Aver compagno al duol scema la pena: nel prospetto che pubblichiamo accanto si evince qual è lo stato delle regioni italiane, cioè del sistema paese, quanto a indebitamento. Modestamente ce la caviamo, siamo sul podio dei più indebitati anche se peggio di noi hanno saputo fare Lazio e Piemonte. Un alibi per autoassolversi? Speriamo di no, perché se qui col default della Regione va in crisi l’intera economia che direttamente o indirettamente dalle finanze regionali attinge, in Piemonte e Lazio qualcosa di diverso su cui campare ce l’hanno con industrie slegate dalle casse pubbliche e con un tessuto produttivo-commerciale vivace e autonomo.
Non era questo, infatti, lo spirito della piccata replica di Ardizzone, che al ministro Boschi ha opportunamente opposto un rilievo costituzionale: basta con questo evocare il commissario, con chi la spara più grossa sul Bilancio in rosso. Palazzo Chigi non può commissariare nulla; la procedura di scioglimento è prevista solo per “gravi violazioni o atti contrari alla Costituzione”, peraltro protetta da un doppio passaggio di Camera e Senato fino a chiamare in causa il Quirinale; dunque né il ministro né il premier potrebbero agire direttamente. Quell’accenno al commissariamento, “voce dal sen fuggita”, andava pertanto stoppato, almeno sul piano formale.
Perché su quello sostanziale, tutti sanno che il commissario c’è già, qui si chiama assessore all’Economia, volato a Roma nel week end per sincerarsi del sigillo sui conti prima di depositare gli atti all’Ars. Da Crocetta al Pd, ci si è dovuti piegare al volere del capo. E allora, siamo sotto stringente tutoraggio: adesso i numeri devono quadrare e risalire. Niente più scaricabarile
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