Nella
mattinata odierna, in diverse località della provincia di Messina, i carabinieri del R.O.S. e del Comando Provinciale di
Messina hanno dato esecuzione ad un’ordinanza di
custodia cautelare in carcere emessa dal G.I.P. del locale Tribunale, dott.
Massimiliano MICALI, su richiesta del Procuratore Distrettuale Antimafia, dott. Guido LO FORTE, e dei sostituti della D.D.A., nei
confronti di 15 persone indagate, a vario titolo, per associazione
mafiosa, estorsione, omicidio, intestazione fittizia di beni ed altri delitti
aggravati dalle finalità mafiose. Contestualmente, sono stati sottoposti a
sequestro preventivo, beni per un valore complessivo stimato in oltre quindici
milioni di euro.
I provvedimenti scaturiscono dalla prolungata
attività condotta dal Raggruppamento Operativo Speciale in
direzione dei sodalizi mafiosi attivi lungo la costa tirrenica della provincia,
articolatasi negli ultimi anni in ripetuti interventi repressivi che hanno
colpito gli esponenti della famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto e
delle sue diramazioni territoriali. L’ultima tranche dell’indagine “Gotha”
si era conclusa nel giugno 2011 con l’arresto di 18 indagati per associazione
mafiosa, omicidi, estorsioni, porto e detenzione abusiva d’arma da fuoco,
intestazione fittizia di beni ed altri delitti, tutti aggravati dalle finalità
mafiose.
L’indagine “Gotha III” ha ulteriormente
circostanziato l’assetto organizzativo ed i plurimi interessi illeciti della
famiglia mafiosa barcellonese, sodalizio operante nella provincia di Messina,
giudiziariamente già riconosciuto in primo e secondo grado nel processo c.d. “Mare
Nostrum” fino al 1994, poi colpito dagli esiti dei procedimenti Icaro, Eris, Vivaio e Torrente, frutto
delle attività investigative del R.O.S..
Le attività d’indagine sviluppate dal R.O.S., le
convergenti dichiarazioni rese da più collaboratori di giustizia[1]
e le ammissioni di alcuni imprenditori edili recentemente raggiunti da
provvedimenti di sequestro del patrimonio ritenuto, dalla Sezione Misure di
Prevenzione del Tribunale di Messina, frutto dell’attività illecita del
menzionato sodalizio criminale, hanno permesso di definire altri episodi estorsivi
finalizzati al controllo di appalti pubblici e di attività economiche nella
provincia di Messina attribuibili alla responsabilità di RAO Giovanni, cl. ’61,
ISGRO’ Giuseppe, cl. ’65, TRIFIRO’ Carmelo Salvatore, cl. ’72, RUGGERI
Giuseppe, cl. 65 e CAMPANINO Salvatore, cl. ‘64.
Tale attività illecita era stata in passato già oggetto
dell’indagine “Omega” condotta dal
R.O.S. che, nell’anno 2003, aveva permesso l’adozione di un provvedimento
cautelare personale nei confronti di alcuni soggetti attualmente indagati
nell’indagine “Gotha III”,
ritenuti organici e componenti della “cupola”
mafiosa barcellonese.
Con l’odierna indagine è stata fatta luce anche su altri
interessanti aspetti dell’associazione criminale barcellonese, documentandone
le dinamiche criminali per un consistente arco temporale.
Tra gli aspetti di maggiore rilevanza figura il triplice
omicidio di RAIMONDI Sergio, MARTINO Giuseppe e GERACI Giuseppe, commesso a
Barcellona Pozzo di Gotto nella notte fra il 3 ed il 4 settembre 1993, per il
quale erano stati assolti con sentenza definitiva i noti esponenti mafiosi
barcellonesi D’AMICO Carmelo e MICALE Salvatore. I nuovi riscontri
info-investigativi raccolti, hanno consentito di fare piena e definitiva luce
su quella oscura vicenda e di ritenere gravemente indiziato anche il
barcellonese CALDERONE Antonino, all’epoca dei fatti datosi a preventiva
latitanza ed in seguito tratto in arresto dal Raggruppamento, nell’ambito
dell’indagine Pozzo, per
altre vicende connesse alla sua appartenenza al sodalizio.
Le risultanze delle attività tecniche e dinamiche sviluppate
dal ROS hanno altresì consentito di dimostrare – stando alle conclusioni del
provvedimento del GIP - l’appartenenza alla mafia del noto avvocato
barcellonese CATTAFI Rosario Pio. Sono state infatti meticolosamente
riscontrate le dichiarazioni rese da alcuni recenti ed importanti collaboratori
di giustizia della mafia barcellonese e catanese[2],
i quali hanno indicato il CATTAFI come soggetto apicale dell’organizzazione
barcellonese e collettore fiduciario dei proventi illeciti conseguiti dai
membri apicali e storici delle due citate organizzazioni mafiose.
Tale patrimonio info-investigativo ha dato riscontro alle
propalazioni di altri numerosi soggetti che nel passato avevano descritto
l’odierno indagato come organicamente inserito nella famiglia mafiosa di
Barcellona Pozzo di Gotto ed intraneo alla famiglia mafiosa catanese di Cosa Nostra riconducibile a SANTAPAOLA
Benedetto.
E’ stata fatta luce, inoltre, sull’evoluzione delle
dinamiche criminali interne della famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto
anche nel periodo immediatamente successivo all’arresto in provincia di Palermo
di PROVENZANO Bernardo, quando LO PICCOLO Salvatore e Sandro, rispettivamente
padre e figlio, avevano cercato di realizzare un riassetto generale di Cosa Nostra palermitana e delle sue diramazioni
provinciali.
A tal proposito le indagini, hanno permesso di appurare
che la famiglia mafiosa barcellonese,
nonché quella dei tortoriciani
riconducibile, all’epoca, a BONTEMPO SCAVO Sebastiano, cl. ’52, sono state
rappresentate – fino al momento del suo arresto - dal referente provinciale di
Cosa Nostra CALABRESE Tindaro, ritualmente affiliato dai menzionati LO PICCOLO,
in deroga all’assetto preesistente che ha storicamente visto interloquire i
rappresentanti dei sodalizi mafiosi messinesi con Cosa Nostra tramite la
famiglia SANTAPAOLA di Catania o tramite il mandamento mafioso di San Mauro
Castelverde per mezzo del defunto rappresentante mistrettese RAMPULLA
Sebastiano.
Il CALABRESE ha quindi continuato a reggere
l’articolazione criminale dei mazzarroti
del sodalizio barcellonese controllando le attività criminali nell’ambito del
proprio territorio (ed a tal proposito sono state documentate le infiltrazioni
nel Comune di Mazzarrà Sant’Andrea presso il quale ha prestato servizio il
tecnico comunale RAVIDA’ Roberto, anch’egli tratto in arresto) ed ha
rappresentato un punto di riferimento per Cosa Nostra nella Provincia di
Messina.
In tale ottica è stata documentata la vicenda della
latitanza a Capo d’Orlando (ME) di PULIZZI Gaspare, uomo di fiducia della
famiglia dei LO PICCOLO nonché reggente della famiglia mafiosa di Carini (PA).
Risulta
dalle indagini che costui sia stato ospitato per alcuni giorni del mese di luglio
del 2007 nella citata località turistica con il pieno appoggio e la copertura
logistica del CALABRESE Tindaro, individuata tramite il noto imprenditore BONTEMPO
Giovanni, anche quest’ultimo tratto in arresto con l’odierna misura cautelare.
Il BONTEMPO, oltre a fornire appoggio per conto di Cosa Nostra, ha operato
imprenditorialmente in sinergia con il sodalizio mafioso barcellonese e con
quello tortoriciano mettendo a disposizione la propria attività professionale
al servizio della criminalità organizzata durante il periodo della reggenza del
CALABRESE Tindaro ed in epoca successiva, anche grazie all’intervento di MARINO
Tindaro, altro imprenditore già tratto in arresto nel giugno del 2011 con
l’operazione Pozzo II del R.O.S.
Per tali ragioni il BONTEMPO è stato raggiunto altresì da una misura cautelare
di tipo patrimoniale che ha interessato buona parte degli illeciti profitti
accumulati nel corso degli anni grazie alla mafia ed alle connivenze di alcuni
importanti funzionari di banca, tra i quali D’ARGENIO Sergio della Banca
Popolare di Lodi, anch’egli arrestato.
Contestualmente, la misura cautelare emessa
dal G.I.P. del Tribunale di Messina Dott. Massimiliano MICALI ha riguardato
anche GIAMBO’ Carmelo, noto esponente mafioso già tratto in arresto con
l’operazione Gotha in quanto ritenuto responsabile dell’omicidio di BALLARINO
Antonio (i cui resti erano stati rinvenuti sepolti in località Piano Gorne del Comune di Mazzarrà
Sant’Andrea), PERDICHIZZI Giusi Lina, coniugata col citato GIAMBO’, nonché
TRIOLO Giuseppe, ritenuti responsabili di intestazione fittizia dei beni
finalizzata all’elusione della normativa antimafia e per questo raggiunti da
contestuale provvedimento di sequestro del patrimonio mobiliare ed immobiliare.
Dopo le operazioni “Batana”,
“Montagna”,
“Vivaio”,
“Pozzo”,
“TORRENTE” e “GOTHA” che avevano già duramente colpito Cosa Nostra messinese, l’odierno
intervento depotenzia ulteriormente la struttura mafiosa indagata, da anni ai
vertici del panorama delinquenziale dell’area
tirrenica.
[1] Tra i quali, Carmelo
BISOGNANO e Santo GULLO, organicamente inseriti nella famiglia mafiosa barcellonese,
Teresa TRUSCELLO, destinataria di una misura cautelare personale e reale,
emessa nell’ambito dell’indagine “Torrente”
del R.O.S. ed Alfio Giuseppe CASTRO, già imputato e condannato nell’ambito del
processo scaturito dall’indagine “Vivaio”,
poiché ritenuto il referente mafioso per la provincia di Messina per conto di
cosa nostra catanese.
[2] I già citati Carmelo BISOGNANO e Alfio Giuseppe CASTRO; e, da
ultimo, Umberto DI FAZIO e Eugenio STURIALE, storici componenti della famiglia
Santapaola di Cosa nostra catanese.
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