La Regione non ci sta ad accettare il taglio dei comuni con meno di mille abitanti, previsto dalla manovra di agosto, e rivendica alla sua competenza e quindi dell'Ars una eventuale decisione in merito. La levata di scudi - questo è uno degli altri punti sul quale la Sicilia ventila il ricorso alla Corte Costituzionale per violazione delle sue prerogative di Regione a statuto speciale - è contenuta nella relazione presentata ieri in Commissione Bilancio del Senato dall'assessore Gaetano Armao.
L'intendimento è quello di mantenere in vita tutti i 31 comuni siciliani sotto i mille abitanti, perché cancellandoli alla fine il risparmio sarebbe insignificante. Si pensa però all'integrazione di funzioni con l'accorpamento di alcuni uffici e servizi, per esempio l'ufficio tecnico o il servizio di polizia municipale, quello dei rifiuti e altri che renderebbero più efficiente una gestione unica tra comuni piccoli e vicini.
«Giova ricordare che la Regione ha potestà legislativa primaria in materia di autonomie locali (artt. 14, lett. o) e 15 dello Statuto) - ha fatto presente Armao - sicché ogni determinazione in materia di Comuni e Province non può che spettare alla sua competenza esclusiva legislativa».
«Appare evidentemente apprezzabile lo sforzo del Governo nazionale di contenere il fenomeno della polverizzazione di Comuni, concentrato soprattutto in alcune aree del Paese, e di realizzare l' eliminazione delle province minori. Ma se nel primo caso, in Sicilia si rinvengono solo 31 comuni che hanno meno di 1000 abitanti (si è calcolato che il risparmio, tra il venir meno di Consigli comunali e Giunte si aggirerebbe attorno a 330.000 euro annui), nel secondo caso la Regione ha già manifestato l'intendimento di procedere in sede legislativa alla soppressione di tutte e 9 le Province regionali con il contemporaneo trasferimento delle funzioni di area vasta ai liberi consorzi di comuni, provvedendo altresì a varare definitivamente le aree metropolitane di Palermo, Catania e Messina. Ebbene, salvo ed impregiudicato restando il condiviso obiettivo del risanamento finanziario e del contenimento dei costi di funzionamento degli apparati istituzionali, non può revocarsi in dubbio - conclude l'assessore - che tali scelte attengano all'autonomia regionale, quando, come nell'ultimo caso ricordato, non siano direttamente previsti dallo Statuto».
E a rincarare la dose ci h apensato il governatore Raffaele Lombardo che sul suo blog scrive: «Sono fermamente contrario all' ipotesi di abolire i piccoli Comuni. Non si può cancellare una identità, una bandiera, un campanile, una passione, una partecipazione, una storia, una cultura che si sono costruiti talvolta nei secoli. Semmai, per i Comuni, pensiamo a ridurre i consiglieri e gli assessori, non le indennità che sono, in quei casi, non riducibili. Abolire i piccoli Comuni non serve a nulla. So che questi manifesteranno a Roma. Se la competenza, come credo, è nostra, io non farò mai passare una cosa del genere – annuncia Lombardo - I Comuni non si toccano: sono una risorsa straordinaria attraverso cui democraticamente i cittadini si ritrovano. La vera riforma è il decentramento di poteri: uomini e risorse da parte della Regione. Sono convinto che l'elefante Regione, cresciuto a dismisura, blocca e paralizza la vita dei cittadini perchè ha centralizzato tutto».
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