L’identità del pusher. Il ruolo svolto dal trentanovenne. Il luogo dove è avvenuta l’assunzione dei “cristallini” di ecstasy. Il mistero delle chiavi e del telefonino. Gli inquirenti continuano a lavorare a tutto campo per accertare i fatti e le responsabilità nella tragica vicenda di domenica 8 agosto culminata con la morte di Ilaria Boemi sulla spiaggia del Ringo.
Era una pusher? Finora le ricerche si erano incentrate sulla figura di un uomo, un venticinquenne di nome Antonio che, secondo le testimonianze di alcune delle giovani coinvolte nell’indagine, sarebbe stato lo spacciatore, cioè colui che nel pomeriggio di sabato avrebbe ceduto la droga sintetica a un’amica di Ilaria. Adesso sembra emergere un’altra ipotesi: il pusher, in realtà, sarebbe una donna. E gli uomini della Squadra Mobile, coordinati dal sostituto procuratore Stefania La Rosa, sarebbero già sulle tracce di una o più persone sospette. L’inchiesta, dunque, s’allarga giorno dopo giorno.
Il ruolo del 39enne. Le dichiarazioni rese dal trentanovenne, che è stato in compagnia di Ilaria in quella maledetta serata di domenica, durante le due ore di interrogatorio giovedì pomeriggio in Questura, sono al vaglio degli inquirenti. Dal suo racconto sono emersi alcuni aspetti inediti ma anche delle zone d’ombra. Rimangono, infatti, i dubbi sul ruolo svolto dall’uomo che avrebbe detto di frequentare saltuariamente la sedicenne ma che sarebbe, in realtà, un suo vicino di casa. E l’interrogativo è sempre lo stesso: che ci faceva un uomo di 23 anni più grande in compagnia di una o più sedicenni? Si vuole capire anche la reale dinamica dei momenti trascorsi dall’assunzione della pasticca allo stato di malessere sfociato, poi, nella morte di Ilaria. Quanto tempo è passato? Davvero Ilaria aveva chiesto di fare un bagno nelle acque del Ringo, sentendosi male solo dopo essere arrivata sulla spiaggia?
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