Durante queste ultime settimane mi è capitato di partecipare a diversi incontri politici che hanno avuto per tema le prossime elezioni amministrative. Il contributo che ho tentato di portare, e che mi riprometto di riproporre ogniqualvolta ne avrò la possibilità, parte dall'analisi della situazione sociale della nostra comunità e si conclude con la necessità di recuperare la forza di stare insieme per tentare di superare un momento estremamente difficile; certamente il più difficile che io ricordi da quando ho la pretesa di aver raggiunto l'età della ragione. Sono costretto a ripetere che la nostra non è semplicemente una comunità in declino, la nostra è una comunità morente. Le origini di questo disperante disfacimento morale e civile vanno ricercate nell'individualismo esasperante che si è lentamente radicato e adesso sviluppato in ogni ambiente come una sorta di metastasi. La responsabilità di quanto sta avvenendo ci riguarda tutti. Riguarda la politica, riguarda le cosiddette agenzie educative (scuola, chiesa, famiglie), e non può semplicemente essere attribuita prima all'afflusso caotico di denaro derivante dal turismo che ha imbarbarito i nostri costumi, e adesso alla cosiddetta crisi economica che sta facendo riemergere ataviche paure. Quando nelle Eolie è arrivato il turismo, la politica non ha saputo governare il fenomeno omettendo dolosamente d'indicare l'unica via possibile per dare sviluppo alle isole: si cresce soltanto se si cresce tutti insieme. Al processo di crescita economica si sarebbe dovuto accompagnare un processo di crescita formativa e culturale che avrebbe dovuto mettere al centro di tutto la salvaguardia del bene comune. E non solo per una questione etica o politica, ma anche per un interesse specificatamente economico. Il turismo è infatti un'industria che ha quale fonte primaria la fruizione di un bene comune, che dalle nostri parti è costituito dall'intreccio di ambiente, storia e tradizioni. Invece si è preferito indugiare sulla forza dell'intraprendenza individuale, anche quando questa offendeva l'ambiente, gli interessi pubblici e quelli privati di chi non sapeva o poteva difendersi. Ne è conseguita una litigiosità autodistruttiva che ha compromesso la nostra identità, la qualità delle relazioni sociali, l'integrità delle famiglie, il benessere individuale. L'attività economica ha smarrito ogni significato etico per ridursi ad iniziativa predatoria, le cui vittime non sono state solo i turisti, ma soprattutto gli eoliani. Il risultato di questo processo autodistruttivo è sotto gli occhi di tutti: mai avrei creduto che Lipari potesse raccontare storie di suicidi ed omicidi. E permettetemi di reputare offensivo ogni tentativo di minimizzare i singoli episodi attribuendoli a sofferenze individuali, gesti determinati dalla follia o atti criminali imprevedibili ed ascrivibili alle conseguenze della modernità. La verità è che l'ottusità, la sciatteria, il disprezzo di ogni forma di conoscenza, l'esaltazione della furbizia, l'uso perverso della politica ad esclusivo fine di potere stanno consumando la nostra identità di popolo, ogni forma di coesione sociale, ogni residuo di convivenza civile. Un impazzimento collettivo che ci corrode giorno per giorno aggiungendo povertà a povertà, in una spirale che sembra inarrestabile. Di fronte a questo panorama sconsolante, che ho solo tentato di tratteggiare, chiunque intenda assumere responsabilità politiche ha il dovere di parlare chiaro dicendo cosa vuole fare, come e con chi. La ripetizione di formule politiche, il contorcimento intorno a questioni insignificanti ed irrazionali quali la tutela dei simboli di partito o il giusto equilibrio tra le forze politiche hanno un odore nauseabondo che finirà per intossicare anche le persone di buona volontà che ancora hanno voglia di partecipare e lottare per migliorare questo paese. A chi continua a chiedermi se il PD e l'UDC hanno fatto l'accordo, se il PDL farà le primarie, se l'MPA o il FARO correranno da soli posso solo ripetere che non m'interessa. Mi piacerebbe piuttosto sapere cosa vogliamo fare di questo paese, mi piacerebbe sapere se è ancora viva un'idea per rimettere insieme questa comunità, se è possibile recuperare valori quali la giustizia, il rispetto dei diritti individuali e collettivi. Se è possibile trovare un accordo sul tipo di sviluppo economico che intendiamo perseguire, se è ancora possibile spiegare ad un giovane che l'unico modo per lavorare ed affermarsi è curare la propria formazione e non credere più alle illusioni della politica del favore che risolve ogni problema personale. Si tratta di un enorme sforzo politico e pedagogico che deve coinvolgerci tutti facendo un'unica eccezione. Se è vero che la politica deve essere includente e non escludente, è pur vero che nell'analisi delle responsabilità bisogna essere onesti: chi ha amministrato la cosa pubblica in questi ultimi anni, la cosiddetta classe dirigente attuale, è sommamente colpevole ed abbiamo il dovere di metterla da parte. Se tutti siamo responsabili per quanto sta avvenendo, non tutti siamo responsabili allo stesso modo. Non possiamo chiedere a chi ha pervicacemente alimentato l'ignoranza, la volgarità, la cattiva amministrazione di continuare a svolgere incarichi di responsabilità, magari saltando da uno schieramento all'altro in nome del bisogno di unità. Il pentimento è un atto nobile e coraggioso, ma che richiede anche un certo tempo di riflessione. I pentiti che hanno sfasciato o contribuito a sfasciare questo paese abbiano la compiacenza ed il pudore di prendersi una pausa di riflessione fuori dall'amministrazione della cosa pubblica. Solo la passione disinteressata per queste isole potrà salvarci. Il resto sono chiacchiere inutili.
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