In un lembo di spiaggia tra i più inospitali della nostra isola hanno letteralmente abbandonato un gruppo di uomini, donne e bambini.
Agli occhi di uomini degni di questo nome, questo evento dovrebbe ispirare sentimenti di pietà e di solidarietà nei confronti di quelle persone, poiché è immediatamente riconoscibile la loro condizione di vittime, di bisognosi. Ma innumerevoli pregiudizi, ostilità, paure dettate dall’ignoranza, hanno offuscato la vista di tanti isolani, facendo sì che su quella spiaggia vedessero solo delinquenti, stupratori, assassini, appestati pronti a infettare e non, invece, uomini, donne e bambini inermi, abbandonati al loro destino, non esseri umani in fuga dallo strazio di una guerra, non il prossimo, non dei fratelli.
Dovremmo tutti imparare a guardare agli altri con uno sguardo nuovo: limpido, pulito, aperto, con uno sguardo empatico, con lo sguardo di chi si mette nei panni degli altri e prova a comprenderli, sforzandosi di guardare la realtà dalla loro prospettiva.
Forse qualcuno avrebbe potuto chiedere a sé stesso: “E se su quella spiaggia ci fossi stato io? Se ci fossero stati i miei figli? Cosa avrei desiderato per me e per i miei figli? Cosa avrei sentito nel profondo, per le parole di odio e di rifiuto di chi avrebbe potuto aiutarmi?”
Magari, dopo esserselo chiesto, non si sarebbero mai scritti quei fiumi di malvagità che ho letto con amarezza.
Guardiamoci negli occhi con uno sguardo nuovo, riconciliandoci con la nostra natura di umani. Facciamo esperienza della nostra umanità o avremo vissuto invano.
Davide Cortese
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.