L'Assemblea regionale chiude un anno in positivo con oltre una ventina di leggi approvate, in meno di otto mesi di attività, dopo essere stata rinnovata con le elezioni di aprile e dopo le interruzioni in occasione delle amministrative di giugno e della pausa estiva.
« Un buon lavoro – sottolinea il vicepresidente vicario on. Santi Formica – che ovviamente ha risentito del clima di tensione conseguente al cambio di governo, dunque al "fermo di apprendistato" dell'Esecutivo, peraltro avvenuto in una fase impegnativa quale il passaggio dalla programmazione di Agenda 2000 a quella dei nuovi fondi Por fino al 2013.»
Il momento meno felice, data la delicatezza del lavoro cui sono chiamati i vari Dipartimenti ?
«Certo. Aggravato dal fatto che il nuovo presidente ha fatto seguire una stagione di riforme, apprezzabile per diversi motivi, ma che inevitabilmente comporta un lavoro di concertazione tra partner e una stabilità della maggioranza che invece sono mancati. D'altronde è impensabile procedere senza un solido consenso della coalizione sul sentiero della programmazione dei nuovi fondi europei; della dirigenza regionale; della sanità, un piano di rientro quest'ultimo che entro il 20 gennaio dovrà essere formalizzato».
Quanto incide su questo scenario la crisi economica che è sovranazionale ma in Sicilia rischia di avere conseguenze più laceranti ?
«C'è una Finanziaria da fare in un momento già critico per il Paese. Si dovrà procedere a scelte dolorose. A maggior ragione occorre coesione. E Raffaele Lombardo deve ritrovarla dentro la maggioranza che lo sostiene, non fuori. Non è immaginabile pensare di andare avanti nei prossimi quattro anni con l'appoggio saltuario della sinistra e comunque dell'opposizione. Sarebbe una politica senza prospettive».
Poi c'è la questione Pdl, che si prepara al congresso di marzo?
«Dentro il Pdl c'è bisogno di regole. Il nuovo partito è una straordinaria opportunità di modernizzazione. Ma applicare il modello Usa, sganciato dagli elettori , presenta rischi e incognite. Ci vogliono regole per la selezione dei dirigenti di una nuova classe politica. In America si ricorre alle primarie; ma qui ? Senza regole, è ipotizzabile una deriva che col sistema federalista sarà maggiore perché aumenterà il multicentrismo dei poteri, con regioni e comuni che diventeranno centri decisionali autonomi».