E’ un ricordo d’infanzia.
Forse di prima della scuola. Di certo prima della quinta elementare.
All'epoca si andava occasionalmente a trovare dei conoscenti che stavano in campagna in un casolare di contadini della pianura emiliana.
In particolare, una primavera la gatta, che svolgeva il duplice ruolo di compagnia per l’anziana nonna e di cacciatrice di topi, aveva da poco messo al mondo
– credo – cinque cuccioli.
La visita si svolse più o meno come di consueto ma con una nostra maggior permanenza nel cortile incoraggiati dalla primavera e il suo piacevole tepore (all'epoca le mezze stagioni c’erano ancora).
Bambino timido ero poco interessato ai discorsi dei “grandi” e mi guardavo intorno.
I gattini, che ancora non avevano un mese di età, giocavano alla finestra del primo piano.
Uno di loro, volendo afferrare una farfalla, incautamente cadde nel vuoto e, a dispetto delle sue presunte sette vite, morì nella caduta.
Gli altri gattini rimasero qualche istante a vedere il loro “fratello” e la sua misera fine ma poi ripresero la loro attività ludica.
Ho fatto questa premessa personale perché mi pare che spesso noi siamo proprio come un gatto alla finestra a cui le disgrazie o le vicende, che pur ci toccano da vicino, non interrompono la normale attività se non per un breve intervallo di tempo, trascorso il quale, tutto torna esattamente come prima.
Rischiamo di essere comparse nelle nostra stessa vita di cui, non solo non cerchiamo di scrivere il copione, non solo lasciamo che siano altri - altrove e senza amore - a scriverlo, ma viviamo questo con ignavia e rassegnazione.
E’ come se, spesso, la nostra vita non ci interessasse realmente, contendendoci di trascorrerla anestetizzando dolori e domande che la stessa inevitabilmente ci pone.
Nulla sembra destare il nostro interesse, forse neanche lo vogliamo.
L’imprevisto , sola speranza, invocato da Montale in una sua celebre poesia è veramente per molti stoltezza.
Invece, è solo tenendo aperti cuore e mente che non ci si abbassa al livello di animali, che ci si alza a quello di uomini.
E’ solo tenendo accesi in sé domanda e desiderio che si è uomini vivi, solo essendo cercatori di infinito si diventa costruttori di storia, solo riconoscendoci creature generate (e quindi in relazione con un Altro che si vuole seguire) si può a nostra volta generare.
Solo assumendosi il rischio di costruire si rende la propria vita degna di essere vissuta.
Perché, per dirla con Lee Master
“Dare un senso alla vita può condurre a follia
ma una vita senza senso è la tortura
dell’inquietudine e del vano desiderio
è una barca che anela al mare eppure lo teme.”
Per cui l’alternativa è se essere nave in porto con le vele ammainate, o veliero maestoso che solca i mari; fra essere uomo vivo o un gatto alla finestra.
Buona e vissuta vita a tutti.
Gianandrea Cocco
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