E’ arrivata ieri la decisione della commissione per la Verifica dei Poteri dell’Assemblea regionale siciliana, che ha dichiarato decaduto Salvino Caputo, parlamentare regionale del Pdl ed ex sindaco di Monreale, in seguito alla condanna ad un anno e cinque mesi per tentato abuso d’ufficio. Una decisione che ha sorpreso molti, compresi tanti deputati dell’Ars che avrebbero voluto dire la loro in merito, ed eventualmente affrontare in Aula la vicenda. Oggi, ecco l’arringa difensiva di Caputo.
Onorevole, ieri la commissione per la Verifica dei poteri ha esaminato la sentenza che lo ha condannato per tentato abuso d’ufficio, e in Aula è stato dichiarato decaduto da deputato regionale. Se lo aspettava?
“Sinceramente no. Di tutta questa vicenda mi hanno sorpreso due elementi. Prima di tutto la straordinaria velocità delle prassi parlamentari: in un solo giorno si sono fatte tutte le certificazioni, cinque uffici pubblici si sono attivati immediatamente e la Commissione è stata convocata in soli sei giorni. Non era mai successo”.
E il secondo elemento?
“Mi ha stupito che il Parlamento non sia stato chiamato a votare, e si sia limitato ad una presa d’atto”.
Pensa che la commissione si sia accanita particolarmente sulla vicenda che la riguarda?
“Penso che la commissione per la Verifica dei poteri sia stata fortemente condizionata dal parere della Segreteria generale. Hanno deciso con una velocità tale da non avere avuto neanche il tempo di leggere tutti e otto i pareri che avevo fornito: due erano di natura costituzionale, due amministrativa, uno tecnica e due di natura penale. Inoltre la mancanza di precedenti avrebbe dovuto convincere la commissione ad essere più prudente: il mio è il primo caso di applicazione di questa nuova normativa in tutta Italia, mi sarei aspettato maggiore approfondimento, soprattutto considerando che in passato ci sono voluti anni ed anni per esaminare nelle commissioni episodi simili”.
Il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, ha detto “dura lex, sed lex”.
“Quanto è successo ieri purtroppo è stata anche la conseguenza dell’inesperienza di Ardizzone. Non c’è dubbio che la vicenda sia stata mal gestita, io alla commissione non avevo chiesto altro che di aspettare dieci o al massimo quindici giorni, per permettermi di dare tutte le motivazioni giuridiche che riguardano il mio caso”.
Per esempio quali?
“Per esempio lo strano episodio che ha riguardato la definizione del mio processo in Cassazione, lo scorso 21 maggio: il Procuratore generale, che rappresenta l’accusa, aveva chiesto un annullamento della sentenza perché andata già in prescrizione (la condanna per tentato abuso d’ufficio si riferisce ad un episodio avvenuto dieci anni fa, ndr). Ma la Corte di Cassazione si è discostata e ha dichiarato il ricorso inammissibile”.
Comunque lei dal prossimo 21 giugno sarà ufficialmente decaduto. Cosa farà?
“Sto presentando ricorso al tribunale civile, e se avrò ragione verrò reintegrato. Il diritto, fortunatamente, mi da tante garanzie. Inoltre il reato per il quale sono stato accusato non è infamante, altrimenti non mi sarei mai candidato. Riguardava solo una mancanza di competenze che io credevo di avere. La sentenza, poi, si riferisce ad un fatto avvenuto molto prima dell’entrata in vigore della nuova legge che mi rende ineleggibile. Quando sono diventato parlamentare ero candidabile, eleggibile e per questo sono stato immesso nelle mie funzioni. La retroattività cozza con i principi penali”.
Pensa che i deputati, se fossero stati chiamati a votare, avrebbero potuto ‘salvarla’?
“Non è questo il punto: io non chiedevo la non applicazione della sentenza, chiedevo solo un termine (tra l’altro nemmeno particolarmente lungo) perché la materia venisse approfondita”.
Pensa che dietro questa storia ci sia un ‘disegno’ di qualcuno che è contro di lei?
“Qualcuno dice che ci sia dietro una strategia contro gli uomini che vengono da Alleanza Nazionale, ma lo escludo. Non posso pensare che ci siano state interferenze, anche perché nel Pdl io sono stato accolto bene.
Tutta la vicenda è da inquadrare solo nell’eccesso di zelo degli uffici e nella cattiva gestione politica del mio caso”.
Onorevole, ieri la commissione per la Verifica dei poteri ha esaminato la sentenza che lo ha condannato per tentato abuso d’ufficio, e in Aula è stato dichiarato decaduto da deputato regionale. Se lo aspettava?
“Sinceramente no. Di tutta questa vicenda mi hanno sorpreso due elementi. Prima di tutto la straordinaria velocità delle prassi parlamentari: in un solo giorno si sono fatte tutte le certificazioni, cinque uffici pubblici si sono attivati immediatamente e la Commissione è stata convocata in soli sei giorni. Non era mai successo”.
E il secondo elemento?
“Mi ha stupito che il Parlamento non sia stato chiamato a votare, e si sia limitato ad una presa d’atto”.
Pensa che la commissione si sia accanita particolarmente sulla vicenda che la riguarda?
“Penso che la commissione per la Verifica dei poteri sia stata fortemente condizionata dal parere della Segreteria generale. Hanno deciso con una velocità tale da non avere avuto neanche il tempo di leggere tutti e otto i pareri che avevo fornito: due erano di natura costituzionale, due amministrativa, uno tecnica e due di natura penale. Inoltre la mancanza di precedenti avrebbe dovuto convincere la commissione ad essere più prudente: il mio è il primo caso di applicazione di questa nuova normativa in tutta Italia, mi sarei aspettato maggiore approfondimento, soprattutto considerando che in passato ci sono voluti anni ed anni per esaminare nelle commissioni episodi simili”.
Il presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone, ha detto “dura lex, sed lex”.
“Quanto è successo ieri purtroppo è stata anche la conseguenza dell’inesperienza di Ardizzone. Non c’è dubbio che la vicenda sia stata mal gestita, io alla commissione non avevo chiesto altro che di aspettare dieci o al massimo quindici giorni, per permettermi di dare tutte le motivazioni giuridiche che riguardano il mio caso”.
Per esempio quali?
“Per esempio lo strano episodio che ha riguardato la definizione del mio processo in Cassazione, lo scorso 21 maggio: il Procuratore generale, che rappresenta l’accusa, aveva chiesto un annullamento della sentenza perché andata già in prescrizione (la condanna per tentato abuso d’ufficio si riferisce ad un episodio avvenuto dieci anni fa, ndr). Ma la Corte di Cassazione si è discostata e ha dichiarato il ricorso inammissibile”.
Comunque lei dal prossimo 21 giugno sarà ufficialmente decaduto. Cosa farà?
“Sto presentando ricorso al tribunale civile, e se avrò ragione verrò reintegrato. Il diritto, fortunatamente, mi da tante garanzie. Inoltre il reato per il quale sono stato accusato non è infamante, altrimenti non mi sarei mai candidato. Riguardava solo una mancanza di competenze che io credevo di avere. La sentenza, poi, si riferisce ad un fatto avvenuto molto prima dell’entrata in vigore della nuova legge che mi rende ineleggibile. Quando sono diventato parlamentare ero candidabile, eleggibile e per questo sono stato immesso nelle mie funzioni. La retroattività cozza con i principi penali”.
Pensa che i deputati, se fossero stati chiamati a votare, avrebbero potuto ‘salvarla’?
“Non è questo il punto: io non chiedevo la non applicazione della sentenza, chiedevo solo un termine (tra l’altro nemmeno particolarmente lungo) perché la materia venisse approfondita”.
Pensa che dietro questa storia ci sia un ‘disegno’ di qualcuno che è contro di lei?
“Qualcuno dice che ci sia dietro una strategia contro gli uomini che vengono da Alleanza Nazionale, ma lo escludo. Non posso pensare che ci siano state interferenze, anche perché nel Pdl io sono stato accolto bene.
Tutta la vicenda è da inquadrare solo nell’eccesso di zelo degli uffici e nella cattiva gestione politica del mio caso”.
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