Alla fine la finanziaria è stata varata. E’ una nave che esce dal bacino di carenaggio senza la bottiglia di spumante, lanciando schizzi di acqua fredda in faccia a coloro che l’hanno messa sul “binario”. E c’è chi vorrebbe fermarla prima che tocchi la superficie del mare e galleggi, tormentato dal sospetto che faccia acqua e il carico della sentina sia eccessivo. Solo un attimo, prevale l’euforia: finalmente, bene o male, è fatta.
La finanziaria della Regione siciliana è tradizionalmente un parto complicato. Le doglie durano settimane e alla fine ci vuole il cesareo, non è mai un concepimento naturale. E quest’anno non fa eccezione.
Messa in mare la nave, però, non può ancora navigare. Deve attraversare il collo di bottiglia, rappresentato dal controllo del commissario dello Stato, è ancorata al “patto di stabilità”, una specie di cintura di castità, e riceve perciò una vigilanza stretta.
Il guardiano della nave, in Sicilia, è appunto il Commissario dello Stato. Che non è Caron dimonio con gli occhi di bragia, ma un coscienzioso funzionario prefettizio che è stato demandato il compito di correggere i compiti dei deputati regionali, piaccia o non piaccia. In più, questa volta, c’è un convitato di pietra, la Corte dei Conti, che ha avviato una indagine sui residui attivi del bilancio della Regione siciliana. Sono ben quindici miliardi di euro che danzano, anno dopo anno, sotto gli occhi dei vigilantes, e non si capisce dove andranno a parare.
Le entrate sono La spada di Damocle, dunque. Quelle vere e le altre, meno vere: paletti di sostegno ad una impalcatura che sta in piedi per virtù dello Spirito Santo. La tentazione di sganciare i paletti e lasciare che il Palazzo resti in piedi con il suo cemento armato arrugginito o finto, c’è ed è grande, ma una volta presa la decisione, che succederebbe? Il crollo, i detriti che tracimano, la polvere che soffocherebbe tutto e tutti.
I parametri sono perciò quelli dell’emergenza, della cautela, delle procedure di raffreddamento, del cammino di Santiago di Compostela: saggezza, fede e buone pratiche. Bacchettate alle furbizie, una mano alla buona volontà.
Il collo è stretto, come s’è sopra segnalato, ma bisogna entrarci, attraversarlo e uscirne. Non c’è niente da fare. La nave va e il triangolo delle Bermude resta all’orizzonte.
La finanziaria della Regione siciliana è tradizionalmente un parto complicato. Le doglie durano settimane e alla fine ci vuole il cesareo, non è mai un concepimento naturale. E quest’anno non fa eccezione.
Messa in mare la nave, però, non può ancora navigare. Deve attraversare il collo di bottiglia, rappresentato dal controllo del commissario dello Stato, è ancorata al “patto di stabilità”, una specie di cintura di castità, e riceve perciò una vigilanza stretta.
Il guardiano della nave, in Sicilia, è appunto il Commissario dello Stato. Che non è Caron dimonio con gli occhi di bragia, ma un coscienzioso funzionario prefettizio che è stato demandato il compito di correggere i compiti dei deputati regionali, piaccia o non piaccia. In più, questa volta, c’è un convitato di pietra, la Corte dei Conti, che ha avviato una indagine sui residui attivi del bilancio della Regione siciliana. Sono ben quindici miliardi di euro che danzano, anno dopo anno, sotto gli occhi dei vigilantes, e non si capisce dove andranno a parare.
Le entrate sono La spada di Damocle, dunque. Quelle vere e le altre, meno vere: paletti di sostegno ad una impalcatura che sta in piedi per virtù dello Spirito Santo. La tentazione di sganciare i paletti e lasciare che il Palazzo resti in piedi con il suo cemento armato arrugginito o finto, c’è ed è grande, ma una volta presa la decisione, che succederebbe? Il crollo, i detriti che tracimano, la polvere che soffocherebbe tutto e tutti.
I parametri sono perciò quelli dell’emergenza, della cautela, delle procedure di raffreddamento, del cammino di Santiago di Compostela: saggezza, fede e buone pratiche. Bacchettate alle furbizie, una mano alla buona volontà.
Il collo è stretto, come s’è sopra segnalato, ma bisogna entrarci, attraversarlo e uscirne. Non c’è niente da fare. La nave va e il triangolo delle Bermude resta all’orizzonte.
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