Quella di Waris Dirie è una testimonianza straordinaria. La sua vita, ricca di momenti dolorosi ma anche di grandi felicità e successi, insieme avventurosa ed esemplare, l’ha portata dai deserti africani all’esclusivo mondo delle top model. È nata in un villaggio della Somalia, ha circa trent’anni: ma nessuno, nella sua famiglia di nomadi con dodici figli, annotò la data della sua nascita. Quando aveva più o meno cinque anni, suo padre decise che era giunto il tempo di infibularla: le pagine in cui Waris ricorda oggi quella mutilazione atroce sono assolutamente strazianti. A tredici anni venne venduta dal padre per cinque cammelli a un uomo di sessant’anni: Waris non accettò quel destino, fuggì da una zia a Mogadiscio, e poi a Londra, nella residenza di uno zio ambasciatore, come cameriera, a lavorare 18 ore al giorno 7 giorni su 7. Sempre meglio di quello che lo aspettava in patria, pensava. Così quando lo zio, concluso il suo mandato, fu richiamato in Somalia, decise di restare in Inghilterra. Sola, iniziò a guadagnarsi da vivere lavando i pavimenti da McDonald’s. Analfabeta, si iscrisse a una scuola serale. Finchè un giorno un fotografo la convinse a posare. All’improvviso, come nelle favole, il suo destino cambiò. Iniziò una fortunatissima carriera di fotomodella che la portò sul Calendario Pirelli e nelle campagne pubblicitarie della Revlon. Dopo il successo è arrivata anche la felicità: oggi è la madre felice del piccolo Aleeke. Tuttavia Waris Dirie non ha mai dimenticato le sofferenze che ha patito, e quelle che hanno patito e patiscono milioni di donne in tutto il mondo. Al culmine del successo, ha trovato il coraggio per raccontare la propria storia, il suo segreto più intimo. Con quell’intervista è iniziata la battaglia che sta combattendo con grandissimo impegno e coraggio, in difesa di tutte le donne che hanno vissuto e vivranno la sua esperienza. Oggi Waris Dirie è il portavoce ufficiale di Face to Face, la campagna dell’ONU per eliminare le mutilazioni femminili.
«La mutilazione genitale femminile è particolarmente diffusa in ventotto paesi africani. L’ONU ritiene che questa pratica abbia riguardato complessivamente 130 milioni di donne e ragazze. Le vittime vengono mutilate con utensili d’uso comune – quali lame di rasoio, coltelli, forbici o, peggio, con schegge di vetro, pietre appuntite e persino a morsi. Invece di diminuire, il numero delle ragazze che vengono mutilate aumenta. Molti africani emigrati in Europa e negli Stati Uniti non hanno abbandonato questa consuetudine. Se penso che quest’anno due milioni di ragazze subiranno quello che ho subìto io, mi sento male e mi rendo conto che quanto più questa tortura andrà avanti, tante più saranno le donne come me, furiose e ferite, che non potranno mai più avere ciò che è stato loro tolto».
NOTA DELL’AUTRICE: A MIA MADRE
“Quando si percorre la strada della vita, esposti alle intemperie o alla piacevole luce del sole, o ancora nell’occhio di mille cicloni, la sopravvivenza è frutto della sola forza di volontà. Perciò dedico questo libro alla donna nella cui forza inesauribile ho sempre confidato: a mia madre, Fattuma Ahmed Aden. Lei ha dato ai suoi figli l’esempio concreto della fede, senza mai inchinarsi alle inimmaginabili avversità. Ha equamente amato ogni sua creatura (impresa già di per sé degna di nota) e dimostrato una saggezza in grado di umiliare i più celebrati tra tutti i sapienti. Molti i sacrifici sopportati, ma rare, rarissime, le lamentele. E noi figli sempre consapevoli della sua incapacità di risparmiarsi, della generosità nel dare anche quel poco di cui disponeva. Ha provato più volte il tormento di perdere un figlio, e ciononostante conserva intatti la forza e il coraggio per continuare a lottare. Il suo nobile spirito e la sua bellezza, interiore ed esteriore, sono per me una leggenda”.
«La mutilazione genitale femminile è particolarmente diffusa in ventotto paesi africani. L’ONU ritiene che questa pratica abbia riguardato complessivamente 130 milioni di donne e ragazze. Le vittime vengono mutilate con utensili d’uso comune – quali lame di rasoio, coltelli, forbici o, peggio, con schegge di vetro, pietre appuntite e persino a morsi. Invece di diminuire, il numero delle ragazze che vengono mutilate aumenta. Molti africani emigrati in Europa e negli Stati Uniti non hanno abbandonato questa consuetudine. Se penso che quest’anno due milioni di ragazze subiranno quello che ho subìto io, mi sento male e mi rendo conto che quanto più questa tortua andrà avanti, tante più saranno le donne come me, furiose e ferite, che non potranno mai più avere ciò che è stato loro tolto».
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