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mercoledì 6 maggio 2015

Esami facili all’Università, inflitte sei condanne

Sei condanne, due pene sospese. Così, ieri sera, poco dopo le 19, la Prima sezione del Tribunale (presidente Massimiliano Micali, giudici Maria Giuseppa Scolaro e Eugenio Fiorentino) ha posto il primo sigillo all’operazione “Campus”, ovvero l’ennesimo terremoto giudiziario che, nel luglio di due anni fa, scosse le fondamenta dell’Ateneo peloritano per un’indagine della Direzione investigativa antimafia che aveva accertato l’esistenza di un vero e proprio mercato mirato a garantire agli studenti che ne facevano richiesta l’accesso alle facoltà a numero chiuso.
Dieci anni e sei mesi di reclusione, oltre ad una multa di 13.700 euro, sono stati inflitti dai magistrati a Domenico Antonio Montagnese, 52 anni, originario di Fabrizia, in provincia di Vibo Valentia. L’uomo è stato ritenuto responsabile di usura, tentata estorsione, e millantato credito. Caduta nei suoi confronti l’aggravante mafiosa; due anni e otto mesi, multa di 500 euro, sono stati invece inflitti al prof. Marcello Caratozzolo, 51 anni. Il docente è stato ritenuto responsabile di due ipotesi di millantato credito; un anno e quattro mesi sono stati invece inflitti a Santo Galati Rando, 59 anni, originario e residente a Tortorici. L’uomo dovrà anche pagare una multa di 1.200 euro. Pena di 5 anni, invece, nei confronti di Massimo Pannaci, 47 anni, di Vibo Valentia, ritenuto responsabile di usura. Per lui multa di 8.000 euro. Tre anni e 8 mesi è invece la condanna per Salvatore D’Arrigo, 60 anni. A lui è stata contestata la tentata estorsione. Anche in questo caso inflitta una multa di 1.000 euro. A Alessandra Taglieri, 34 anni, è stata inflitta la pena di un anno - multa di 1.000 euro - per corruzione elettorale. Per quest’ultima e per Santo Galati Rando la pena è stata sospesa. Tutti gli imputati sono stati invece assolti dall’accusa di associazione. I giudici hanno anche ordinato la confisca di somme di denaro fino a 17.000 euro a carico di Domenico Antonio Montagnese e fino a 5.000 euro a carico di Massimo Pannaci.
Ieri l’avvocato Bonaventura Candido, difensore di fiducia del prof. Marcello Caratozzolo, al termine della lettura del dispositivo, ha rilasciato questa dichiarazione: «Pur non condividendo la sentenza, che sarà certamente appellata, non posso non manifestare soddisfazione per il riconoscimento da parte del tribunale dell'insussistenza di una associazione per delinquere; per l'esclusione dell'aggravante di cui all'articolo 7; per l'assoluzione del mio assistito dall’ipotesi di reato di voto di scambio ed infine per aver sancito la totale estraneità da qualsiasi coinvolgimento negli illeciti afferenti gli esami di abilitazione alla professione di commercialista. La condanna riguarda solo due ipotesi di reato che non hanno nulla a che vedere con l’Università di Messina. Attenderemo le motivazioni e siamo certi di una positiva soluzione in Appello».
Le indagini, concluse nel 2013, presero il via nel luglio dell’anno precedente proprio in vista degli esami di ammissione alle varie facoltà universitarie. Attraverso intercettazioni telefoniche, ambientali e veicolari, pedinamenti, appostamenti e riprese filmate, la Direzione investigativa antimafia documentò incontri e pagamenti. Prospettate dagli investigatori anche gravi ritorsioni e minacce di morte a due orafi, costretti ad emigrare al Nord Italia perché vittime di usura con tassi mensili del 50% dell’importo del prestito concesso.


Relativamente, invece, al sistema di “favori” e “concessioni” nel mondo degli esami universitari sarebbe emersa la “cattiva abitudine” delle raccomandazioni e delle interferenze sulle commissioni d’esame, tanto da riuscire - fu subito questa l’accusa mossa dagli investigatori - ad alterare i risultati delle prove di accesso alle facoltà a numero chiuso e quelli per le abilitazioni professionali. Alcuni degli indagati, dietro compenso, avrebbero offerto, secondo il castello accusatorio del tempo, il loro interesse per oltrepassare questi ostacoli.

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