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domenica 25 luglio 2010

Dal mare "spuntano" i tesori delle Eolie. intervista al prof. Tusa e le dichiarazioni dell'assessore Armao

Tusa: «Panarea si conferma un crocevia fondamentale per le rotte dell'epoca»
(Nuccio Anselmo-Gazzetta del sud)
Quattro relitti integri, più le tracce di un quinto. L'ennesima eccezionale testimonianza di un passato ricchissimo di storia delle isole Eolie.
– Prof. Sebastiano Tusa, quale valore hanno i reperti ritrovati?
«Eccezionale, abbiamo rivenuto quattro relitti integri più gli indizi di un quinto. Il valore da un punto di vista venale è molto grande, si tratta di centinaia e in un caso di migliaia di anfore, ma è altrettanto importante il valore storico-archeologico: una cosa è trovare un'anfora isolata, un'altra cosa è trovarla in un contesto di tale portata».
– Da dove provenivano queste navi?
«Ovviamente possiamo fare delle ipotesi in questa fase. Per esempio per il relitto che trasportava anfore greco-italiche di tipo rodiota, possiamo ipotizzare che provenisse dalla Campania, possiamo fare congetture circa la rotta seguita o gli scambi che sono avvenuti in alcuni porti del Mediterraneo. È chiaro che l'approfondimento dello studio di questi relitti potrà dare l'opportunità di identificare i singoli pezzi, così arriveremo all'origine delle anfore e potremo capire molte cose».
– Lei però si è fatto già un'idea precisa di tutto, ovviamente?
«Beh, vede, uno dei relitti, il secondo, contiene anfore del tipo Dressel 21.22 (il professore fa riferimento alla numerazione assegnata in base alla cosiddetta "Tavola di Dressel", uno studioso tedesco che nel 1899 classificò tutti i tipi di anfore, n.d.r.), sono anfore greco-italiche realizzate nella zona della Magna Grecia, a bocca larga, che portavano in genere frutta secca, e noi abbiamo trovato in passato una fornace che ne produceva ad Alcamo. Quindi è probabile che questa imbarcazione dalla zona della Sicilia Occidentale avesse caricato frutta secca e facesse rotta per esempio verso Roma, e che passasse dalle Eolie è naturale poiché erano il ponte naturale che dalla Sicilia guidava verso Roma. Bisogna dire che la navigazione era all'epoca fatta in piccolo cabotaggio, cioé semplificando con dei punti di riferimento terrestri e a vista, quindi dopo le Eolie si andava verso Palinuro e poi verso Roma».
– Perché tanti relitti in così poco spazio?
«Perché Panarea si conferma ancora una volta una sorta di crocevia tra le varie rotte navali che provenivano dalla Sicilia Occidentale e Orientale, si congiungevano a Panarea, andavano verso Stromboli e poi verso Roma, e ovviamente anche ragionando per le rotte all'inverso era la stessa cosa, cioé da Roma in giù».
– Ma anche negli altri relitti si sono effettuati grandi ritrovamenti.
«Si, abbiamo un altro relitto che trasportava anfore del tipo Dressel 1, di epoca repubblicana, del I. sec. a.C., erano anfore che contenevano olio o vino. Un terzo relitto contiene anfore del tipo greco-italico, quindi anfore che scendevano dalla penisola verso la Sicilia portando vino. Il quarto è il più bello di tutti, aveva un carico misto, contiene anfore puniche, che potrebbero essere di fabbricazione diretta da Cartagine oppure della zona della Sicilia Occidentale, penso a Mozia, Lilibeo, Panormo, e siamo nel III sec. a.C.; ed ecco l'aspetto rilevante, queste anfore si trovano insieme ad anfore greco-italiche del III sec. a.C., quindi possiamo ipotizzare che la nave aveva caricato mercanzie diverse da porti diversi, era passata sicuramente da un porto punico, poi da un porto della Sicilia Orientale, che poteva essere per esempio Tindari, o Messina, e qui aveva caricato anfore greco-italiche, poi stava risalendo la penisola».
– Mi pare che ci sia anche qualche altro pezzo pregiato tra quelli rinvenuti?
«Si, all'interno delle anfore abbiamo trovato anche alcuni vasi molto rari, noi archeologi li chiamiamo con tipologia "a sombrero", una specie di vaso a cilindro, e sono impilati uno dentro l'altro, sono molto concrezionati (ricoperti da organismi vegetali e animali, n.d.r.). Questi vasi dovrebbero essere dipinti e dovrebbero essere di fabbricazione spagnola. E siccome sono vasi che utilizzavano gli equipaggi, questo fatto potrebbe denunciare la nazionalità della nave, che forse era di origine iberica. In genere sono vasi utilizzati per conservare derrate alimentari, sostanze solide, melasse, marmellate».
– Cosa ci dicono di nuovo questi reperti?
«C'è intanto questa ipotesi molto interessante circa la rotta tenuta in quei periodi dalle navi, tutti i relitti ci dicono di nuovo della concentrazione nella zona di Panarea, e che l'isola era una tappa obbligata verso Roma. A Basiluzzo avevamo trovato i resti di un grande insediamento romano ben costruito che aveva anche come base di sussistenza l'allevamento del pesce, perché in mare ci sono delle peschiere per l'allevamento, adesso il fatto nuovo che emerge è che da Panarea passavano le rotte che andavano a Roma e viceversa. Un singolo relitto, quello con le anfore puniche e greco-italiche ci dice anche che questa nave aveva toccato porti punici e d'influenza greca».
– Ci sono tutte le premesse per creare un vero e proprio parco archelogico alle isole Eolie?
«Senz'altro, adesso abbiamo trovato il primo nucleo, ma io sono convinto che se continuiamo di risultati ne avremo ancora, forse questo è il nucleo più denso ma c'è altro. La zona dove abbiamo lavorato è quella più facile. Oggi ci sono tecnologie che ci consentono di perlustrare a 150/200 metri al massimo di profondità, e qui ci sono isole come Stromboli o Salina dove i fondali scendono subito a profondità proibitive, mentre invece nella zona di Panarea ci sono bassi fondali, abbiamo delle vaste spianate sui 150/200 metri di profondità, che ci consentono di ottenere questi grandi risultati».
– Un'ultima cosa: c'è altro tesoro ritrovato alle Eolie, quello di Sottomonastero, che ancora non conosce la sua sorte. Lì cosa avete intenzione di fare?
«Per adesso stiamo aspettando, abbiamo ribadito che ad oggi non possiamo esprimerci sul da farsi, vale a dire se mantenere tutto sotto o portare tutto in superficie, abbiamo necessità di svolgere altri studi, quindi di risorse economiche».


L'ASSESSORE REGIONALE ARMAO: IN SICILIA OCCORRONO TRE GRANDI MUSEI MARINI
In mattinata ieri, nella sala consiliare del Comune di S. Marina Salina, si era svolta una prima conferenza per presentare i risultati ottenuti durante la campagna di sondaggi sottomarini. C'era anche l'assessore regionale ai Beni culturali Gaetano Armao, che ha ringraziato tutti «per il lavoro fin qui svolto, che sta a dimostrare come la collaborazione tra pubblico e privato ormai è un modello a cui ispirarsi. Queste scoperte suggellano di fatto il parco archeologico delle Eolie, diventando un'importante opportunità di crescita. I visitatori dovrebbero avere un percorso culturale da seguire. A mio avviso – ha concluso Armao – in Sicilia occorrono due o tre grandi musei marini e poi la realizzazione di tanti punti collegati mediaticamente con i centri principali».
«Le immagini visionate oggi – ha detto invece il soprintendente Tusa – sono il frutto di una sana e corretta sinergia. In un momento in cui c'è una forte crisi economica, la collaborazione internazionale diventa importante per raggiungere certi obiettivi. Quella della ricerca di alta profondità – ha spiegato Tusa – è stata una scelta mirata; purtroppo, attorno ai 40 m. di profondità buona parte dei possibili ritrovamenti è andata distrutta o depredata. Ecco quindi la necessità di spingerci anche oltre i 100 m. Vorrei sottolineare la sensibilità della Aurora Trust, che si è messa a disposizione per focalizzare quella che è una grande ricchezza culturale. Un plauso al sindaco Lo Schiavo, che ha mostrato grande attenzione ed interesse per questa ricerca».
«Oggi – ha dichiarato il sindaco Massimo Lo Schiavo – viviamo una scommessa suggestiva che di fatto è iniziata l'anno scorso. I nostri punti di partenza sono diventati presto delle mete, che a loro volta dovranno essere nuovi punti da cui partire. Ho visionato le immagini ed è una grande emozione pensare alla scoperta di qualcosa risalente a centinaia di secoli a circa 110 m. di profondità nei nostri mari. Questa verifica continuerà anche l'anno prossimo ed intanto ringrazio tutti per il loro lavoro. Colgo l'occasione per auspicare la nascita di un'area marina protetta, che garantisca la salvaguardia ambientale. Per esempio le piante di Poseidonia sono in serio pericolo, rischiando di compromettere il nostro equilibrio».