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venerdì 11 ottobre 2013

Il bene comune e i bisogni di bottega. Riflessione di Lino Natoli

Quando ci si da alla politica, per qualsiasi ragione lo si faccia, che sia l'ambizione più sfrenata, l'interesse più bieco, la passione più incontrollabile o la generosità più incontenibile, bisogna pur avere una minima idea di bene comune. Qualcosa da ritenere presumibilmente buono e giusto per tutti, che corrisponda agli interessi di quasi tutti. Che pur non riscuotendo il consenso generale, serva a migliorare la vita comune, consenta benefici diffusi. Un'idea di bene comune che sia spiegata adeguatamente, in modo che ciascuno possa partecipare come può e come sa alla sua realizzazione.
Un'idea di bene comune che serva da riferimento quando si prendono certe decisioni. Per esempio: a quale idea di bene comune corrisponde la riapertura del centro storico al traffico? A quale idea di bene comune si riferiscono quelle orribili immagini di turisti che risalgono la via Garibaldi tra auto e motorini? A quale idea di bene comune si riferisce la tolleranza verso impavidi invalidi che ostentano il tagliando che consente loro e ai loro parenti di attraversare le zone chiuse al traffico; a quale idea di bene comune corrisponde vedere chiudere continuamente negozi che producono reddito per la collettività e concedere suolo pubblico a bancarelle d'incerta provenienza che sottraggono risorse alla comunità?
Capisco che gli esempi possano apparire banali, ma la domanda di fondo rimane: qual'è l'idea di bene comune che stiamo perseguendo?
Dopo il periodo Giacomantonio, durante il quale si aveva ben chiara un'idea di bene comune, anche se non la si condivideva, la politica locale ha ridotto il bene comune a cortesia individuale, a soddisfacimento di piccoli, insignificanti bisogni di bottega. Adesso si spera che le cose cambino, ma in che senso? Qual'è il sentiero che la classe dirigente di questo paese propone di seguire? Quali sono i riferimenti culturali, economici, sociali che ispirano l'amministrazione della cosa pubblica e indicano a noi cittadini come dobbiamo comportarci nell'interesse del bene comune?

Chi amministra e chi ha amministrato sa bene che non è per niente facile realizzare ciò che si ha in mente, che la realtà quotidiana pone ostacoli talvolta insormontabili ai progetti da mettere in pratica. Ma una cosa si può fare facilmente, dire come si immagina il futuro di queste isole e comportarsi di conseguenza. E sia chiaro, questo non riguarda solo la politica. Rimandare tutto alle responsabilità della politica è una scusa per evitare di affrontare le proprie, ma se la politica per prima non fa il proprio dovere, allora è facile immaginare che per ciascuno il bene comune finirà per coincidere con il proprio particolare interesse. Un'illusione che rischia di distruggerci come comunità e di spalancare le porte a chi invece sa bene come realizzare i propri affari ai nostri danni.
Lino Natoli

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