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venerdì 25 marzo 2016

Ieri in Cattedrale la "Cena del Signore" con l'istituzione dell'Eucarestia e la lavanda dei piedi (di Michele Giacomantonio)


Il Giovedì Santo la Chiesa commemora, ripropone e rivive l’ultima cena del Signore la “Cena Domini” con le due memorie: quella dell’istituzione dell’Eucarestia ripresa dalla prima lettera ai Corinzi di Paolo e la lavanda dei piedi dal Vangelo di Giovanni. Una cerimonia questa carica di significato che sempre suscita fra la gente suggestione e curiosità.
Con l’Eucarestia il Signore vuole che si tenga vivo il suo sacrificio, il corpo donato ed il sangue versato, finchè lui non ritorni. E tenerlo vivo significa che i credenti sappiano riproporlo personalmente nelle vicende del mondo. Con la lavanda dei piedi vuole ricordare ai discepoli che a differenza dei governanti e dei politici, diremmo oggi, chi è più grande fra loro diventi il più piccolo e chi governa si facci servitore. Sono due facce della stessa medaglia. Che senso ha infatti che si moltiplicano le messe e cioè la riproposizione sacramentale del suo sacrificio, se poi ci si omologa ai criteri del mondo?

Questo è il senso del Giovedì santo, il compendio del suo insegnamento prima dell’atto finale: la morte e la resurrezione. E la Cena del Signore non si chiude col “sepolcro” ma con l’altare, l’altare della Reposizione, dove lui vive nel mistero dell’Eucarestia. E così dalla Cattedrale si snoda la processione col Sacerdote celebrante che sotto il baldacchino porta il corpo del Signore e dietro di lui il popolo in preghiera fino alla Chiesetta del pozzo dove si svolgerà un momento di adorazione. La Chiesetta rimarrà aperta all'adorazione fino alla mattina di venerdì.
E dal sacramento del corpo del Signore la Chiesa oggi ripartirà per meditare sulla passione e sulla croce. Dopo l’adorazione della Croce in Cattedrale la tradizionale processione delle “varette” che si snoderà per la città.

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