da corriere.it Il mare attorno a Panarea, la più piccola delle isole Eolie che in estate attira vip e personaggi dello spettacolo, è sempre più meta degli archeologi marini e subacquei di alto fondale. Nel profondo blu, compreso tra gli 80 e i 170 metri sul versante che guarda gli scogli di Basiluzzo e Lisca Bianca, nel 2010 gli archeologi siciliani della Soprintendenza del mare hanno localizzato e fotografato quattro spettacolari relitti di epoca romana (I e II secolo) carichi di centinaia di anfore intatte, che giacciono adagiate sul fondo. Erano navi commerciali romane di medie dimensioni, adibite al trasporto di grano, vino e garum (una salsa di pesce molto apprezzata all’epoca) che, troppo cariche, verosimilmente imbarcando acqua fecero naufragio inabissandosi lungo la trafficatissima rotta tirrenica tra la Sicilia e la costa meridionale italiana.
Lo studio dei reperti
Nelle prossime settimane gli archeologi della Regione, che hanno localizzato con esattezza i carichi e iniziato la mappatura del sito tra il 2009 e il 2011 grazie all’impiego del Rov (Remotely Operated Vehicle) insieme all’équipeamericana della Fondazione Aurora Trust, si preparano a tornare sui fondali. Obiettivo, continuare a studiare i reperti, grazie all’intervento dei sub esperti in immersioni di alto fondale che utilizzano le sofisticate tecniche direbreather. E iniziare a progettare una strategia di controllo con le telecamere di profondità.
I furti
La questione dei furti clandestini di reperti, per i mari siciliani, è una piaga antica. Sul relitto a 85 metri, oltre a danni alle anfore ridotte in cocci, sono state rilevate tracce di alterazioni, forse cavi d’acciaio utilizzati per un tentativo di furto, secondo quanto rilevato negli anni passati dagli esperti della regione. «Il progetto Archeorete, partito alle Eolie nel 2009, continuerà anche quest’estate», spiega il soprintendente del Mare della Sicilia, l’archeologo Sebastiano Tusa. Tra fine luglio e inizio agosto ritorneremo a lavorare sul relitto Panarea III, il più bello, quello che ha già restituito un altare portatile, su cui sono incise tre lettere che consentono di individuarne la proprietà, e i vasi cilindrici adibiti al trasporto del miele. «L’alta profondità a cui giacciono i reperti costituisce un buon deterrente contro i furti», continua il Soprintendente. «Pensiamo che non sia affatto facile trafugare materiali a 100 metri sott’acqua, e che la rete di informatori, primi tra tutti idiving locali, che abbiamo attivato negli anni è sempre efficace».
Divieto di immersione, pesca e ancoraggio
Sui siti intanto sono state apposte ordinanze di divieto di immersione, pesca e ancoraggio, su cui vigilano le forze dell’ordine, Carabinieri e Capitaneria di porto. Il pericolo maggiore però è costituito dalle reti a strascico con i loro congegni metallici che, al passaggio, distruggono le anfore nella parte sommitale. «Per evitare questo scempio l’unica arma è sensibilizzare le marinerie costiere di Messina e Reggio Calabria che si spingono sino a queste acque», conclude Tusa. «Stiamo inoltre pensando a un bando per un progettointernazionale per realizzare la rete di telecontrollo per proteggere l’area, con un sistema simile a quello già sperimentato sui relitti delle isole Egadi, a Levanzo e Favignana».
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.