La tragedia del “Freccia di Messina”
Sessantatrè persone sull'aliscafo, compresi i 6 dell'equipaggio: tre morti e trenta feriti.
Questo il bilancio definitivo della prima tragedia che ha coinvolto gli
aliscafi in servizio tra Milazzo e le Isole Eolie. L'efficienza dei soccorsi impedì
che il “Freccia di Messina” aliscafo
della Snav, incendiatosi, a tre miglia da Capo Milazzo, si trasformasse in una
gigantesca bara galleggiante. Le vittime potevano essere decine.
Ma andiamo
per ordine:
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Il segnale
di soccorso lanciato dal capitano, veniva, intanto, raccolto a terra, dal
traghetto “Bellini”, da almeno due o tre mercantili e da motoscafi di altura
che transitavano nella zona. È stato subito un accorrere generoso. L’aliscafo “Freccia di Sicilia”, che, proprio in
quel momento, incrociava il mezzo “gemello”, si era fermato di botto e si era avvicinato
lanciando in mare salvagente, funi, battellini autogonfiabili e tutto quanto
poteva galleggiare. Sul “Freccia di Messina”, nel frattempo, il fuoco aveva
raggiunto proporzioni gigantesche e non c’era più un angolo per ripararsi.
Molti passeggeri, erano aggrappati sulle scalette e sulle strutture della
poppa, facevano grandi gesti e continuavano a buttarsi in mare. Dall’aliscafo
“Freccia di Sicilia”, intanto, si erano buttati in mare anche un gran numero di
volontari, oltre ad alcuni uomini di equipaggio. Scene di panico ed episodi di
grande coraggio.
Lo SOS,
intanto, era stato già raccolto anche dal Comando militare marittimo autonomo
della Sicilia, dalle stazioni radio dei carabinieri, della polizia e dei vigili
del fuoco. Si levavano in volo due elicotteri della Marina, un elicottero dei
carabinieri e uno della polizia. Prendevano il largo anche alcuni rimorchiatori
e motovedette della capitaneria di Porto di Messina e di Milazzo. Gli ultimi
passeggeri a buttarsi a mare erano i più anziani, ma alla fine tutti erano in
acqua, compresi gli uomini dell’equipaggio e il capitano. Il ritardo a buttarsi
fuori bordo dall’aliscafo era stato fatale per le tre vittime Adele Di
Pietro, 60 anni; Aurelia Leone, anche lei sessantenne; Angela
Manasseri, di 55 anni, di San Fratello.
La
Manasseri e la Leone, aggrappate alla scaletta di poppa, quando l’hanno fatto
avevano i vestiti che stavano già bruciando. Erano, quindi, già orrendamente
ustionate. I soccorsi le hanno ripescate in acqua quando, ormai, non c’era più
niente da fare ed è stato difficile anche identificarle perché, trascinate dalle
onde, avevano perso vestiti e documenti.
Lentamente,
tutti coloro che si trovavano in mare, venivamo comunque soccorsi, ad uno ad
uno, dagli uomini dell’ormai imponente gruppo di barche, navi e motoscafi e
rimorchiatori che continuavano a giungere nella zona, mentre il “Freccia di
Messina” continuava a bruciare.
Tutti i
naufraghi vengono trasportati all'ospedale di Milazzo; i feriti erano tutti in
buone condizioni e nei due giorni successivi lasceranno l’ospedale.
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Ero
sull’aliscafo “Freccia di Sicilia” e non dimenticherò mai quello che ho visto
quel giorno; l’aliscafo in fiamme, la gente attaccata alle sbarre di poppa
dell’aliscafo che bruciava, lo sguardo impaurito e pieno di panico di tante
persone che conoscevo. L’abbraccio liberatorio quando li abbiamo tirati a bordo.
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