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martedì 10 settembre 2013

Un centro privato di cura all’estero: un conto corrente intestato ai Biviano. Ci scrive Giovanna D'Agata

Non è facile raccontare un pomeriggio come quello trascorso tempo fa a Roma, con Sandro e Marco Biviano come tra vecchi amici, in piena sintonia di sentimenti e di pensieri. Intorno a loro due fidanzate intelligenti ed instancabili, un paio di amici con cui condividere tutto, il piccolo tavolo da pranzo con qualche sedia apribile per gli ospiti, l’aria calda di quella piazza semivuota.
Dietro di noi, oltre le transenne, gli sguardi dei carabinieri di Montecitorio ci lasciavano per poco, quella fissità del bulbo oculare su di me, la nuova arrivata, mi faceva percepire che c’era sotto qualcosa di strano.
Fatto sta che, anche lontano da quella piazza, nella vicenda dei due fratelli c’è qualcosa che non torna, perché i quotidiani e i telegiornali rimangono in silenzio sulla loro vicenda, perfino quando i due ragazzi hanno dei malori dovuti alla disidratazione di fronte ai giornalisti di Montecitorio, e finiscono in ospedale.
Di tutto ciò e di altro ancora discuto con i Biviano durante l’intenso pomeriggio di cui narro, avendo cura di presentarmi non come avvocato, ma come essere umano e come amica, immergendomi in una dimensione diversa, troppo lontana dalla ‘società dei sani’. Da una società, cioè, che anche a Lipari con qualche difficoltà concepisce pensieri e riflessioni su questi quattro liparoti, e sovente sembra dimenticarli, perfino nell’ambito delle rituali iniziative culturali che trovano sede in varie famose location dell’isola; ‘riti’ i cui contenuti non detestabili appaiono probabilmente di secondaria importanza a raffronto con la materia che anima le attuali discussioni sulla piazza di Montecitorio, nell’entourage dei Biviano.
Compiuto uno sforzo interiore per ritrovare il senso della proporzione delle cose, che in questi frangenti si può anche smarrire, provo a dire con piena modestia e schiettezza: “Sandro, vorrei provare a tirarti fuori da questo pasticcio insieme ai tuoi fratelli, trovando una alternativa alle cure troppo spesso negate”.
E aggiungo di conoscere la recente legge in materia di staminali, il cui chiaro dettato praticamente non consentirebbe un’ interpretazione favorevole a questa terapia, con conseguenti assai rare possibilità di successo dei ricorsi in Tribunale per ottenere l’ammissione ai trattamenti.
Ricorsi, dunque, per i quali la strada è tutta in salita, con una giustizia che non corre affatto sul filo della legge oggettiva, ma poggia solo su uomini e donne nel ruolo di giudici, quando questi ultimi siano disponibili a far rivivere la suddetta opzione di trattamento attraverso un fine escamotage interpretativo. Cosa che invece non è accaduta nell’unico ricorso finora discusso dinanzi al Giudice del Lavoro del Tribunale di Barcellona P.G. e rigettato, per il quale è stato proposto Reclamo in sede collegiale, che ci auguriamo possa essere accolto.
Ma Sandro, Marco e le loro rispettive fidanzate mostrano di non stupirsi circa il concreto pericolo del rigetto dei ricorsi, perché loro ne sono a conoscenza; concordiamo sul fatto che un tentativo per avere la meglio in Tribunale non può di sicuro nuocere, fermo restando che l’attuale Governo ha espresso a chiare lettere e senza equivoci di non voler modificare la recente legge. A malincuore faccio presente che anche la protesta di giorno 10 settembre probabilmente non farà spostare di una virgola le norme, posta la suddetta volontà univoca di non modificare nulla, esposta dai membri del Governo, anche se pur sempre – come si dice - la speranza è l’ultima a morire; e comunque la protesta e la lotta in mezzo alla gente devono essere sempre alimentate per non spegnersi, anche se ci vorrà del tempo, e forse tanto, prima che si riconosca il sacrosanto diritto di cura con le cellule staminali.
Resta però l’angoscia e i concreti pericoli connessi ai lunghi tempi, se il soggetto è gravemente infermo e se si trova in uno stadio in cui è rischioso e imprudente attendere a tempo indeterminato le cure sperimentali. Si pensi ad un soggetto come Elena Biviano, la quale sovente deve ricorrere al respiratore, si pensi ad esempio ai soggetti allettati, ai bambini colpiti da patologie fatali nell’età pediatrica o nella fanciullezza, come XY di Lipari, di anni 10, affetto da Distrofia di Duchenne, che colpisce in tenera età e fa sopravvivere in media 16-17 anni. I parenti si sono rivolti a me per attivare il ricorso al Tribunale di Barcellona P.G., e a loro ho esposto i medesimi ragionamenti che ho manifestato ai Biviano e in questo articolo sintetizzati.
Tanto più che in caso di ricorso vinto in Tribunale, per l’ammissione alle cure presso l’unico ospedale che le pratica (a Brescia), oberato di arretrati, pare che la lista di attesa degli ammessi alle cure sia già di circa due anni. E allora dico a chiare lettere ai ragazzi che a mio avviso loro non possono rimanere immobili a sperare nelle decisioni del Governo italiano; la protesta sulle piazze deve continuare, ma nel frattempo almeno per Elena bisognerebbe rivolgersi ad un serio centro di cura all’estero, così da metterla fuori pericolo.
“E’ giustissimo“, dice subito Anna, fidanzata di Marco Biviano, al sentire le mie argomentazioni; e nello stesso senso si esprimono a chiare lettere i due fratelli e la fidanzata di Sandro.
Restano quindi da sciogliere due nodi fondamentali: dove andare e con quali soldi.
Un mio conoscente, medico veterinario di Lodi, aveva mesi fa accennato ad un certo prof. Slavin di Tel Aviv, che lavora da trent’anni nel campo delle cellule staminali autologhe. E lo stesso nome ritorna alle mie orecchie da parte di un collega avvocato, che ha una cliente che è paziente di questo professore, e mi dice che tra l’altro questo nome si ritrova nella bibliografia del sito della Stamina Foundation.
Al sentire il nome di tale professore, i fratelli Biviano mi dicono di averlo già sentito dire proprio dal prof. Vannoni e dal dott. Andolina, i quali hanno sentimenti di sincera stima professionale verso Slavin. E poi - per una incredibile coincidenza – Sandro e Marco affermano che proprio in questi giorni si è presentato sulla piazza di Montecitorio un ragazzo affetto da Sclerosi Multipla che è paziente di Slavin, ed ha registrato un forte miglioramento delle sue condizioni generali a seguito di tali cure.
Questo ragazzo è disponibile a rendere note a tutti le proprie cartelle cliniche ospedaliere, nelle quali si accertavano le sue precedenti condizioni e la patologia relativa.
“E’ una buona strada...”, dico io, “le verifiche incrociate danno un ottimo esito. Ma attenzione, ragazzi, preparatevi anche per un piano B: il professore di Tel Aviv potrebbe essere impegnato, o magari temporaneamente non essere nelle condizioni di ricevere Elena (tra l’altro per ora si deve dare il tempo di scongiurare la guerra). Sul Notiziario di Bartolino Leone ho letto che Vannoni ha contatto con ricercatori russi e ucraini; chiedete a lui referenze chiare, indirizzo, numero telefonico e costi. Così c’è un’altra possibilità concreta. E poi scegliete l’opzione che vi sembra più conveniente o quella che risulta più facilmente realizzabile.”
Andiamo all’ultimo più spinoso problema: i soldi. Sandro dice che ne occorrono proprio tanti, circa 100.000 euro, o più, per una persona sola.
“Ragazzi, questo non sarà un problema: sono tanti gli eoliani anche oltreoceano e in Australia. Si costituisce un conto corrente postale a vostro nome. E poi su questo Notiziario viene reso noto il numero. Facile e semplice”.
Io scrivo tutto ciò perché autorizzata dai fratelli Biviano, i quali con delicatezza e senso della misura hanno timidamente annuito a questa iniziativa in piena consapevolezza e libertà.
Al termine dell’incontro, dopo essermi congedata, con grande gentilezza Sandro decide di accompagnarmi alla affollata Via Del Corso, fino a quando scorgiamo in lontananza la mole candida dell’Altare della Patria.

“Grazie e a presto”.
Giovanna D'Agata

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