Ieri si è conclusa nella Chiesa dell’Addolorata la Via Crucis biblica iniziata a S. Pietro il 19 febbraio scorso. Cinque tappe che hanno ripercorso seguendo i Vangeli il cammino di Gesù verso il Calvario. Anche questa liturgia è stata presieduta da mons. Gaetano Sardella che ha intonato i canti della passione ed ha letto i passi evangelici relativi alle tre ultime stazioni. Quindi la breve introduzione di collegamento alle tappe precedenti: “Gesù è in croce sul Calvario. E’ stata una giornata oltre che drammatica, intensa. Le giornate per Israele come ancora oggi nella liturgia della Chiesa iniziano la sera del giorno precedente e quella di Gesù è iniziata giovedì con l’istituzione della Eucarestia, l’ultimo compito per gli apostoli: “Fate questo in memoria di me”. Quindi avvia il lungo dialogo col Padre intramezzato da molti silenzi e da poche, scarne interlocuzioni con altri. Il rimprovero agli apostoli che dormono invece di pregare, il richiamo a Giuda “Con un bacio mi tradisci”, poche parole a Caifa ed a Pilato, il dialogo con le donne, la rassicurazione al ladrone “Questa sera stessa sarai con me in paradiso”. Ora quando sulla croce giunge l’assenso del Padre che lo risusciterà e quindi il grande progetto è realizzato può dire “Tutto è compiuto” e spirare.
Tutto è compiuto della storia vecchia e comincia una storia nuova. Va agli inferi per portare la misericordia e annunziare la redenzione ai giusti ed ai colpevoli in questa periferia del creato: un luogo freddo e desolato e quindi ricomparire risorto col suo corpo trasfigurato. Tre tappe di grande significato cosmico e teologico che hanno rivoluzionato l’universo. Ascoltiamo”.
L’illustrazione della prima tredicesima stazione “Gesù muore sulla croce” è affidata ad Angelo Paino confrate della Confraternita Maschile come anche gli altri due lettori. “Il Figlio ha dimostrato attraverso Gesù, che l’uomo che ha perso il Paradiso perché si è lasciato tentare ed ha disubbidito, è veramente degno del perdono del Padre perché è capace di soffrire fino alla morte per la redenzione del mondo. E la gloria di Gesù viene rettamente compresa solo quando viene intesa come gloria del crocifisso che si manifesta nella resurrezione. E la sua gloria, mentre la gran parte dei discepoli fuggono o si nascondono, è sottolineata dagli sconvolgimenti della natura e da un centurione romano, un pagano, che non può non esclamare “Davvero costui era il figlio di Dio””.
Nella quattordicesima stazione Gesù è deposto nel sepolcro. Le scritture dicono che durante i tre giorni che rimane nella tomba Gesù discese agli inferi. “Cristo deve passare – spiega Antonino Lo Rizio – l’Inferno per tornare al Padre. Il Figlio deve ‘osservare quanto di imperfetto, di deforme, di caotico c’è nell’ambito della creazione’ per riportarlo, in quanto Redentore, sotto il suo possesso”. La discesa del Figlio dai morti è necessariamente un evento salvifico ed un evento salvifico non si può limitare a priori. Sostenere che non c’é rimediabilità all’inferno vero e proprio vorrebbe dire che questo inferno è rimasto fuori dalla portata di Cristo. Ma per questa limitazione non c’è nessun riferimento biblico né indicazione dettata dalla ragione. Si può dire che Cristo con la sua esperienza dell’inferno, lo ha svuotato e, perciò, tutta la paura della dannazione è privata di contenuto? Possiamo solo dire con Origene che nell’essere con i morti Cristo introduce, in quello che potrebbe essere raffigurato come il fuoco dell’ira divina, il fattore della misericordia. Possiamo sperare nella salvezza di tutti, ma di fatto non possiamo sapere se tutti si salveranno. La libertà di Dio, così come la libertà dell’uomo è un mistero insondabile”.
Infine l’ultima stazione, la quindicesima, che la Via Crucis tradizionale non contempla: Gesù risorge dai morti. La illustra Renato Russo: “La Resurrezione è un evento discreto: essa non avviene “davanti a tutto il popolo, ma solo davanti a testimoni preordinati da Dio “.
Quale era uno dei nodi più controversi che il Padre ed il Figlio discussero fin sulla croce? Proprio il fatto che una risurrezione per l’eternità era un atto così forte e clamoroso che avrebbe rischiato di coartare la libertà dell’uomo. Se fosse avvenuta dinnanzi al popolo, dinnanzi alle guardie, dinnanzi ai romani chi avrebbe più potuto negarlo? E però questo evento portentoso doveva garantire anche che coloro che avessero voluto credervi avrebbero trovato i riscontri, per quanto impervi, per quanto difficili.
Cristo si manifesta entrando nel nascondimento. “Voi mi cercherete ma non mi troverete “ (Gv 7,34), “a partire da adesso non mi vedrete più”(Mt 23,39). Anche ciò che lo Spirito rivelerà di lui nella storia, rimarrà sempre segno di contraddizione e non si affermerà mai in maniera diretta nella storia del mondo.
Al momento decisivo, quando Gesù fu arrestato e giustiziato, i discepoli non nutrivano certezza alcuna che potesse esserci una resurrezione. Anzi ciò che li invade è un senso di fallimento e di paura. Dovette intervenire qualcosa che in poco tempo provocò il cambiamento radicale del loro stato d’animo, e li portò ad una attività del tutto nuova e alla fondazione della chiesa. Questo qualcosa è il nucleo storico della fede di Pasqua.
Una forza di convincimento e di conversione che solo il Risorto stesso con la sua persona può dare ad essi e che spinge i discepoli, per la prima volta, alla confessione della divinità del Risorto. Ed essi cominciano a capire che è il Padre che lo ha risorto e non è un caso che la Resurrezione del Cristo, fin dall’inizio, viene vista come primizia della vita eterna per molti. E come la Resurrezione trasforma gli Inferi liberando i giusti e forse lasciando Satana da solo a guardia del peccato dissociato dagli uomini, così trasforma anche il Paradiso che diventerà, con la presenza degli uomini risorti, dei loro valori, delle strutture di solidarietà e della creazione trasfigurata, il Regno di Dio, la patria promessa, la beata speranza”.
A conclusione della liturgia il Parroco ha voluto manifestare la sua soddisfazione per questa esperienza di una Via Crucis diversa che si è sviluppata lungo oltre un mese nella preghiera e nella riflessione. “Noi non siamo abituati a pensare mentre preghiamo, spesso ripetiamo meccanicamente alcune frasi cariche di significato. Dobbiamo imparare invece che si prega col cuore e con la mente ed anche in questo Maria che “serbava tutte le cose nel suo cuore” deve esserci maestra”.
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