“E’ COSI’ LIEVE IL TUO BACIO SULLA FRONTE” -Storia di mio padre Rocco, giudice ucciso dalla mafia
di Caterina CHINNICI
Il 29 luglio 1983 la mafia fa esplodere un'autobomba in via Pipitone a Palermo: muoiono il giudice Rocco Chinnici, gli uomini della sua scorta e il portiere dello stabile dove il magistrato viveva insieme alla moglie e ai figli. Rocco Chinnici era da tempo nel mirino. Innovatore e precursore dei tempi, aveva intuito che, per contrastare efficacemente il fenomeno mafioso, era necessario riunire differenti filoni di indagine, comporre tutte le informazioni e le conoscenze che ne derivavano. Per farlo, riunì sotto la sua guida un gruppo di giudici istruttori: Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e Giuseppe Di Lello. L'anno dopo la sua morte, questo gruppo prenderà il nome di "pool antimafia". La storia ci tramanda come e perchè Rocco Chinnici sia stato ucciso. Ci tramanda un eroe. A lui però non sarebbe piaciuto essere chiamato così. Era prima di tutto un uomo, un padre, cui è toccata in sorte una vita straordinaria, o forse un destino, che lui ha scelto di assecondare fino alle estreme conseguenze. Dopo decenni di silenzio, Caterina Chinnici, la figlia primogenita - a sua volta giudice, a sua volta impegnata nella lotta alla mafia, a sua volta sotto scorta - sceglie di raccontare la loro vita "di prima", serena nonostante le difficoltà, e la loro vita "dopo". Sceglie di raccontare come lei, i suoi fratelli e la madre abbiano imparato nuovamente a vivere e siano riusciti a decidere di perdonare: l'unico modo di sentirsi degni del messaggio altissimo di un padre e un marito molto amato. "Ci siamo protetti per trent'anni dietro uno scudo di riservatezza, ma mi sono detta che forse era il momento di raccontarlo, questo giudice, dandogli sulla carta la forma che ha per me e che riconosco come sua: con tanto di manone e voce tonante, con la delicatezza struggente che usava con tutti noi e la forza incrollabile che ci ha tenuto in piedi anche dopo la sua morte".
Caterina CHINNICI (1954) è entrata in magistratura nel 1979, a soli 24 anni. Dopo aver svolto funzioni di pretore e aver maturato un'esperienza amministrativa presso il Ministero della Giustizia, è stata il più giovane magistrato nell'ambito nazionale a essere nominato capo di un ufficio giudiziario: dal 1995 al 2008 ha ricoperto l'incarico di Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Caltanissetta. Procuratore della Repubblica presso il Tribunale per i minorenni di Palermo tra il 2008 e il 2009; poi ha fatto parte del Governo della Regione Sicilia come Assessore della Famiglia, Politiche Sociali e Autonomie locali. Nel 2012 è stata nominata capo del dipartimento per la giustizia minorile, ruolo che ricopre tuttora.
Il giudice Rocco CHINNICI nasce a Misilmeri, alle porte di Palermo, il 19 gennaio 1925. dopo gli studi al Liceo Classico Umberto I, frequenta la facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Palermo, lavorando al contempo presso l'Ufficio del Registro di Misilmeri, per non gravare sulla famiglia negli anni del dopoguerra. Proprio tra Palermo e Misilmeri conosce Agata Passalacqua, insegnante di Scienze alla Scuola Media, che diventerà presto sua moglie. Entra in magistratura nel 1952: dopo i primi due anni al Tribunale di Trapani, viene assegnato alla Pretura di Partanna, dove rimane per dodici anni, durante i quali nascono i figli Caterina (1954), Elvira (1959) e Giovanni (1964). Dal 1966 lavora all'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, prima come giudice istruttore, quindi come consigliere istruttore aggiunto, poi -nel 1979, già magistrato di Cassazione - è promosso consigliere istruttore. A partire dal 1970, anno in cui gli viene assegnato il processo per la "strage di viale Lazio", si occupa del fenomeno mafioso in tutte le sue declinazioni, arrivando a comprendere l'esistenza di legami internazionali e con gli ambienti politico-istituzionali. Divenuto consigliere istruttore a seguito dell'uccisione del suo predecessore, Cesare Terranova, modifica radicalmente il metodo di lavoro dell'Ufficio Istruzione: chiama a sè Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e Giuseppe Di Lello e con loro istituisce a livello informale quello che, sotto la guida di Antonino Caponnetto, prenderà il nome di "pool antimafia". E' con loro che mette in cantiere la indagini di quelli che si caratterizzano come i più grossi processi per mafia degli anni Ottanta, primo fra tutti il "processo dei 162", embrione del maxi-processo, che verrà celebrato dopo la sua morte. La sua attività non si esaurisce però nelle aule di giustizia: convinto che la lotta al fenomeno mafioso e al traffico di droga - che comincia in quello scorcio di anni Settanta a mietere vittime innocenti fra i giovani - passasse prima di tutto attraverso un cambiamento sociale e di mentalità, per primo porta la sua testimonianza nelle scuole. Incontra professori e studenti, partecipa a dibattiti e presiede tavole rotonde, citando casi concreti appresi durante la sua lunghissima esperienza giudiziaria. Viene ucciso il 29 luglio 1983, nel pieno di questa sua attività professionale e culturale, mentre si accinge a salire sulla blindata che, da casa sua, in via Pipitone Federico a Palermo, l'avrebbe portato in tribunale. Una fiat 126 verde all'apparenza innocua, parcheggiata davanti al portone, è fatta esplodere con un telecomando: quella che uccide il giudice Chinnici insieme ai due carabinieri della scorta, il maresciallo Mario Trapassi e l'appuntato Salvatore Bartolotta, e il portiere dello stabile, Stefano Li Sacchi, è la prima autobomba piazzata da Cosa Nostra. L'istruttoria sommaria dura sei mesi e porta al primo troncone di processi, celebrato l'anno successivo a Caltanissetta, che vede imputati Michele Greco, suo fratello e suo cugino, entrambi di nome Salvatore, Bou Chebel Ghassan, Pietro Scarpisi e Vincenzo Rabito, e si conclude nel 1988 con l'assoluzione di tutti e sei gli imputati, dopo una serie di pesantissime condanne inflitte in secondo grado dal giudice Antonino Saetta, assassinato lo stesso anno a causa di quel rigore. Il secondo troncone di processi prende le mosse da una confessione del pentito Giovanni Brusca, che rivela di essere stato esecutore materiale della strage insieme ad Antonino Madonia, e fa i nomi dei mandanti. Nel 1998 la Procura di Caltanissetta chiede il rinvio a giudizio per 19 persone e nel 2002 la Corte d'Assise d'Appello di Caltanissetta infligge l'ergastolo a 12 imputati: Salvatore Riina, Bernardo Provenzano, Raffaele e Stefano Ganci, Antonino e Francesco Madonia, Salvatore Buscemi, Antonino Geraci, Giuseppe Calò, Salvatore e Giuseppe Montalto e Vincenzo Galatolo, sentenza confermata in toto l'anno successivo dalla Corte di Cassazione. A Rocco Chinnici è stata conferita, poco dopo la sua morte, la medaglia d'oro al valore civile, con la seguente motivazione: "Magistrato tenacemente impegnato nella lotta contro la criminalità organizzata, consapevole dei rischi cui andava incontro quale capo dell'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, dedicava ogni sua energia a respingere con rigorosa coerenza la sfida sempre più minacciosa lanciata dalle organizzazioni mafiose allo Stato democratico. Barbaramente trucidato in un proditorio agguato, tesogli con efferata ferocia, sacrificava la sua vita al servizio della giustizia, dello Stato e delle istituzioni".
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