti, ma che cominciamo a scarseggiare.
Avete preso in carico anche dei 25 pazienti arrivati dal focolaio IRCCS Bonino Pulejo: opera non facile per la loro complessità clinica
Questo è stato un banco di prova importante, soprattutto per i nostri infermieri per la particolare assistenza che tali pazienti richiedono: noi stiamo facendo il massimo e in poco tempo. Facciamo appello alle persone, affinché comprendano sforzi immensi e, soprattutto utilizzino responsabilmente i servizi a cui hanno ancora accesso e, in modo particolare si attengano ai decreti contenitivi, e seguano le indicazioni previste.
Gli orari della sua giornata di lavoro?
Non esiste più un orario: io personalmente arrivo alle 9 del mattino e vado via alle 23. Ma come me ciò vale anche per il “crisis team” ( Antonino Levita – direttore sanitario – Giacomo Nicocia, Consolato Malara; Paolo Panagia; Giuseppe Cannavò; Rosanna Intelisano; Leo Placanica; Elvira Amata, con la collaborazione del direttore del dipartimento di medicina interna prof. Giovanni Squadrito).
Il rettore Cuzzocrea ha manifestato una sensibilità particolare…
Si perché addirittura in deroga ci ha permesso di avvalerci anche degli specializzandi del primo, secondo e terzo anno. Sia chiaro sempre sotto la supervisione degli strutturati.
Attenzione anche sulle reti tempo- dipendenti (Infarto e stroke): punto delicato ai tempi Covid…
Si oltre naturalmente a mantenerle per i pazienti non Covid, abbiamo attrezzato sempre al padiglione H, la stanza Stroke (Ictus ) Covid e quella IMA (Infarto Miocardico Acuto)/Covid e, inoltre, è stata attrezzata una stanza per il paziente covid nefropatico che ha necessità di dialisi.
Cosa significa trovarsi in trincea?
Impegno fisico straordinario e psicologico particolare, con il timore che ti puoi infettare. Significa anche vivere isolati (chi può almeno) dalle proprie famiglie.
Gli infermieri grandi eroi, ma anche qui è importante far funzionare l’organizzazione e un plauso va alla dott. Mariella Caruso che li coordina…
Assolutamente. Senza di loro non sarebbe stato possibile tutto questo.
Sovraccarichi anche per le procedure di vestizione e svestizione…
Certo. Perché richiedono particolare attenzione, complessità, tempo e, soprattutto, stare vestiti con i dispositivi è molto pesante. Le procedure sono senz’altro un carico ulteriore: un esempio per tutti i soli infermieri necessitano di 5/6 cambi per gestire questi malati: immaginate tempi e incombenze.
I pazienti restano ricoverati fino alla doppia negativizzazione del tampone…
Esatto. In media 14 giorni. E’ un carico enorme. Molti di essi sono soli, anziani. Altri hanno famiglie e non sempre si riesce a far capire, purtroppo, che le regole attuali impongono lontananza fisica ed emotiva. In questi momenti vedi tutta la fragilità umana.
Mi permetta la domanda brutale: la fragilità ti avvicina sempre all’altro o spesso ti allontana ?
Dottoressa ciascuno reagisce intimamente alle cose in base a ciò che è dentro anche. Certamente si tratta di un’esperienza che stravolge. Non tutti riescono a sopportare con equilibrio una massiva situazione di emergenza dove tempi e procedure cambiano. E come si risponde a così tanto dolore insieme è un’esperienza intima che passa anche da quello che sei. Perché questa è una questione di psiche individuale, di forza interiore e di sentimenti ed emozioni personali. Posso dirle che io non cambiato dentro e risceglierei di fare il medico. Certamente avere alle spalle una lunga esperienza in ambito emergenziale mi è stato di aiuto.
Dall’inizio dell’emergenza sono complessivamente 11 i pazienti deceduti al G. Martino, ma oggi c’è un compleanno importante che è il segno di una speranza…
Sì: ha compiuto 100 anni una degente originaria di Capizzi che era ospitata presso la “Casa dell’Incanto” altro focolaio che abbiamo gestito. Una felicità immensa. Il personale del padiglione H, attraverso i tablet donati da un’azienda, e messi a diposizione dei pazienti ha organizzato una video chiamata, affinché la signora ricevesse auguri da figli e nipotini: un’emozione che rappresenta il simbolo emblematico della nostra battaglia contro questa pandemia. In queste ore, inoltre, si è registrata la prima guarigione da covid 19 presso il padiglione H: una signora di 62 anni che, però, risultando affetta da altre patologie non può ancora essere dimessa.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.