Cascio è stato un Presidente di lotta e di governo, il suo successore, Giovanni Ardizzone, ha ripreso una antica traduzione super partes che negli ultimi tempi, invero, era stata messa all’angolo.
Ardizzone non si schiera, misura gesti e parole, non usa toni apocalittici, mantiene con il governo e le opposizioni un corretto rapporto istituzionale, si adopera per smussare le asperità. E’toccato a lui sperimentare l’impatto con il Movimento 5 Stelle con i quindici deputati sprovvisti di storia politica e, quindi, “intrattabili” secondo le consuetudini care ai partiti. Ha dovuto inventarsi un galateo istituzionale, ha mostrato attenzione e gratificato il lavoro dei giovani parlamentari, non è apparso spaventato dalle novità, che anzi ha cercato di favorire, ed un ha scelto un approccio pragmatico sulla questione dei tagli dei costi e della trasparenza.
Questa diversità, manifestata nei primi mesi, richiede qualità caratteriali oltre che una considerazione privilegiata del ruolo: occorre esercitare la terzietà, apparire terzi, per svolgere con autorevolezza la funzione.
Bisogna andare indietro di molti anni per riagganciare la tradizione migliore della Presidenza, per esempio a Giuseppe Alessi, o Pancrazio De Pasquale e Salvatore Lauricella. Non misero da parte i partiti da cui provenivano e le idee che professavano, ma una volta saliti sullo scanno più importante dell’Ars, riuscirono a spogliarsi dell’appartenenza, dando lustro alla istituzione e per ciò steso, ai partiti di provenienza.
Il Presidente dell’Assemblea regionale siciliana è peraltro una figura istituzionale unica nel Paese. Niente a che vedere con i Presidenti dei Consigli regionali che, per regolamento, mantengono un livello di sudditanza “regolamentare” dall’esecutivo. Il Presidente dell’Ars può essere avvicinato nell’ambito della Regione siciliana al Presidente del Senato, seconda carica dello Stato, per la sua caratura istituzionale.
Prima della riforma costituzionale, che ha introdotto l’elezione diretta del Presidente della Regione, il Presidente dell’Assemblea aveva addirittura un peso determinante nelle scelte istituzionali e politiche. E’ rimasto intatto il prestigio e l’autorevolezza che il ruolo pretende; queste doti tuttavia non sono scritte nel regolamento, si conquistano sul campo grazie alle qualità di coloro che ricoprono la funzione.
Con il suo discorso in Aula, mercoledì, Giovanni Ardizzone ha manifestato la propensione alla terzietà. Egli ha posto l’accento sulle responsabilità che le istituzioni – governo e Assemblea – si assumono nell’attuale difficilissimo momento storico che attraversa la Sicilia e il Paese, stimolando il cammino delle riforme e il superamento delle divisioni.
Senza entrare nel merito politico delle questioni – la soppressione delle province – Ardizzone ha cercato di favorire il superamento delle asperità determinate dal testo di riforma originario con un richiamo alla responsabilità e un apprezzamento del lavoro fatto dal governo.
L’Assemblea, insomma, ha ora, dopo una vacanza piuttosto lunga, un Presidente. Non è una questione da poco.
Ardizzone non si schiera, misura gesti e parole, non usa toni apocalittici, mantiene con il governo e le opposizioni un corretto rapporto istituzionale, si adopera per smussare le asperità. E’toccato a lui sperimentare l’impatto con il Movimento 5 Stelle con i quindici deputati sprovvisti di storia politica e, quindi, “intrattabili” secondo le consuetudini care ai partiti. Ha dovuto inventarsi un galateo istituzionale, ha mostrato attenzione e gratificato il lavoro dei giovani parlamentari, non è apparso spaventato dalle novità, che anzi ha cercato di favorire, ed un ha scelto un approccio pragmatico sulla questione dei tagli dei costi e della trasparenza.
Questa diversità, manifestata nei primi mesi, richiede qualità caratteriali oltre che una considerazione privilegiata del ruolo: occorre esercitare la terzietà, apparire terzi, per svolgere con autorevolezza la funzione.
Bisogna andare indietro di molti anni per riagganciare la tradizione migliore della Presidenza, per esempio a Giuseppe Alessi, o Pancrazio De Pasquale e Salvatore Lauricella. Non misero da parte i partiti da cui provenivano e le idee che professavano, ma una volta saliti sullo scanno più importante dell’Ars, riuscirono a spogliarsi dell’appartenenza, dando lustro alla istituzione e per ciò steso, ai partiti di provenienza.
Il Presidente dell’Assemblea regionale siciliana è peraltro una figura istituzionale unica nel Paese. Niente a che vedere con i Presidenti dei Consigli regionali che, per regolamento, mantengono un livello di sudditanza “regolamentare” dall’esecutivo. Il Presidente dell’Ars può essere avvicinato nell’ambito della Regione siciliana al Presidente del Senato, seconda carica dello Stato, per la sua caratura istituzionale.
Prima della riforma costituzionale, che ha introdotto l’elezione diretta del Presidente della Regione, il Presidente dell’Assemblea aveva addirittura un peso determinante nelle scelte istituzionali e politiche. E’ rimasto intatto il prestigio e l’autorevolezza che il ruolo pretende; queste doti tuttavia non sono scritte nel regolamento, si conquistano sul campo grazie alle qualità di coloro che ricoprono la funzione.
Con il suo discorso in Aula, mercoledì, Giovanni Ardizzone ha manifestato la propensione alla terzietà. Egli ha posto l’accento sulle responsabilità che le istituzioni – governo e Assemblea – si assumono nell’attuale difficilissimo momento storico che attraversa la Sicilia e il Paese, stimolando il cammino delle riforme e il superamento delle divisioni.
Senza entrare nel merito politico delle questioni – la soppressione delle province – Ardizzone ha cercato di favorire il superamento delle asperità determinate dal testo di riforma originario con un richiamo alla responsabilità e un apprezzamento del lavoro fatto dal governo.
L’Assemblea, insomma, ha ora, dopo una vacanza piuttosto lunga, un Presidente. Non è una questione da poco.
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