Le giornate di
passione di Filicudi prendono l’avvio il 26 maggio 1971; si inizia alle quattro
della notte. Un aliscafo della S.A.S. viene noleggiato dall’amministrazione per
trasportare i consiglieri comunali a Filicudi; è la
prima volta, nella storia politica del Comune di Lipari che si tiene una seduta
fuori dal palazzo di Piazza Mazzini. La circostanza lo richiede come mai
prima. Oggetto della convocazione: «I mafiosi a Filicudi». Qualche
ora dopo da Messina, alle 07.30, partirà e l'aliscafo “Freccia del Peloro” che
conduce i mafiosi a Filicudi.
È la giornata dello
sbarco, delle barricate, della protesta, dell’arrivo dei centinai di eoliani
sull’isola per dimostrare contro l’invio dei mafiosi.
Nel corso del 27
maggio a Filicudi, i due gruppi
contrapposti si fronteggiano, mentre dal resto dall’arcipelago confluiscono
persone e vettovagliamenti; complessivamente arrivano nell’isola circa mille
eoliani.
Si comprende
chiaramente che è una situazione di estrema tensione che non si sa dove potrà
portare. Anche nelle altre isole dell’arcipelago la situazione si fa pesante: i
negozi sono chiusi da tre giorni e nella mattinata solo per due ore è stato
consentito di fare rifornimento di generi alimentari, ma per le altre ore del
giorno quasi tutti i negozi mantengono l’impegno di rimanere chiusi.
A Filicudi i boss, almeno i più anziani, nella
notte tra il 26 ed il 27, hanno avuto una sistemazione tutto sommato decente in
un vecchio bar. I meno fortunati, quelli che non hanno trovato posto nel bar, sono
stati costretti a rimanere fuori nell’albergo in costruzione. Il rapporto fra
poliziotti e abitanti da l’idea dello stato di tensione che vi è nell’isola:
per ognuno dei 400 abitanti dell’isola di Filicudi c’è un poliziotto. La notte,
tra il 27 ed il 28 maggio, la seconda lunga notte, vede ancora una volta da una
parte i 15 boss della mafia protetti dagli agenti di P.S., dall’altra parte gli
eoliani che continuano a darsi cambio per essere il più possibile freschi e
pronti per ogni necessità. Gli eoliani si dividono quel poco che hanno: ai boss
nulla.
Il 28 maggio 1971 è il giorno più lungo
vissuto nell'isola. Da due giorni quasi mille eoliani fanno scudo con il
proprio corpo per impedire che i mafiosi siano sistemati a Filicudi. Di fronte
all'invio massiccio di forze dell'ordine, i responsabili del comitato dovranno prendere
una decisione grave, troveranno quella più intelligente e che alla fine darà i
frutti sperati.
Intorno alle 8 e 30 arrivano quasi
contemporaneamente la “Basiluzzo” da Lipari e la motonave “Nuova Ustica” da
Palermo. Dalla “Nuova Ustica”,
appositamente requisita, quasi contemporaneamente, vengono sbarcati 200
carabinieri. Questo arrivo mette in allarme gli eoliani che continuano a
raccogliersi dietro la barricata.
Sono le 11, un traghetto
entra in rada. Si stenta a credere a ciò che si vede. Sulla chiatta sono
parcheggiati in triplice fila nove automezzi della polizia compresi alcuni
cellulari, camion, cucine da campo, autoblindo del battaglione mobile della PS
di Taranto. Ovviamente questi mezzi non hanno potuto prendere terra dal momento
che Filicudi non ha una sola strada carrozzabile, ma soltanto sentieri di
montagna; eppure hanno fatto arrivare nell’isola autocarri forniti anche di
idranti per cariche impossibili; anche questo spiegamento di forze, che si
aggiungeva al reparto dei carabinieri, ha avuto il suo effetto psicologico su
gran parte della popolazione che si è resa subito conto di non poter difendere
le quattro barricate che erano state innalzate dinanzi all'imbarcadero tra
mercoledì e giovedì scorsi. Il reparto Mobile di polizia di Taranto, circa
duecento agenti, si viene ad aggiungere agli oltre duecento fra poliziotti e
carabinieri già presenti. La gente ride amaramente o piange di rabbia e
continua a rimanersene nelle barricate. Poco dopo dalla lancia dei carabinieri
scende anche il questore di Messina, Ottavio Reggio D’Aci con il capo di
gabinetto dott. Toscano e il commissario De Felice dirigente della squadra
politica della Questura.
Quindi, l’incontro
con i rappresentanti del comitato. “Via i
mafiosi dall’isola”, chiedono quelli del comitato. I componenti tentano di
spiegargli che quello spiegamento di forze è assurdo, che a Filicudi non vi
sono delinquenti ma che i delinquenti ce li ha portato lo Stato e che devono riportarseli
indietro. Il questore dice chiaro e tondo che non può ascoltare le pur giuste
rimostranze degli isolani in quanto aveva ricevuto il tassativo ordine di
mandare in porto tutta l’operazione. Sono momenti altamente drammatici. Il
colloquio si svolge con toni aspri e vivaci.
A questo punto la
situazione precipita, i consiglieri Carnevale e De Pasquale rendono nota la
decisione, liberamente ed autonomamente, presa nella mattinata dagli abitanti
di Filicudi, quella di evacuare l’isola per dar completamente posto alle forze
dell’ordine ed ai quindici presunti mafiosi. Sul breve tratto di molo dove è
stata eretta la barricata inizia un movimento di folla. Gente che va senza
meta, donne anche uomini che piangono, svenimenti. La gente spranga le porte
delle loro case, ammassano nei lenzuoli quel che possono, ne fanno enormi
fagotti ad abbandonano l’isola. Vecchi che non riescono dapprima a rendersi
conto di quel che sta accadendo e che poi inveiscono contro lo Stato traditore
che gli ruba la terra. È inizia l’evacuazione disperata dell’isola. Donne,
bambini, anziani e giovani, quasi cedendo di schianto, si sono avviati alle
barche dei pescatori per trasferirsi sulla “Basiluzzo”. Una fila mesta di
persone piegate dalla fatica e dal dolore di dover lasciare ogni cosa. Alle 12 sulla prima imbarcazione prendono
posto donne, bambini, anziani, che portano vie poche masserizie raccolte in
fretta. È una scena tragica, la scena del naufragio assurdo incredibile di una
intera isola che va a fondo anche se rimane col suo carico di agenti
carabinieri e mafiosi.
Dopo due giorni e
due notti di resistenza Filicudi ammaina la bandiera della rivolta, in maniera
dignitosa, rifiutando qualsiasi accenno alla violenza. Gli eoliani cedono
piangendo di disperazione di fronte ad una manifestazione di forza, 500 uomini
armati di tutto punto, una operazione di pretta marca militare che non ha
precedenti nella storia delle Eolie. Non si era mai visto uno schieramento di
forze così importante, e suggestivo contro una popolazione che da due giorni
andava ripetendo a voce alta che non voleva in modo assoluto provocare
incidenti con le forze dell’ordine, ma solo difendere con la forza della
dignità e del decoro il diritto alla vita. Il diritto a sperare in una vita
migliore che doveva essere garantita proprio da quello Stato che oggi ha
violentato Filicudi. Tutti i corrispondenti della stampa presenti a Filicudi
sono impressionati dall’energia con cui il Governo ha voluto mandare in porto
l’operazione, un’energia spiegata contro una popolazione inerme e pacifica che,
difendeva il proprio diritto ad un’esistenza dignitosa.
Abbiamo voluto qui
ricordare i momenti più drammatici di una vicenda che resterà nella storia
delle nostre isole e nella storia della cronaca nazionale, come pagina di sublime
e civile eroismo di un pugno di eoliani, contro un provvedimento assurdo per la
cui esecuzione sono stati mobilitati mezzi e truppa, sufficienti per affrontare
un nemico armato o per eseguire in guerra una occupazione militare.
Per
approfondimenti: Giuseppe La Greca, Le
Giornate di Filicudi, prefazione di Pietro Grasso, edizioni del Centro Studi
Eoliano, 2011
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