avigare su internet non costituisce una violazione degli arresti domiciliari, ma lo è connettersi a Facebook.
Lo ha stabilito la Cassazione, che si è pronunciata sul caso di due giovani siciliani agli arresti domiciliari presso le rispettive abitazioni di Caltagirone, in provincia di Catania, e che avevano rischiato di rientrare in carcere perchè erano stati sorpresi a comunicare attraverso il social network.
A seguito di un ricorso della Procura Generale contro l'ordinanza del giudice per le indagini prelimiari di Caltagirone che aveva deciso di non applicare la detenzione in carcere, la Suprema Corte ha statuito che viola gli arresti domiciliari l'utilizzo di Facebook perchè si tratta di un mezzo idoneo a comunicare con terze persone (al pari, hanno scritto i giudici, dei «pizzini»).
Tuttavia, secondo la Cassazione, l'uso di internet non è vietato tout-court se abbia soltanto una funzione conoscitiva e di ricerca.
E così P.R., che stava seguendo un corso on line di tecnica della pittura ad olio prima dell'arresto, ha deciso, a mezzo dei propri avvocati Lorenzo Amore ed Anna Orecchioni, di chiedere al Tribunale di Caltagirone, investito dalla Suprema Corte di Cassazione, la possibilità di utilizzare internet, escludendo però sia Facebook che la posta elettronica.
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