Gentile Direttore,
le invio le più sentite condoglianze per tutta la famiglia del caro Sig. Iacono Gaetano, insieme a un mio ricordo.
Sono stato
sempre convinto che le persone più grandi di me, quelle anziane, come i miei
genitori che hanno vissuto in epoche buie come la guerra e il dopoguerra,
attraversato momenti difficili, ben più difficoltosi e tragici dei nostri
tempi, dove gli enormi sacrifici erano per vivere e sopravvivere insieme alle proprie
famiglie, rimangono a mio avviso i veri “maestri di vita”, sono quelli che debbono
essere ascoltati, che possono farci capire e insegnarci molte cose. Quando mi è capitato di incontrarle mi sono
sempre lasciato affascinare dai propri racconti dai loro vissuti, anche da
quello che poteva sembrare banale le cose più semplici, tutto per me era ed è interessante.
Qualche sera
fa, dopo l’epifania, ho incontrato in piazza qui a Canneto il Sig. Iacono
Gaetano (U Zu Tanu), fraterno amico di mio padre, erano entrambi della stessa
classe del 1933, non era la prima volta che mi intrattenevo a parlare con lui,
mi era risaputa la grande stima e il rispetto reciproco che li aveva legati da
sempre, era sempre un piacere poter parlare con Lui. Il dialogo era improntato
su tutti i suoi ricordi che andavano sin quando da adolescenti si viveva il
periodo della “fame vera” (queste erano
le parole), i rapporti familiari avuti con mio padre fatti di piccole vicende
come quello di andare tutti insieme, sin da ragazzini a lavorare nella pomice
(mio padre quando inizio aveva solo tredici anni), scalzi e malvestiti , quando
svegliarsi per primi al mattino significava vestirsi con i pochi indumenti che
c’erano, perché non bastavano per tutti. Le passioni per la pesca che ancora
manteneva viva ( non più come un tempo), come coltivare la campagna, che dopotutto erano state anche fonte di
sostentamento vero, per le proprie famiglie. Quella sera “u Zu Tanu” era raggiante, instancabile, io
lo aiutavo per quello che ricordassi a individuare le molte persone del paese
che ormai non c’erano più e che lui a fatica non ricordava i nomi, ma erano
lucidi nella sua mente i fatti gli eventi, la parte più consistente con fervore la dedicò agli anni di lavoro alle
cave di pomice, sin da quando le varie imprese che ne gestivano l’estrazione,
facevano capo rispettivamente a singole persone, le ha citate tutte (Cicciu a
Cava, Tami Ferlazzu, Anciulinu D’Ambra, fratelli Majuri, …). Poi le esigenze
delle proprie famiglie verso i propri figli che erano numerosi (Lui cinque, mio
padre quattro) , fino al riscatto di una vita più dignitosa ai momenti di lotta operaia vissuta e condivisa con mio padre, fatta con
l’orgoglio e il coraggio, identificandosi nell’unico ideale politico di allora,
un vero spaccato di vita sociale che ha attraversato la storia dei lavoratori
della pomice. Quella sera ero stato “rapito” dai racconti “du Zu Tanu”, era
deciso, meraviglioso e io felice di ascoltarlo, malgrado l’aria umida,ma
guardando l’orologio mi accorsi era passata oltre un’ora, erano quasi le venti e io……. “Zu Tanu sunnu quasi l’ottu”, Lui “e
si fici tardu”, io “vaiu a casa u salutu”, Lui “ni vidimu”.
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