Gentile Direttore,
in uno degli ultimi interventi sul Corriere delle Sera scritto poco prima della sua scomparsa e che oggi si può ritrovare sui suoi Scritti corsari, Pasolini suggeriva, per una necessaria quanto urgente riforma della scuola, di inserire tra le materie obbligatorie, l’Educazione stradale. Evidenzio che stiamo ricordando la voce di un formidabile intellettuale che così parlava più di quarant’anni fa: per Pasolini il rispetto delle regole stradali e l’educazione dell’automobilista sarebbero la misura della civiltà sociale, in assenza (totale o parziale che sia) delle quali la società stessa si mostrerebbe in tutta la sua miserevole ignoranza.
Vengo al dunque. Da tempo sulla strada da Lipari e Canneto, all’altezza della galleria, è in azione un semaforo, conseguenza, se non sbaglio, del ripristino di una frana che si era verificata all’imbocco della galleria stessa qualche tempo fa. Il semaforo funziona regolarmente: chi l’ha posizionato regolandone i tempi di durata, ne deve aver avuto, per propria competenza, le sue buone ragioni. Tuttavia mi sembra che, vuoi per la confidenza acquisita da chi transita spesso su quel tratto di strada, vuoi per una innata propensione al rischio, vuoi per il gusto alla trasgressione, vuoi per l’istinto interpretativo del soggetto automobilista verso il codice stradale per cui un semaforo rosso non obbliga ad un comportamento preciso ma si limita a ‘suggerirlo’, mi ritrovo sistematicamente ad essere superato da auto, motorini, furgoni e mezzi di varia natura che, indifferenti al semaforo rosso, passano, a volte pure con un certo risentimento nei confronti dell’automobilista-pollo (io) che ‘incomprensibilmente’ sta fermo ad aspettare la luce verde. Magari il ‘salto del semaforo’ è un nuovo sport e io non sono abbastanza aggiornato: non Le nascondo, caro direttore, che la scorsa settimana qualcuno mi ha pure suonato il clacson perché non passavo. Vedo superarmi, a volte, genitori con bambini, giovani con lo scooter (forse diretti a scuola, ma ovviamente non posso giurarlo), automobilisti che hanno a che fare con il mondo della scuola. Noi, a scuola intendo, facciamo legalità, cerchiamo di insegnare regole, di spiegare il senso della cittadinanza e dell’appartenenza, ma la pratica del rispetto delle regole è questione di educazione, e l’educazione si impartisce tra le mura domestiche: non lo dice il Dirigente scolastico, lo dice il Codice Civile. Non vedo educazione, ahimè, al semaforo della galleria.
Mi auguro che qualche anima si possa ravvedere leggendo questi pensieri, anche se non Le nascondo che, almeno in questo caso, non mi sento ottimista: leggere è indice di curiosità, ma l’ignoranza e la poca educazione non leggono e non sono curiose, sono autoreferenziali, e si alimentano soltanto della loro propria arroganza.
Grazie della consueta ospitalità.
Renato Candia
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