Non è facile raccontare un pomeriggio
come quello trascorso tempo fa a Roma, con Sandro e Marco Biviano
come tra vecchi amici, in piena sintonia di sentimenti e di pensieri.
Intorno a loro due fidanzate intelligenti ed instancabili, un paio di
amici con cui condividere tutto, il piccolo tavolo da pranzo con
qualche sedia apribile per gli ospiti, l’aria calda di quella
piazza semivuota.
Dietro di noi, oltre le transenne, gli
sguardi dei carabinieri di Montecitorio ci lasciavano per poco,
quella fissità del bulbo oculare su di me, la nuova arrivata, mi
faceva percepire che c’era sotto qualcosa di strano.
Fatto sta che, anche lontano da quella
piazza, nella vicenda dei due fratelli c’è qualcosa che non torna,
perché i quotidiani e i telegiornali rimangono in silenzio sulla
loro vicenda, perfino quando i due ragazzi hanno dei malori dovuti
alla disidratazione di fronte ai giornalisti di Montecitorio, e
finiscono in ospedale.
Di tutto ciò e di altro ancora
discuto con i Biviano durante l’intenso pomeriggio di cui narro,
avendo cura di presentarmi non come avvocato, ma come essere umano e
come amica, immergendomi in una dimensione diversa, troppo lontana
dalla ‘società dei sani’. Da una società, cioè, che anche a
Lipari con qualche difficoltà concepisce pensieri e riflessioni su
questi quattro liparoti, e sovente sembra dimenticarli, perfino
nell’ambito delle rituali iniziative culturali che trovano sede in
varie famose location dell’isola; ‘riti’ i cui contenuti non
detestabili appaiono probabilmente di secondaria importanza a
raffronto con la materia che anima le attuali discussioni sulla
piazza di Montecitorio, nell’entourage dei Biviano.
Compiuto uno sforzo interiore per
ritrovare il senso della proporzione delle cose, che in questi
frangenti si può anche smarrire, provo a dire con piena modestia e
schiettezza: “Sandro, vorrei provare a tirarti fuori da questo
pasticcio insieme ai tuoi fratelli, trovando una alternativa alle
cure troppo spesso negate”.
E aggiungo di conoscere la recente
legge in materia di staminali, il cui chiaro dettato praticamente non
consentirebbe un’ interpretazione favorevole a questa terapia, con
conseguenti assai rare possibilità di successo dei ricorsi in
Tribunale per ottenere l’ammissione ai trattamenti.
Ricorsi, dunque, per i quali la strada
è tutta in salita, con una giustizia che non corre affatto sul filo
della legge oggettiva, ma poggia solo su uomini e donne nel ruolo di
giudici, quando questi ultimi siano disponibili a far rivivere la
suddetta opzione di trattamento attraverso un fine escamotage
interpretativo. Cosa che invece non è accaduta nell’unico ricorso
finora discusso dinanzi al Giudice del Lavoro del Tribunale di
Barcellona P.G. e rigettato, per il quale è stato proposto Reclamo
in sede collegiale, che ci auguriamo possa essere accolto.
Ma Sandro, Marco e le loro rispettive
fidanzate mostrano di non stupirsi circa il concreto pericolo del
rigetto dei ricorsi, perché loro ne sono a conoscenza; concordiamo
sul fatto che un tentativo per avere la meglio in Tribunale non può
di sicuro nuocere, fermo restando che l’attuale Governo ha espresso
a chiare lettere e senza equivoci di non voler modificare la recente
legge. A malincuore faccio presente che anche la protesta di giorno
10 settembre probabilmente non farà spostare di una virgola le
norme, posta la suddetta volontà univoca di non modificare nulla,
esposta dai membri del Governo, anche se pur sempre – come si dice
- la speranza è l’ultima a morire; e comunque la protesta e la
lotta in mezzo alla gente devono essere sempre alimentate per non
spegnersi, anche se ci vorrà del tempo, e forse tanto, prima che si
riconosca il sacrosanto diritto di cura con le cellule staminali.
Resta però l’angoscia e i concreti
pericoli connessi ai lunghi tempi, se il soggetto è gravemente
infermo e se si trova in uno stadio in cui è rischioso e imprudente
attendere a tempo indeterminato le cure sperimentali. Si pensi ad un
soggetto come Elena Biviano, la quale sovente deve ricorrere al
respiratore, si pensi ad esempio ai soggetti allettati, ai bambini
colpiti da patologie fatali nell’età pediatrica o nella
fanciullezza, come XY di Lipari, di anni 10, affetto da Distrofia di
Duchenne, che colpisce in tenera età e fa sopravvivere in media
16-17 anni. I parenti si sono rivolti a me per attivare il ricorso al
Tribunale di Barcellona P.G., e a loro ho esposto i medesimi
ragionamenti che ho manifestato ai Biviano e in questo articolo
sintetizzati.
Tanto più che in caso di ricorso
vinto in Tribunale, per l’ammissione alle cure presso l’unico
ospedale che le pratica (a Brescia), oberato di arretrati, pare che
la lista di attesa degli ammessi alle cure sia già di circa due
anni. E allora dico a chiare lettere ai ragazzi che a mio avviso loro
non possono rimanere immobili a sperare nelle decisioni del Governo
italiano; la protesta sulle piazze deve continuare, ma nel frattempo
almeno per Elena bisognerebbe rivolgersi ad un serio centro di cura
all’estero, così da metterla fuori pericolo.
“E’ giustissimo“, dice subito
Anna, fidanzata di Marco Biviano, al sentire le mie argomentazioni; e
nello stesso senso si esprimono a chiare lettere i due fratelli e la
fidanzata di Sandro.
Restano quindi da sciogliere due nodi
fondamentali: dove andare e con quali soldi.
Un mio conoscente, medico veterinario
di Lodi, aveva mesi fa accennato ad un certo prof. Slavin di Tel
Aviv, che lavora da trent’anni nel campo delle cellule staminali
autologhe. E lo stesso nome ritorna alle mie orecchie da parte di un
collega avvocato, che ha una cliente che è paziente di questo
professore, e mi dice che tra l’altro questo nome si ritrova nella
bibliografia del sito della Stamina Foundation.
Al sentire il nome di tale professore,
i fratelli Biviano mi dicono di averlo già sentito dire proprio dal
prof. Vannoni e dal dott. Andolina, i quali hanno sentimenti di
sincera stima professionale verso Slavin. E poi - per una incredibile
coincidenza – Sandro e Marco affermano che proprio in questi giorni
si è presentato sulla piazza di Montecitorio un ragazzo affetto da
Sclerosi Multipla che è paziente di Slavin, ed ha registrato un
forte miglioramento delle sue condizioni generali a seguito di tali
cure.
Questo ragazzo è disponibile a
rendere note a tutti le proprie cartelle cliniche ospedaliere, nelle
quali si accertavano le sue precedenti condizioni e la patologia
relativa.
“E’ una buona strada...”, dico
io, “le verifiche incrociate danno un ottimo esito. Ma attenzione,
ragazzi, preparatevi anche per un piano B: il professore di Tel Aviv
potrebbe essere impegnato, o magari temporaneamente non essere nelle
condizioni di ricevere Elena (tra l’altro per ora si deve dare il
tempo di scongiurare la guerra). Sul Notiziario di Bartolino Leone ho
letto che Vannoni ha contatto con ricercatori russi e ucraini;
chiedete a lui referenze chiare, indirizzo, numero telefonico e
costi. Così c’è un’altra possibilità concreta. E poi scegliete
l’opzione che vi sembra più conveniente o quella che risulta più
facilmente realizzabile.”
Andiamo all’ultimo più spinoso
problema: i soldi. Sandro dice che ne occorrono proprio tanti, circa
100.000 euro, o più, per una persona sola.
“Ragazzi, questo non sarà un
problema: sono tanti gli eoliani anche oltreoceano e in Australia. Si
costituisce un conto corrente postale a vostro nome. E poi su questo Notiziario viene reso noto il numero. Facile e semplice”.
Io scrivo tutto ciò perché
autorizzata dai fratelli Biviano, i quali con delicatezza e senso
della misura hanno timidamente annuito a questa iniziativa in piena
consapevolezza e libertà.
Al termine dell’incontro, dopo
essermi congedata, con grande gentilezza Sandro decide di
accompagnarmi alla affollata Via Del Corso, fino a quando scorgiamo
in lontananza la mole candida dell’Altare della Patria.
“Grazie e a presto”.
Giovanna D'Agata
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