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lunedì 13 gennaio 2014

FINANZIARIA REGIONALE, CHI CI HA PERSO E CHI CI HA GUADAGNATO

Qualcosa è cambiato, bisogna riconoscerlo. C’è stata più trasparenza, il confronto fra i gruppi parlamentari e i singoli deputati si è svolto alla luce del sole, o quasi. Basta sfogliare le note diffuse dalle agenzie, dichiarazioni e comunicati stampa: un numero strabocchevole, le parti hanno rivendicato il ruolo determinante o la proposta vincente nell’intento di mettere all’incasso il “consenso”. Qualche volta il successo è millantato, qualche altra volta è, invece, reale e concreto, talché la soddisfazione per il risultato conseguito è legittima.
La dittatura della maggioranza non c’è mai stata all’Assemblea regionale siciliana, semmai si è verificato il contrario: le maggioranze si sono liquefatte proprio alla vigilia e nel corso della sessione di bilancio, durante le quali tradizionalmente ognuno ha tirato l’acqua al proprio mulino, senza badare a patti fra partiti o direttive di partito. L’indisciplina, storica, non ha mai costituito un “tradimento”, durante l’esame del bilancio ogni deputato ha goduto di una sorta di “licenza”. Una volta chiusi i conti, si è tornati alla routine. Un’anomalia, perché il bilancio, la finanziaria ed oggi il patto di stabilità, costituiscono il documento politico per eccellenza. Le scelte di fondo si fanno proprio sulle voci di bilancio, sulle entrate e sulle spese, il resto sono chiacchiere.
La presenza di un gruppo compatto, come il Movimento 5 Stelle, potrebbe avere fatto da catalizzatore, a differenza che in passato, creando alleanze ed accordi in grado di abbattere “il muro” o scegliendolo come sponda. Per questa ragione i pentastellati hanno potuto piazzare più di un successo nel corso della faticosa sessione di bilancio.
Quel che conta, alla fine, è infatti la compattezza: quattordici deputati, quanti sono i pentastellati, possono dettare legge, se vogliono, perché contano più di una maggioranza assoluta o relativa, che fa acqua da tutte le parti.
I blitz del M5S, tuttavia, non hanno imposto un percorso: la maggioranza ha contenuto gli sbandamenti e il governo, in più di una circostanza, è andato addirittura all’attacco, riuscendo a tenere saldo il timone, grazie ad una conduzione dell’Aula, da parte della presidenza, molto vigile. L’Udc ne ha dato atto nelle sue esternazioni, regalando apprezzamenti al suo rappresentante più autorevole, il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, cui riconosce di avere tenuto la barra dritta ed avere favorito la trasparenza.
Curioso che tutti possano rivendicare di avere dato un contributo determinante alla elaborazione del bilancio, della finanziaria e del patto di stabilità. Ma fino a un certo punto: è segno che non sono state erette muraglie invalicabili. Forza maggiore o attenzione verso le opposizioni? Il risultato non cambia.
È troppo presto per dare un giudizio complessivo sul lavoro fatto. Occorre attendere qualche settimana per cominciare a capirci qualcosa e cercare fra blitz, colpi di mano, accordi sottobanco e soprabanco, una visione coerente. La spending review è stata la stella polare della finanziaria, una nuvola nera che ha piegato tenaci resistenze.
Nelle prossime ore, quando sarà tutto finito, governo, gruppi di maggioranza e opposizionerivendicheranno successi e scelte determinanti. Vanno creduti con il beneficio dell’inventario. Non vi diranno mai dei favori fatti ad amici, conoscenti e parrocchiani. Non vi diranno mai dei patti sotto banco. Fa parte del gioco, in tutte le democrazie e le assemblee del mondo. È la misura delle furbizie che, semmai, fa la differenza.

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