Ancora oggi sono alla ricerca di colui che ha fatto il miracolo. Invano. Fu una intuizione di D’Alia, suggerita da qualcuno, e servì a spiazzare il centrosinistra, obbligandolo a prendere atto della sua scelta.
Con questo viatico, sarebbe stato impensabile uno strappo. E invece c’è stato, eccome. Il fuoco covava sotto la cenere. Qualche settimana fa, quando il modello siciliano irruppe sulla scena nazionale e siciliana, mettendo all’angolo quel che restava di Mario Monti, Gianpiero D’Alia si fece sentire con parole molto dure all’indirizzo del governatore. Beppe Grillo aveva suonato il peana al modello siciliano e c’era chi dall’altra parte della barricata ne aveva fatto il deus ex machina per regalare un lieto fine alla tragedia post-elettorale.
Giancarlo Cancelleri, “portavoce” grillino nell’Isola, pareva entusiasta: “È un modello splendido. I quindici deputati eletti all’Ars non fanno parte della maggioranza, né del governo guidato da Rosario Crocetta, ma hanno sostenuto provvedimenti di giunta e maggioranza come il Dpef e la mozione sul no al ripetitore militare Muos”.
Esportabile a Roma, a Montecitorio e Palazzo Chigi, ne dedusse Rosario Crocetta, che gongolava di contentezza per la sua primogenitura. Gianpiero raffreddò i cuori in un battibaleno “Lo incensano perché non funziona, è una bufala”, spiegò il regista della presidenza Crocetta, “all’Assemblea regionale siciliana non c’è la maggioranza assoluta ed è chiaro che Crocetta debba rivolgersi ai grillini. Ma non c’è nessun accordo istituzionale né politico e gli esponenti del M5S non hanno mai votato alcun provvedimento in Aula fino a oggi. L’unica cosa di cui si sono occupati è la battaglia contro il Muos, il radar americano in costruzione a Niscemi”.
Calcolo politico, dunque, secondo D’Alia. Un modo per esorcizzare il problema. Non deve essere piaciuto al presidente della Regione, defraudato della sua strategia vincente con i grillini. Ma non accadde niente. La rilevanza delle criticità sulle relazioni speciali con il Movimento 5 Stelle, in concorrenza con gli alleati di governo.
Poi la rottura. Il governatore convoca i capigruppo e poi la giunta di governo, fa fuori le amministrazioni provinciali e decine di enti, tutto il sottopancia del potere politico dell’Isola. Uno tsunami, hanno scritto. Crocetta crede di avere fatto la rivoluzione e se ne fa un vanto, ma Gianpiero D’Alia, non solo spegne l’entusiasmo, ma giudica la proposta del governatore una burla e annuncia che non la voterà mai.
Come finirà? Una battaglia campale, l’avevamo previsto. Ogni volta che si sfiorano le province è come toccare i fili dell’alta tensione.
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