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lunedì 15 novembre 2010

Nelle isole si nascerà....solo in caso d'urgenza

(Gazzetta del Sud) Circa il 30% dei reparti di maternità in Italia potrebbero chiudere se dovesse andare in porto la riforma del ministro della Salute Ferruccio Fazio. Il documento prevede infatti la chiusura dei punti nascita dove vengono effettuati meno di 500 parti all'anno e l'accorpamento di quelli con meno di mille nascite l'anno. La chiusura, allora, riguarderebbe 158 punti nascita su 559 nel Paese.
Con il documento presentato dal ministro alla Conferenza Stato-Regioni nei giorni scorsi, i piccoli centri confluiranno in quelli più grandi, con più di mille parti l'anno e assistenza 24 ore su 24. Inoltre, il piano prevede l'incentivazione, anche economica, del parto naturale, oltre a garantire l'epidurale a tutte le donne.
Le linee guida del ministro per il riordino dei punti nascita coinvolgerebbe in maniera più drastica le regioni del Sud. Sono infatti a rischio chiusura 38 punti nascita su 75 in Sicilia, 22 su 72 in Campania, 15 su 29 in Calabria.
In Sicilia attualmente con il Piano della rete ospedaliera sono previsti i punti nascita con un minimo di 500 parti all'anno, e in casi eccezionali anche di 400, riorganizzazione che per esempio ha già fatto saltare il presidio di Mistretta, aprendo il caso Lipari. Ma per le Isole si prevede un regolamento particolare che non dovrebbe tuttavia riguardare i punti nascita anche se è previsto siano salvaguardati quelli che presentano carattere d'urgenza. Aspetti complessi su cui sta lavorando un tavolo tecnico di esperti di ginecologia e ostetricia per fissare protocolli e attrezzare una rete.
Quella che è stata definita «una rivoluzione copernicana» da Giorgio Vittorini, presidente della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (Sigo), che ieri ha inaugurato l' 86esimo congresso nazionale a Milano, è stata accettata dalla Sigo in quanto «disegna un sistema più moderno e più adatto alle esigenze delle madri di oggi, garantendo un più alto standard qualitativo», ha spiegato Vittorini che ha definito «non più compatibile con le risorse che abbiamo la politica del punto nascita sotto casa. Serve accorpare e razionalizzare le migliori risorse senza imporlo per decreto, ma sedendoci attorno a un tavolo».

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