Non ha vinto né perso la maggioranza, né l’opposizione; non hanno vinto alcuni gruppi parlamentari a scapito di altri, né alcuni deputati a spese dei loro colleghi. I “tavoli” di concertazione sono cambiati con il trascorrere dei giorni e, nelle ultime battute, delle ore, sicché il quadro di riferimento politico si è perso.
Chi ha vinto, però, la battaglia, potrebbe prendersi un dispiacere a breve scadenza e scoprire di avere persona la guerra, perché sulla Tabella H pesa come un macigno una sentenza pronunciata dalla Corte costituzionale, la 137 del 2009, in occasione del giudizio di legittimità promosso dal Tribunale amministrativo della Regione Lazio nel procedimento vertente tra il Codacons e la Regione. Sulla Tabella Ha siciliana incombe, dunque, l’impugnativa del Commissario dello Stato in sede di esame della legge finanziaria.
Percorriamo le tappe che hanno preceduto la sentenza e le sue motivazioni per determinare l’entità del rischio che la Tabella H corre.
La Regione ha disposto il proprio concorso alle iniziative sociali, culturali e sportive di carattere locale, prevedendo in una apposita Tabella allegata alla legge di bilancio, tanto i soggetti destinatari di contributi quanto, con riferimento a ciascun beneficiario, l’importo del contributo assegnato. La Regione ha condizionato l’effettiva concessione del contributo (nella misura già fissata nella tabella) alla presentazione da parte dei beneficiari della documentazione necessaria per l’identificazione dettagliata del progetto.
Secondo il Tirubunale amministrativo regionale del Lazio, la norma provvedimento “avrebbe dato vita ad una disciplina lesiva del principio di eguaglianza (che postula la par condicio), disponendo, a monte, di ripartire i contributi disponibili tra enti individuati in assenza di ogni procedura idonea ad assicurare la trasparenza dell’azione amministrativa regionale.
“La scelta legislativa sarebbe caratterizzata da arbitrarietà ed irragionevolezza, non rinvenendosi (né l’Amministrazione regionale essendo stata in grado di indicare) le particolari ragioni suscettibili di giustificare la deroga operata al principio della par condicio; di qui il rischio che, nella scelta dei soggetti beneficiari dei contributi, il legislatore possa aver subito il condizionamento di interessi di parte (e cioè di gruppi di pressione pubblici o privati)”.
Da qui il contrasto con l’art. 97 Cost., “giacché la violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità costituirebbe un corollario dell’arbitrarietà e manifesta irragionevolezza della disciplina impugnata”.
Il Tar del Lazio ricorda che la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione ed alla pubblicazione, da parte delle amministrazioni procedenti (incluse, a norma dell’art. 29 della stessa legge, le Regioni), nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi.
La Corte costituzionale ha stabilito la fondatezza della questione sollevata dal Tar.
La questione ha ad oggetto la valutazione, alla stregua dei parametri sopra indicati, della conformità alla Costituzione di una disposizione che può essere qualificata come legge-provvedimento, in quanto incide su un numero determinato di destinatari ed ha contenuto particolare e concreto, attribuendo a ben precisi soggetti collettivi sovvenzioni in danaro per iniziative e progetti.
La norma-provvedimento impugnata, ha stabilito la Corte, deve ritenersi in contrasto con l’art. 3 Cost., non avendo rispettato il principio di eguaglianza nel suo significato di parità di trattamento.
Difatti, riassumono i giudici costituzionali, né dal testo della norma – che contiene, con il rinvio alla tabella, un mero elenco dettagliato di destinatari, di progetti finanziati e di importi ripartiti – né dai lavori preparatori della legge emerge la ratio giustificatrice del caso concreto, non risultando che il Consiglio regionale abbia osservato criteri, obiettivi e trasparenti, nella scelta dei beneficiari dei contributi o nella programmazione e pianificazione degli interventi di sostegno.
In tal modo, ne consegue secondo la Consulta, “ la norma denunciata si risolve in un percorso privilegiato per la distribuzione di contributi in danaro, con prevalenza degli interessi di taluni soggetti collettivi rispetto a quelli, parimenti meritevoli di tutela, di altri enti esclusi, e a scapito, quindi, dell’interesse generale”.
Per questi motivi “la Corte costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 17 e della tabella B della legge della Regione Lazio”.
La Tabella B della Regione Lazio e la Tabella H della Regione siciliana sono gemelle? Al Commissario dello Stato l’ardua decisione di prima istanza. Ed ai deputati dell’Ars la decisione di concedere una corsia preferenziale ad una norma legislativa che metta ordine sulla materia, permettendo a Fondazioni ed associazione ed Enti meritevoli (teatri, musei ecc.), di svolgere la loro attività.
Chi ha vinto, però, la battaglia, potrebbe prendersi un dispiacere a breve scadenza e scoprire di avere persona la guerra, perché sulla Tabella H pesa come un macigno una sentenza pronunciata dalla Corte costituzionale, la 137 del 2009, in occasione del giudizio di legittimità promosso dal Tribunale amministrativo della Regione Lazio nel procedimento vertente tra il Codacons e la Regione. Sulla Tabella Ha siciliana incombe, dunque, l’impugnativa del Commissario dello Stato in sede di esame della legge finanziaria.
Percorriamo le tappe che hanno preceduto la sentenza e le sue motivazioni per determinare l’entità del rischio che la Tabella H corre.
La Regione ha disposto il proprio concorso alle iniziative sociali, culturali e sportive di carattere locale, prevedendo in una apposita Tabella allegata alla legge di bilancio, tanto i soggetti destinatari di contributi quanto, con riferimento a ciascun beneficiario, l’importo del contributo assegnato. La Regione ha condizionato l’effettiva concessione del contributo (nella misura già fissata nella tabella) alla presentazione da parte dei beneficiari della documentazione necessaria per l’identificazione dettagliata del progetto.
Secondo il Tirubunale amministrativo regionale del Lazio, la norma provvedimento “avrebbe dato vita ad una disciplina lesiva del principio di eguaglianza (che postula la par condicio), disponendo, a monte, di ripartire i contributi disponibili tra enti individuati in assenza di ogni procedura idonea ad assicurare la trasparenza dell’azione amministrativa regionale.
“La scelta legislativa sarebbe caratterizzata da arbitrarietà ed irragionevolezza, non rinvenendosi (né l’Amministrazione regionale essendo stata in grado di indicare) le particolari ragioni suscettibili di giustificare la deroga operata al principio della par condicio; di qui il rischio che, nella scelta dei soggetti beneficiari dei contributi, il legislatore possa aver subito il condizionamento di interessi di parte (e cioè di gruppi di pressione pubblici o privati)”.
Da qui il contrasto con l’art. 97 Cost., “giacché la violazione dei principi di buon andamento ed imparzialità costituirebbe un corollario dell’arbitrarietà e manifesta irragionevolezza della disciplina impugnata”.
Il Tar del Lazio ricorda che la concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi ed ausili finanziari e l’attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati sono subordinate alla predeterminazione ed alla pubblicazione, da parte delle amministrazioni procedenti (incluse, a norma dell’art. 29 della stessa legge, le Regioni), nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti, dei criteri e delle modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi.
La Corte costituzionale ha stabilito la fondatezza della questione sollevata dal Tar.
La questione ha ad oggetto la valutazione, alla stregua dei parametri sopra indicati, della conformità alla Costituzione di una disposizione che può essere qualificata come legge-provvedimento, in quanto incide su un numero determinato di destinatari ed ha contenuto particolare e concreto, attribuendo a ben precisi soggetti collettivi sovvenzioni in danaro per iniziative e progetti.
La norma-provvedimento impugnata, ha stabilito la Corte, deve ritenersi in contrasto con l’art. 3 Cost., non avendo rispettato il principio di eguaglianza nel suo significato di parità di trattamento.
Difatti, riassumono i giudici costituzionali, né dal testo della norma – che contiene, con il rinvio alla tabella, un mero elenco dettagliato di destinatari, di progetti finanziati e di importi ripartiti – né dai lavori preparatori della legge emerge la ratio giustificatrice del caso concreto, non risultando che il Consiglio regionale abbia osservato criteri, obiettivi e trasparenti, nella scelta dei beneficiari dei contributi o nella programmazione e pianificazione degli interventi di sostegno.
In tal modo, ne consegue secondo la Consulta, “ la norma denunciata si risolve in un percorso privilegiato per la distribuzione di contributi in danaro, con prevalenza degli interessi di taluni soggetti collettivi rispetto a quelli, parimenti meritevoli di tutela, di altri enti esclusi, e a scapito, quindi, dell’interesse generale”.
Per questi motivi “la Corte costituzionale dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 17 e della tabella B della legge della Regione Lazio”.
La Tabella B della Regione Lazio e la Tabella H della Regione siciliana sono gemelle? Al Commissario dello Stato l’ardua decisione di prima istanza. Ed ai deputati dell’Ars la decisione di concedere una corsia preferenziale ad una norma legislativa che metta ordine sulla materia, permettendo a Fondazioni ed associazione ed Enti meritevoli (teatri, musei ecc.), di svolgere la loro attività.
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