21 Luglio
Mark Buzec
“ritrovato”
Il
21 luglio 2004 a Filicudi, in
località “Sciara”, su segnalazione di alcuni turistiche si stavano dedicando al
trekking, vengono scoperti i resti ossei di un cadavere. La macabra scoperta
era stata fatta all’interno di una scarpata profonda oltre 350 metri. Sin dai
primi giorni le ipotesi degli investigatori si indirizzano verso Mark Buzec,
scomparso misteriosamente il 29 luglio del 1998.
I
resti vengono trasferiti a Messina, con l’elicottero del vigili del fuoco,
presso l’ufficio del medico legale Giovanni Crisafulli per la ricomposizione
dello scheletro, ma ancor più, per consentire l’esame del Dna da parte degli
specialisti del RIS, per stabilire se effettivamente appartenevano al
professore inglese. Accanto ai resti, infatti, erano stati trovati alcuni
indumenti simili a quelli indossati da Buzec poco prima della sua scomparsa: un
paio di scarponcini da rocciatore, calze pesanti e un pantaloncino di colore
scuro. Le operazione di prelievo si era rivelata particolarmente complessa per
la zona fortemente impervia.
Il
professor Buzec, un ventinovenne, dicevamo, era scomparso nell’estate del 1998
quando, zaino in spalla, era stato visto per l’ultima volta lasciare il camping
“Tre Pini” di Rinella, scelto come base per compiere escursioni nei sentieri
delle isole Eolie.
Nei
giorni successivi, su richiesta dei parenti, la madre ed il fratello,
s’avviarono le ricerche; il caso approdo anche alla trasmissione “Chi l’ha
visto”, probabilmente a seguito dell’interessamento del console generale del
Gran Bretagna, Michael Burgoygne.
Nel
giro di un mese, il 24 agosto, i giornali danno conferma, attraverso l’esame
del Dna, che i resti erano quelli dell’inglese scomparso.
Il
corpo di Mark Buzec è rimasto per sei lunghi anni nell’impervio sentiero di un
dirupo quasi inaccessibile dalla costa. Neanche le ricerche aeree avevano
consentito di individuare il cadavere. Lo studioso inglese quasi certamente è
rimasto vittima di una tragica caduta mentre si avventurava lungo i versanti
dell’antica sciara di Filicudi, oltre l’abitato di Seccagne, verso Punta
Stimpagnato.
La
stampa evidenziò alcuni dubbi, soprattutto, sulle ricerche condotte che non avevano
consentito di individuare, se non a distanza di sei anni dall’accaduto, il
luogo in cui giaceva i resti del giovane professore britannico. Anche il
sostituto procuratore Olindo Canali, condivideva i dubbi dei giornalisti, e
lasciò aperto in fascicolo per qualche anno nell’eventualità di scoprire se
qualcuno “non abbia avvistato i resti in
epoca precedente e per assurdi motivi ha preferito non avvisare le autorità”.
Oggi
i resti del professore inglese, amante dei sentieri eoliani, riposano nella sua
patria.
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