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venerdì 19 settembre 2008
Capperi e malvasia, l'indagine va avanti
Da settimane(come da noi anticipato a metà luglio) due dei prodotti tipici delle isole Eolie rischiano di diventare uno scandalo alimentare. Si tratta dei capperi e della Malvasia, due prodotti ricercatissimi sui quali, da giorni, hanno messo le mani gli uomini del Nas, il Nucleo antisofisticazioni di Catania. Perché c'è il sospetto, anzi, più che un sospetto, che i due prodotti che si trovano in commercio con l'etichetta «made in Sicily», provengano in realtà dal Marocco o altre zone. A disporre l'inchiesta era stata qualche settimana fa la procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto, competente per territorio, che pare abbia agito anche sulla scorta della segnalazione di qualche produttore «doc».Nel mirino dell'inchiesta e dei controlli, come detto, non sono finiti solo i capperi, ma anche la Malvasia, il tipico vino o passito delle isole che si affacciano sul mar Tirreno. Le indagini avrebbero accertato che, sempre in alcuni casi, la Malvasia sarebbe stata prodotta utilizzando vitigni di Marsala e non, dunque, quelli delle Eolie dove esiste un apposito Consorzio di produttori, che ottenne il riconoscimento «doc» nel lontano 1973, al quale aderiscono ben sette aziende produttrici che imbottigliano nell'isola. I controlli dei carabinieri sono stati effettuati non solo nelle aziende produttive, ma anche nei punti vendita al pubblico.Va ricordato che ad esempio nell'isola di Salina, appena 27 chilometri quadrati, l'agricoltura è proprio caratterizzata dalla produzione di malvasia e di capperi. Prodotti che traggono la loro tipicità proprio dal vulcano in simbiosi con la brezza marina. Spacciare prodotti del Marocco o di altri luoghi per eoliani, oltre che un reato, agli occhi dei consumatori e dei produttori «non taroccati» appare una grave offesa, quasi un «sacrilegio».Del resto sembra difficile non capire, nonostante l'etichetta, se si è di fronte a un cappero eoliano o marocchino. Perché quello originale marchiato «Isole Eolie», è di forma sferica consistente e dopo la salatura a secco non si «affloscia». I costi per produrre quello che gli arabi chiamavano «cabir» sono di gran lunga superiori rispetto a quelli dei prodotti di altri paesi del Mediterraneo, ma anche la qualità è diversa.Di certo i «furbi» dell'agroalimentare hanno saputo ben leggere i numeri che riguardano i capperi e la malvasia. Basti pensare che la Malvasia negli ultimi anni ha fatto registrare un boom con esportazioni anche in Russia e America. Fino agli anni '80 le coltivazioni di uva Malvasia si estendevano appena su 15 ettari di terreno, oggi sono circa 90. Nelle cantine dell'isola lavorano un centinaio di persone, mentre oggi la produzione è per la maggior parte rivolta al passito che si ricava attraverso un procedimento del tutto particolare: l'uva si fa appassire per 7-20 giorni sui graticci posti sopra i tetti delle case.