(Mario Di Paola) Diventa sempre più diffile fare i giornalisti in Sicilia. Diamo per scontate le proteste se non le sciocche ritorsioni dei politici che non ammettono contestazioni (malcostume molto diffuso soprattutto nella provincia); diamo per scontate le solite minacce, sempre meno velate, di quella vasta prateria di quaquaraquà che si atteggiano ad uomini di peso in un panorama nel quale c'è una progressiva diversificazione della specie, ma ci sono episodi che francamente danno fastidio. Ci riferiamo, giusto per lealtà, alla sempre più frequente "prassi" della convocazione presso l'A.G. di cronisti "in qualità d persona informata dei fatti".
Convocazioni scaturite spesso da denunce di persone che non vorrebbero essere citate sui giornali per motivi immaginabili.
Dette convocazioni presto si trasformano in una garbata ma analitica analisi di pezzi regolarmente pubblicati nei quali si riportano fatti noti a tutti, ma che diventano "importanti" solo quando finiscono nei resoconti di cronaca.
Ora, accade sempre più che al cronista venga chiesto di citare la fonte della notizia, pur sapendo che è obbligo del giornalista proprio la segretezza della fonte.
Capita così che si deve andare a ripescare nella memoria e negli stessi archivi dei giornali fatti che qua e là sono stati già pubblicati, ma che acquisiscono importanza giusto perché vengono 'messi in fila', vi si dà senso logico, in un lavoro quasi da archivista.
Per carità, le tante convocazioni si chiudono sempre con la trascrizione della dichiarazione documentata resa dall'autore del pezzo.
Orbene, va ricordato una volta per tutte che per un giornalista essere informati dei fatti è un dovere cosiccome lo è la puntigliosa verifica della notizia da divulgare. Soprattutto nei confronti del lettore che deve potersi fidare, e poi nei confronti di se stessi per evitare, tra l'altro, di incrociare i soliti professionisti della querela.
Nessuno speri dunque, alimentando un inutile carteggio legale, di indebolire la serenità di chi fa questo mestiere. Può solo infastidire, mai intimorire.
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