Subito dopo Capo Faro, lungo la strada provinciale che da
Malfa conduce a Santa Marina Salina, proprio al confine di quest’ultimo Comune,
si trova ubicata una piccola edicola votiva scavata nella nera roccia tufacea.
E’ stata realizzata nel 1953 dal mastro muratore Domenico Crisafulli di
Gianpilieri (provincia di Messina),il quale, proprio in quell’anno, lavorava
per la costruzione della strada medesima, i cui lavori sono stati iniziati nel
1951 ed ultimati nel 1954.
La piccola edicola votiva è stata, recentemente,
restaurata da Elio Benenati di Santa Marina Salina, che ha ridato un nuovo
splendore a questo manufatto, che rappresenta una testimonianza della religiosità popolare e della
spiritualità umana (nella foto di Antonio Brundu: l’edicola votiva subito dopo
i lavori).Ho chiesto notizie a Giacomino
Merlino di Capo Faro, il quale è stato esauriente nel fornirmi notizie su
questa storia che risale, appunto, agli anni ’50.
Il mastro Crisafulli,
inizialmente, ha posto una immagine della Madonna di Fatima, che si venera nel famoso Santuario
Mariano situato nell’omonima frazione di Cova da Iria (Portogallo). In seguito
la nicchia devozionale è stata rifinita
da Bartolomeo Zavona (anche lui mastro muratore), nato a Lingua nel 1888 e
residente, all’epoca, a Capo Faro; mentre lo sportellino in legno con il vetro
è stato posto, tanti anni fa, da
Letterio Mirenda di Leni.
Diverse
persone (come Giacomino Merlino e Rosalia Garito “Liuccia”) hanno avuto cura di portare
un lumino per illuminare la statuina della Madonna e una sua immagine di latta con
la scritta “Mater Dolorosa” ed ora, è stata rimessa la figura della Madonna di
Fatima fornita dal signor Merlino.
Queste strutture (edicole votive,
”chiesuoli” e “chiesuoleddi”), già presenti nelle forme di religiosità della
Grecia classica e sviluppatesi, ulteriormente, nei vari culti delle divinità
minori in epoca ellenistica, sono stati edificati, in età cristiana, come segno
tangibile di devozione e per assicurarsi la protezione di un Santo o della
Madonna, ritenuti meritevoli a seguito di una grazia concessa o di un miracolo
ricevuto. Ecco perché all’interno di questi incavi nella roccia o nelle piccole “chiesuole” e “chiesuoleddi”, sparse
in tutte le isole, vengono posti ceri, candele o lumini ad olio quale segno di
ringraziamento e di gratitudine.
Nel 1987 alunni liparesi dell’Istituto Tecnico Commerciale “Isabella Conti” di Lipari
hanno condotto, sotto la guida della professoressa Beatrice Giunta, una ricerca su alcune chiesette costruite, in
passato, nella principale isola eoliana e tale lavoro è stato pubblicato, nel
1989, in un volume dal titolo “Chiese degradate a Lipari”, dove si evince lo
stato di abbandono ed il conseguente deperimento per incuria delle chiesette.
Dovrebbe essere, quindi, un impegno quello di salvare e tutelare un patrimonio
che appartiene alla storia umana e religiosa della comunità.
A tal proposito,
nel 1992, la Sezione dei Beni Etno-antropologici della Soprintendenza per i
Beni Culturali di Messina, ha vincolato nel territorio del Comune di Malfa, su
segnalazione dell’Assessore alla Cultura del tempo Melina Ciccolo, ben diciotto
cappellette votive (che risalgono al 18° e 19° secolo) quali beni di interesse
storico, religioso, etno-antropologico, artistico ed architettonico (la
medesima cosa è stata fatta anche nei Comuni di Leni e di Santa Marina Salina).
Le antiche “chiesuole”, nonostante molte di esse sono state rimaneggiate e
ristrutturate nel corso degli ultimi 50 anni, conservano la tipologia
originaria, costituiscono una preziosa testimonianza di religiosità popolare e
rappresentano un aspetto della “memoria storica” nella cultura tradizionale
isolana. Antonio Brundu
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