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giovedì 7 marzo 2013
In Sicilia i beni culturali, storici e paesaggistici sono allo sbando. Siti Unesco a rischio secondo Legambiente
di Veronica Femminino
In Sicilia i beni culturali, storici e paesaggistici sono allo sbando. Un patrimonio che il mondo ci invidia, e che disinteresse, lassismo ed ottusità amministrativa mettono sempre più a rischio.
Una considerazione questa certamente non nuova, e che ieri a Catania, in occasione della presentazione del nuovo Dossier di Salvalarte Sicilia sui siti Unesco siciliani è apparsa con ancora maggiore evidenza.
Lo ribadisce anche Gianfranco Zanna, direttore regionale di Legambiente Sicilia, che puntualizza come dalla pubblicazione del dossier precedente, risalente al novembre 2011, nulla sia cambiato.
Tanto da poter parlare di “Unesco alla siciliana”: si moltiplicano i pericoli per i siti patrimonio dell’umanità del nostro territorio, unitamente alla perdita delle opportunità di sviluppo che questi beni, se adeguatamente valorizzati, potrebbero determinare per la Sicilia.
Non si tratta soltanto di un problema di programmazione. Sebbene sia dimostrato che dopo l’inserimento nella lista dei patrimoni Unesco un sito incrementi sino al 30% in più i suoi visitatori, al riconoscimento è spesso seguita l’inerzia. Eppure dalla World Heritage List si può anche essere cancellati. Accade quando servizi offerti e valorizzazione del bene non corrispondono più agli standard previsti. La mancata definizione o rispetto delle previsioni contenute dei Piani di gestione dei siti Unesco poi, comporta laperdita di importanti finanziamenti che servirebbero a potenziare i servizi in loco, originando un circolo vizioso di incuria e degrado. Alla lista delle criticità bisogna aggiungere la speculazione – soprattutto edilizia – che da anni devasta il territorio. Nell’Isola gli esempi abbondano in tutte le province.
A partire dalla Valle dei Templi di Agrigento, tagliata in due dalla statale 118. Da tempo inoltre è scaduto il contratto di affidamento dei servizi. Mancano dunque i servizi di ristoro, il personale nelle biglietterie, il trenino elettrico che permetterebbe di visitare la Valle anche a disabili ed anziani.
Anche alla Villa del Casale di Piazza Armerina, la situazione non è incoraggiante. I lavori di restauro, durati cinque anni e mezzo, non possono dirsi completati. Sono necessari infatti altri 5 milioni di euro per ultimare la sostituzione di copertura della Villa.
Inoltre l’allestimento del “Museo della città e del territorio” di Palazzo Trigona della Floresta, nel centro storico di Piazza Armerina, non è mai iniziato.
E ancora, le Isole Eolie, dove il progetto del Parco nazionale si è arenato a causa del voto contrario del Comune di Lipari e all’opposizione di un movimento anti-parco dovuto “ad un clima avverso – scrive Legambiente nel dossier – che paventando pesanti vincoli su tre argomenti sensibili, ovvero caccia, edilizia ed agricoltura, hanno posto in allarme una parte della popolazione e generato una scarsa propensione a percepire l’istituzione del Parco come opportunità di sviluppo economico e valorizzazione del territorio”.
Nessuna notizia anche in merito all’Area Marina Protetta, e nessuna tutela per le ex cave di pomice di Lipari, sottoposte a rischio di grave dissesto idrogeologico ed interessate solo da interventi che ne stanno agevolando la trasformazione in polo turistico-alberghiero.
Codice rosso anche per gli stucchi barocchi di Noto – che richiederebbero maggiori ma più accurati interventi di restauro e per l’area tardo-barocca del centro di Catania, minacciata dallo scellerato progetto del raddoppio ferroviario Messina-Palermo che rischia di annullare per sempre le preziose testimonianze storiche ed artistiche del capoluogo etneo. La ferrovia spazzerebbe via numerosi pregevoli palazzi storici e le Mura di Carlo V, compromettendo le Terme Romane e il sito archeologico di Piazza Federico di Svevia, acui vanno ad aggiungersi gli Archi della Marina, che potrebbero essere sormontati da una copertura in plexiglas alta sette metri.
Nella suggestiva Siracusa non va meglio: solo recentemente la Regione Siciliana ha revocato le autorizzazioni per la costruzione di due porti turistici nella zona del Porto Grande, sottoposta a vincolo paesaggistico. Nel progetto, negozi, alberghi e isole artificiali, per oltre 100.000 metri quadrati di lungomare, prenderebbero il posto di uno degli scali marittimi più antichi del Mediterraneo. Ancora nel Siracusano, un ponte di acciaio lungo 41 metri rischia di sorgere nella Riserva naturale orientata Pantalica,Valle dell’Anapo, Torrente Cava Grande in prossimità della località Serramezzana-Bottigliera.
Lo scenario descritto è inquietante. La nostra storia, contestualmente all’ambiente, potrebbero essere deturpati irrimediabilmente e in alcuni casi cancellati.
Una prospettiva che va scongiurata e che spinge Legambiente ad avanzare due proposte. Innanzitutto “l’attivazione e la presenza nei territori interessati dai siti Patrimonio dell’Umanità della Fondazione Unesco, istituita da alcuni anni presso l’Assessorato regionale dei Beni culturali e che noi pensiamo come un utile strumento d’iniziativa e controllo per una migliore e più intelligente gestione coordinata delle attività inerenti i siti siciliani della World Heritage List”.
In secondo luogo, “La nascita di una Consulta siciliana per i siti UNESCO, dove mettere insieme tutte gli enti e istituzioni, pubbliche e private, l’associazionismo, personalità della cultura, presenti nei territori in cui ricadono i nostri Patrimoni dell’Umanità, per definire programmi e progetti per una migliore tutelare e per una vera e forte valorizzazione”.
Riusciranno le amministrazione locali ed il governo regionale a rispondere alle esigenze di tutela e valorizzazione che la nostra Isola merita? Ce lo auguriamo vivamente.
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