Nelle Eolie riferirsi all'Australia come ottava isola dell'Arcipelago è cultura comune fra gli isolani. Ad ignorarlo e rimanerne sorpresi sono i visitatori, me compresa, che non sanno che il flusso di migranti Eoliani verso l'Australia è stato così massiccio da farne, secondo la ricerca "L'Arcipelago Migrante: Eoliani D'Australia di Martina Giuffrè, (CISU Edizioni 2010) fra il 1880 e il 1945 la comunità più numerosa di Italiani naturalizzati in Australia e il secondo gruppo fra gli emigrati italiani per poi arrivare, negli anni '50 con la grande ondata del dopoguerra, a 30 mila fra prima e seconda generazione. Un fenomeno che non ha risparmiato nessuna famiglia o gruppo parentale delle sette isole e che dai racconti di quanti ho incrociato per indagarne le ragioni e le origini fa emergere una immagine molto lontana da quella patinata e coolche oggi alimenta il nostro immaginario delle Eolie.
Questo arcipelago straordinario, regno di Eolo e Vulcano per gli antichi Greci, in cui terra acqua fuoco e aria si sono composti in scenari paradisiaci di acqua cristallina, natura forte e aspra, luce accecante, in passato ha reso molto dura la vita dei suoi abitanti perché più di altri hanno patito lo strappo dell'emigrazione di massa. Il benessere assicurato da una marineria mercantile con fin 64 velieri che commerciava su larga scala vino, capperi e malvasia venne a cessare bruscamente alla fine dell'800 ad opera della filossera che distrusse i vigneti e per l'avvento del vapore che spiaggiò le barche a vela. Fu un declino repentino che, aggravato dalla rovinosa eruzione dello Stromboli nel 1919, avviò il primo flusso migratorio verso gli Usa, il Sud America, la Francia e l'Australia svuotando via via le isole, con ultima Stromboli dopo la devastante eruzione del 1930. La popolazione passò in brevissimo tempo da 20 mila a 10 mila lasciando priva di braccia i terreni prima coltivati a viti, ulivi e fichi fin su al cratere. Poi la guerra fece il resto.
Spesso è accaduto che gli avvenimenti di questo Arcipelago sperduto nel Basso Tirreno si siano ammantati dell'aura del mito e della leggenda. Così nel 1949 quando Stromboli divenne "location" per il film di Rossellini "Stromboli -Terra di Dio" che ebbe protagonista la diva allora più famosa di Hollywood, Ingrid Bergman. La "scandalosa" relazione fra i due (entrambi sposati) fece scalpore nell'Italia e negli USA puritane di allora alimentando per mesi un gossip internazionale che accese i riflettori su Stromboli ma anche sull'isola di Vulcano dove in contemporanea Anna Magnani, la "abbandonata" altra donna di Rossellini girava il film "Vulcano". Il duello a distanza fra le due dive del cinema si meritò l'appellativo de "La Guerra dei Vulcani".
Fu una opportunità che diede da lavorare a gran parte degli isolani fra questi Giovanni Pavone, il fascinoso marinaio-assistente della Magnani che andava a piedi scalzi e che mal tollerò la costrizione delle scarpe cui fu costretto a Roma al seguito della Diva italiana e che lo riportò a Lipari per poi prendere la nave per l'Australia come molti altri eoliani dando l'avvio alla emigrazione di massa degli anni '50 e '60 verso l'agognato Nuovo Continente
Spente le luci dei riflettori, nelle orecchie di chi è rimasto risuona solo il fischio doloroso del vaporetto che lasciava l'isola - ricorda Mario Cincotta del Ritrovo Ingrid a Stromboli - "e portava lontano per non più rivederli i miei compagni di classe che dei 23 iniziali ne lasciarono solo tre agli esami di quinta elementare". A Stromboli da 3500 arrivarono ad essere poco meno di 180 persone. Cominciò la "emigrazione a catena" degli Eoliani chiamati in Australia da chi si era già insediato e costruendo una rete solidale per supportare l'inserimento dei nuovi migranti in una terra sconosciuta, dura, difficile, con lingua e abitudini diverse, non molto benevola e spesso razzista specialmente verso coloro che giungevano dal Sud Italia.
Una solidarietà che si manifestava già prima dell'arrivo quando i soldi del biglietto del viaggio venivano anticipati da chi aveva fatto fortuna, come Salvatore Tesoriero, proprietario di una prospera frutteria, sicuramente uno dei "patriarchi" di Melbourne che con generosità permise a molti - ricorda fiera la moglie, oggi 90enne, Caterina Di Mattina del Villaggio Stromboli - di approdare in Australia per costruirsi una vita migliore.
Altri per emigrare furono costretti a vendere la casa al prezzo del costo del biglietto per l'intera famiglia, ad altri invece i soldi vennero anticipati da mio padre Girolamo -rammenta Mario Cincotta - che a garanzia del prestito riceveva le chiavi che attaccava al una lunga stecca. Ne ricorda una ventina, case che il padre già avanti negli anni controllava e ne curava la manutenzione e che restituiva ai proprietari che tornavano o agli eredi.
Non furono tutti così fortunati - ricorda Tano del Bar di Canneto a Lipari- "in quel periodo ci fu un gran caos: alcuni confidarono nel rimborso del viaggio dal Governo Australiano che spesso non arrivava, altri furono raggirati da"scafisti dell'epoca" che li facevano approdare in spiagge del Tirreno anziché dell'Australia, altri non ritrovarono più le loro case perché occupate o usucapite da chi era rimasto".
In Australia, secondo la ricerca di Martina Giuffrè, gli Eoliani hanno costituito, prevalentemente a Melbourne e Sydney, un gruppo ampio e solidale con una intensa vita associativa di supporto alle mille beghe che il nuovo insediamento comportava.
Una emigrazione in gran parte riuscita che ha reso gli Eoliani portatori di identità plurime e a cui ispirarsi oggi per costruire quelle società plurali che la globalizzazione sta imponendo.
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