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giovedì 24 febbraio 2011

Due parole in "difesa" delle panchine-loculo (di Pietro Lo Cascio)


Riceviamo da Pietro Lo Cascio e pubblichiamo:
Ho letto le opinioni di Aldo Natoli sulle panchine appena realizzate in Via Roma, apprezzandone come sempre il giudizio da tecnico e la visione da ex-amministratore di questo comune; tuttavia, ritengo che non abbia colto talune sfumature che, invece, rendono pregevole l’iniziativa. Intanto, l’aspetto davvero innovativo di questo abbellimento: le loculo-panchine sono infatti oggetti rari, e come tali destinati a rimanere a lungo nella memoria del passante. È come se uno incontrasse per strada qualcosa di mirabile e, al contempo, di totalmente inatteso: la reazione potrebbe risultare simile a quella prodotta dalla visione delle indimenticabili fioriere “a UFO” che – qualche anno fa – adornavano la banchina di Marina Corta. Certo, ancora siamo ben lontani dalla mirabile fontana del lungomare di Milazzo, però – con pazienza e fatica – lo stile dei nostri arredi urbani sta raggiungendo una certa omogeneità con quello dell’adiacente terraferma, costellata da fiorenti cittadine come Milazzo, Barcellona, Villafranca Tirrena e altre ancora. Lo sforzo creativo, però, non si ferma qui: Natoli lamenta il fatto che le panchine siano disposte su suolo in pendenza e, dunque, su livelli diversi; per i futuri frequentatori, che immagino saranno numerosi e già fremano per sostarvi dedicandosi a placide letture, ciò comporterà il vantaggio di poter sbirciare, comodamente, ciò che legge il vicino di panchina. Non sottovalutiamo pertanto lo stimolo a un maggiore arricchimento culturale, o almeno ricreativo, che ne potrà derivare. Inoltre, la disposizione non appare casuale: ricordiamoci che Via Roma sempre più spesso torna a essere il Torrente Roma, e le panchine costituiscono un innalzamento dell’argine settentrionale, a difesa delle abitazioni retrostanti; anzi, sarebbe auspicabile che si intervenisse in maniera analoga sull’altro argine, magari con panchine di diversa foggia (perché limitare la creatività?), purché altrettanto innovative.
Le critiche verso la Soprintendenza, infine, mi sono apparse ingenerose; è vero che le prescrizioni nei confronti dei privati sono spesso eccessive, soprattutto in confronto alla tolleranza mostrata dall’ente riguardo agli interventi pubblici, ma di contro dobbiamo riconoscere lo slancio progettuale profuso nel dotare il nostro centro urbano di strutture ambiziose, e qui è doveroso citare la copertura lignea delle terme romane vicino al palazzetto vescovile, destinata a durare nei secoli – grazie al suo massiccio spessore – più delle stesse antichità che vorrebbe proteggere. Può darsi che talvolta sia “scappata la mano”, per esempio nel rifacimento dell’ex-capitaneria di Marina Corta, che secondo la Soprintendenza sarebbe stata riportata al suo aspetto originale; ma anche in questo caso, dovremmo apprezzare il fatto che – nella disperata ricerca dell’originalità architettonica – la Soprintendenza non abbia abbattuto completamente l’immobile, cosa del tutto coerente poiché – originariamente – esso non esisteva.
 Pietro Lo Cascio

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