COMUNICATO STAMPA.
A causa dei concomitanti impegni in consiglio comunale, il
rappresentante della Sinistra eoliana Pietro Lo Cascio non ha potuto prendere
parte al dibattito che si è tenuto il 30 settembre, che aveva come oggetto il
Piano Regolatore Generale e le prospettive per l’area delle cave di pomice.
Riteniamo dunque opportuno ribadire la posizione della Sinistra eoliana su
quest’ultimo argomento e, con l’occasione, puntualizzare alcuni aspetti, anche
alla luce delle varie dichiarazioni raccolte e pubblicate dalla stampa locale.
Le cave di pomice possono costituire la grande scommessa sulla quale
si gioca il futuro dell’isola, la sua capacità di dotarsi di ulteriori elementi
di attrazione, e soprattutto quella di intraprendere un percorso di sviluppo
che possa definirsi davvero sostenibile. Ma, per tutto questo, bisogna capire
quale gioco si vuole giocare.
Si continua ad evocare una presunta imprenditoria disponibile a
entrare in gioco, una volta chiarite le regole (ovvero, le effettive proprietà
e i limiti degli interventi, che andrebbero definiti da un piano
particolareggiato). Questo eventuale interesse, tuttavia, sembra circoscritto agli
immobili esistenti lungo la costa e la rotabile che attraversa l’area.
Ci chiediamo però se qualcuno si stia effettivamente ponendo il
problema principale, che – l’espressione calza a pennello – sta a monte. La
situazione del versante di Monte Pelato dove insisteva la cava, che si presenta
in evidente stato di dissesto idrogeologico, è a dir poco drammatica: l’escavazione,
condotta dapprima in regime di concessione, poi in forma assolutamente abusiva
e incontrollata, ha lasciato una pesantissima eredità.
Certamente è da escludere l’ipotesi che l’azienda – oggi – sia in
condizione di porvi rimedio attraverso la cosa più semplice che si fa nelle
cave quando vengono dismesse, ovvero la messa in sicurezza.
Dunque, chi dovrebbe effettuare le opere di regimentazione dei flussi
delle acque piovane, quelle di contenimento delle continue frane, quelle di
stabilizzazione dei versanti modellati a colpi di ruspa in ripide pareti
verticali?
Dubitiamo fortemente che frotte di “imprenditori” scalpitino dietro le
porte del municipio in attesa di entrare in azione. Probabilmente, questo
aspetto non è stato preso in seria considerazione, oppure ci si vuole adoperare
perché il “lavoro sporco” finisca per gravare su un soggetto pubblico –
attraverso fondi di protezione civile, interventi straordinari o quant’altro –
lasciando invece all’imprenditoria privata le gioie della conversione di vecchi
stabilimenti industriali in nuovi alberghi e, se magari resta qualche soldo,
anche in servizi.
Riteniamo allora che abbia più senso affidare a un intervento pubblico
l’intero recupero dell’area, in toto, partendo dagli onerosi orli di cava per
finire ai più appetitosi edifici sul mare. La finalità di tale recupero deve
essere la trasformazione dell’area in un parco geo-minerario, aperto al
pubblico e gestito da un soggetto pubblico.
Se a qualcuno sembra fantascienza, ricordiamo che nel 1991
l’amministrazione comunale di Carbonia (Sardegna) è intervenuta per acquisire
il patrimonio immobiliare della miniera abbandonata, prima che le strutture
venissero rottamate; nel 2002 è stato aperto al pubblico il “Museo del
Carbone”, che registra decine di migliaia di visitatori ogni anno.
Facciamo osservare che la proposta di un parco geo-minerario nelle
cave di pomice di Lipari è coerente con le indicazioni fornite dall’Unesco
nella sua valutazione sul sito Isole Eolie del 2007, e con quelle espresse nel
Piano di Gestione dello stesso sito. Sulla scorta di questi elementi, è dunque
necessario richiamare il governo nazionale e quello regionale alle proprie
responsabilità, ovvero quelle di riabilitare e restituire all’isola e ai suoi
visitatori l’area delle cave.
Qualcuno dovrebbe sondare le disponibilità e avanzare una proposta in
questa direzione, formalizzandola con un progetto preliminare (le cui linee
guida, peraltro, esistono già). Il compito spetterebbe all’amministrazione
comunale, che, tuttavia, vediamo impegnata da tempo a blandire velleità
privatistiche, piuttosto che decidersi a chiedere concretezza, tempi e risorse
ai naturali interlocutori, quelli pubblici.
Qualsiasi operazione privatistica finirà per ritorcersi contro gli
operatori economici locali che, già oggi, faticano a chiudere i bilanci di fine
anno.
Siamo invece fermamente convinti che le cave siano e debbano essere
una risorsa per tutti, e che la loro riqualificazione rappresenti uno
straordinario potenziale per il rilancio dell’isola.
E un operazione del genere – non ce ne vogliano i progettisti di un
PRG che ha faticato più di vent’anni per venire alla luce – non può che essere
affidata a personalità del mondo della pianificazione territoriale di fama e di
visibilità internazionali, proprio perché internazionale è la vocazione di
luoghi che sono stati designati Patrimonio dell’Umanità.
Abbandonare il provincialismo, pretendere il rispetto di impegni altrimenti
inderogabili, perseguire una politica che rappresenti i reali interessi della
collettività: sono queste, a nostro avviso, le sfide da affrontare per una
reale riqualificazione dell’area pomicifera.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.