Il Giovedì Santo la Chiesa commemora, ripropone e rivive l’ultima cena del Signore la “Cena Domini” con le due memorie: quella dell’istituzione dell’Eucarestia ripresa dalla prima lettera ai Corinzi di Paolo e la lavanda dei piedi dal Vangelo di Giovanni. Una cerimonia questa carica di significato che sempre suscita fra la gente suggestione e curiosità.
Con l’Eucarestia il Signore vuole che si tenga vivo il suo sacrificio, il corpo donato ed il sangue versato, finchè lui non ritorni. E tenerlo vivo significa che i credenti sappiano riproporlo personalmente nelle vicende del mondo. Con la lavanda dei piedi vuole ricordare ai discepoli che a differenza dei governanti e dei politici, diremmo oggi, chi è più grande fra loro diventi il più piccolo e chi governa si facci servitore. Sono due facce della stessa medaglia. Che senso ha infatti che si moltiplicano le messe e cioè la riproposizione sacramentale del suo sacrificio, se poi ci si omologa ai criteri del mondo?
Questo è il senso del Giovedì santo, il compendio del suo insegnamento prima dell’atto finale: la morte e la resurrezione. E la Cena del Signore non si chiude col “sepolcro” ma con l’altare, l’altare della Reposizione, dove lui vive nel mistero dell’Eucarestia. E così dalla Cattedrale si snoda la processione col Sacerdote celebrante che sotto il baldacchino porta il corpo del Signore e dietro di lui il popolo in preghiera fino alla Chiesetta del pozzo dove si svolgerà un momento di adorazione. La Chiesetta rimarrà aperta all'adorazione fino alla mattina di venerdì.E dal sacramento del corpo del Signore la Chiesa oggi ripartirà per meditare sulla passione e sulla croce. Dopo l’adorazione della Croce in Cattedrale la tradizionale processione delle “varette” che si snoderà per la città.


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