Ora
che la stagione estiva volge al termine è necessario fare qualche riflessione
sul tipo di turismo che ospitiamo e chiederci che cosa è possibile fare nella
prospettiva della nuova stagione. Diciamo subito che quella di quest’anno non è
stata una buona stagione e probabilmente non solo per la crisi generale che
certamente ha influito. Soprattutto
queste due settimane di agosto hanno messo in risalto che è la qualità
del turismo – domanda ed offerta – che va discussa. E questo soprattutto
nell’isola di Lipari. Le altre in qualche modo si sono ritagliate una loro
nicchia ed a parte Vulcano che aveva tentato, al di là dei fanghi e del
termalismo, di darsi un tocco di mondanità che è svaporata, hanno mantenuto il
loro target.
Lipari no. Lipari non capisce quale modello di turismo
perseguire ed appare confusa fra l’offerta di un turismo di qualità che
l’apertura di alcuni buoni alberghi, ristoranti, boutique lascerebbe sperare e
invece l’affermarsi sempre più, soprattutto nelle settimane di agosto, di un
turismo di ragazzini e di ragazzine che amano il chiasso e la confusione, che
alla buona tavola ed ad un buon bicchiere di vino preferiscono pizza, arancini e
fiumi di birra, che cominciano a vivere quando fa buio e vanno a dormire quando
fa giorno, che la notte – soprattutto fra le 3 del mattino e le sette –
imperversano per le strade ed i vicoli cittadini, urlando, imprecando,
litigando, orinando, sfasciando quello che trovano a portata di mano, che gran
parte della notte la passano in una balera o in un bar del corso o di Marina
corta che offrono assieme a beveraggi vari, musica fuori controllo con
altoparlanti che sputano innanzitutto chiasso assordante. Questo tipo di turismo
non solo alimenta un mercato molto povero ma, al di là della sua stessa
consistenza, pregiudica seriamente l’affermarsi di un turismo di qualità. E
quando parlo di qualità non intendo solo un turismo dovizioso che spende ma
ricco di interessi, attento alla cultura ed alla storia di cui le nostre isole e
Lipari in particolare sono ricche. Il turismo che invece va affermandosi è
nemico dei musei, dei parchi, del trekking, degli incontri ed eventi culturali,
delle mostre.La prima scelta che mi sembra sia necessaria ed impellente per Lipari riguarda proprio la scelta del tipo di turismo avendo il coraggio di limitare combattendolo nei risvolti perversi il turismo d’accatto. Sento dire di alberghi che sono allo stremo e rischiano di chiudere: sarebbe un peccato. E’ vero che lo sforzo fatto con i patti territoriali è stato monco perché non accompagnato da servizi appropriati a cominciare dalle fognature e dalla depurazione delle acque reflue, dalla portualità essenziale ( diga foranea di Sottomonastero), dalla promozione di nuovi centri di interessi e di nuovi eventi. Non mi pare che l’aver finalmente ultimato l’Auditorium abbia portato ad un programma di concerti di livello come il richiamo di Giuseppe Sinopoli faceva ben sperare. Piuttosto ha dato vita ad un tentativo confuso tipico del nostro provincialismo di soppiantare l’Auditorium con un Museo del Cinema che sarebbe un centro di interesse notevole ma in una sede più appropriata.
Certamente non si può attribuire a questa amministrazione la stagione disastrosa che abbiamo di fronte. Purtroppo è giunta a cose fatte ed ha cercato di salvare il salvabile spesso rattoppando invece di creare cose nuove. Alcuni timidi tentativi vanno nella giusta direzione: l’isola pedonale con i servizi navetta, la videosorveglianza del centro storico e dei vicoli (purtroppo ancora stand-by per ragioni amministrative e tecniche), il proposito di moderare l’arrogante rincorrersi degli altoparlanti, la volontà di riprendere a promuovere contenitori-evento di qualità, ecc.
Proponiamo però che prima della fine di settembre si convochi un’assemblea del turismo che chiami a raccolta tutti gli operatori e che si faccia un’analisi coraggiosa e approfondita della situazione. Il turismo rimane ancora una delle grandi risorse delle isole ma occorre lungimiranza e professionalità. Ed occorre la forza non solo di fare scelte in positivo ma anche di dire dei no molto decisi.
Michele Giacomantonio
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