Favorire
la fruizione del patrimonio sottomarino e migliorare la sua
conservazione: sono i due obiettivi che hanno costituito il fil rouge
del Progetto TETI - Integrated Technologies for the Sustainable Management of the Underwater Cultural Heritage elaborato da due team dell'Alta Scuola Politecnica e sviluppato a partire dal caso studio dell'Itinerario Archeologico Subacqueo di Capo Graziano a Filicudi.
I due team hanno ideato un modello integrato applicabile a qualsiasi
sito sottomarino a partire dalla Convenzione UNESCO del 2001 sulla
Protezione del Patrimonio Culturale Sommerso, che ha dichiarato
l’importanza di una fruizione del patrimonio subacqueo determinata dal
rispetto dell'ambiente e dalla sicurezza dei siti e delle persone.
Il primo team si è focalizzato sulla musealizzazione del sito e dei suoi
reperti, con l’intento non solo di favorire le visite dirette ma anche
di garantire, a coloro che non hanno la possibilità di immergersi,
l’esperienza concreta dell’area. L’utilizzo di tecnologie integrate è
risultato l’approccio più idoneo per guidare i sub durante il percorso
del Museo alla scoperta di numerosi relitti risalenti a epoche diverse.
L’aspetto didattico del museo è stato garantito da info-box posizionati
in corrispondenza di ognuna delle tappe di visita e dotati di pannelli
esplicativi e di cartellini galleggianti con lo scopo di segnalare i
reperti di maggiore interesse.
La sicurezza dei visitatori subacquei, è garantita da un sistema di
idrofoni che segnalano i due percorsi di visita previsti e che,
coerentemente con i principi dell’eco-sostenibilità e del minimo
intervento, hanno un impatto praticamente nullo sull’ambiente e sul
contesto archeologico. Questi dispositivi, in particolare, sono in grado
di inviare un apposito segnale acustico che permette al visitatore di
capire se è fuori rotta. Il tracciato del percorso è inoltre segnalato
da fibre ottiche dispersive che conferiscono al sito un valore estetico
aggiunto ed incrementano il livello di sicurezza della visita.
Il secondo team si è focalizzato sulla conservazione del sito e dei
reperti in esso custoditi, nel rispetto dell’area protetta e
intrecciando tematiche di sostenibilità energetica. Per quanto riguarda
gli oggetti sommersi sono state esaminate le migliori soluzioni di
conservazione in situ specifiche per il legno, la pietra e il metallo,
il quale è risultato essere il più colpito dall’aggressività dei sali
disciolti in acqua marina. Sono state trovate soluzioni specifiche e
innovative per la conservazione di questo tipo di reperti come la
tecnica che utilizza alluminio o magnesio anodizzato sulla superficie
degli oggetti. Questa soluzione presenta il vantaggio di essere durevole
nel tempo, semplice da applicare e non dannosa per l’ambiente
circostante. Per la conservazione del bronzo, costituente oggetti
pregiati, si è testata l’efficacia di inibitori di corrosione green, non
pericolosi per la salute dell’uomo.
Non meno importante, è stato messo in luce il tema della sorveglianza
del sito e della sicurezza dei reperti nei confronti di tentativi di
furto e danneggiamento: attraverso il posizionamento di idrofoni, è
possibile rilevare la presenza di persone non autorizzate nel sito
grazie all’emissione di un allarme anti-intrusione alle autorità
competenti. E’ possibile contenere i costi e contrastare gli accessi non
autorizzati, un problema largamente diffuso in ambito archeologico.
Il museo subacqueo, infine, è completamente sostenibile dal punto di
vista energetico. Esso è dotato, infatti, di pannelli fotovoltaici e di
sistemi di sfruttamento del moto ondoso in grado di stoccare energia
elettrica, il tutto in un “corpo” flottante che richiede il minimo della
manutenzione.
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