Riceviamo e pubblichiamo:
“Dopo 40 giorni di quarantena vissuti da solo a Milano, tutto ad un tratto, nel silenzio assordante di un’anomala Domenica di Pasqua, inizio a rendermi conto di cosa stia davvero succedendo.
Sono tra i tanti messinesi che sono rimasti a Milano per non mettere a repentaglio la salute delle persone care.
Fino a ieri, sono stato investito dalle innumerevoli notizie in merito all’evoluzione di questa pandemia e non sono riuscito a concentrarmi neanche per un secondo, su cosa realmente stesse accadendo.
Ma oggi no, oggi non ce l’ho fatta, in questa giornata festiva ho sentito il bisogno di spegnere la televisione e non connettermi su internet per inseguire le notizie sulla curva dei contagi o sulla taske force per la fase 2.
Oggi mi sono semplicemente affacciato al balcone in una Milano illuminata da uno splendido sole ed ho subito notato che ,nel silenzio generale, gli unici rumori che si sentono, sono quelli delle ambulanze. La musica e l’entusiasmo nei balconi vicini sembrano ormai ricordi lontani. Tra le pochissime persone che intravedo sulle strade, scorgo i rider. Loro pedalano sempre, macinando chilometri su chilometri anche in questo periodo di coronavirus, per portare il cibo a domicilio ai milanesi.
E tutto ad un tratto, penso al fatto che per la prima volta, dopo tantissimi anni, non potrò passare la Pasqua con le persone a me care e nella città che amo.
Mi manca tutta la mia famiglia e le persone a me vicine, mi manca sentire il soffio del vento ed il rumore delle onde che si increspano.
Rifletto e nonostante uno stato d’animo molto provato, mi convinco del fatto che sia stata la scelta giusta.
La città avrà bisogno di noi nel prossimo futuro , ma in questo momento no. Adesso è il momento di fare, ognuno nel nostro piccolo, dei gesti d’amore.
Lontani, ma vicini, perché le radici non si possono mai staccare”
Gabriele Pino
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