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sabato 22 marzo 2014

RESTAURATA L’EDICOLA VOTIVA A CAPO FARO, TRA MALFA E SANTA MARINA SALINA (di Antonio Brundu)

Subito dopo Capo Faro, lungo la strada provinciale che da Malfa conduce a Santa Marina Salina, proprio al confine di quest’ultimo Comune, si trova ubicata una piccola edicola votiva scavata nella nera roccia tufacea. 
E’ stata realizzata nel 1953 dal mastro muratore Domenico Crisafulli di Gianpilieri (provincia di Messina),il quale, proprio in quell’anno, lavorava per la costruzione della strada medesima, i cui lavori sono stati iniziati nel 1951 ed ultimati nel 1954. 
La piccola edicola votiva è stata, recentemente, restaurata da Elio Benenati di Santa Marina Salina, che ha ridato un nuovo splendore a questo manufatto, che rappresenta una testimonianza  della religiosità popolare e della spiritualità umana (nella foto di Antonio Brundu: l’edicola votiva subito dopo i lavori).Ho chiesto notizie  a Giacomino Merlino di Capo Faro, il quale è stato esauriente nel fornirmi notizie su questa storia che risale, appunto, agli anni ’50. 
Il mastro Crisafulli, inizialmente, ha posto una immagine della Madonna di  Fatima, che si venera nel famoso Santuario Mariano situato nell’omonima frazione di Cova da Iria (Portogallo). In seguito la nicchia devozionale  è stata rifinita da Bartolomeo Zavona (anche lui mastro muratore), nato a Lingua nel 1888 e residente, all’epoca, a Capo Faro; mentre lo sportellino in legno con il vetro è stato posto, tanti anni fa,  da Letterio Mirenda di Leni.  
Diverse persone (come Giacomino Merlino e Rosalia  Garito “Liuccia”) hanno avuto cura di portare un lumino per illuminare la statuina della Madonna e una sua immagine di latta con la scritta “Mater Dolorosa” ed ora, è stata rimessa la figura della Madonna di Fatima fornita dal signor Merlino. 
Queste strutture (edicole votive, ”chiesuoli” e “chiesuoleddi”), già presenti nelle forme di religiosità della Grecia classica e sviluppatesi, ulteriormente, nei vari culti delle divinità minori in epoca ellenistica, sono stati edificati, in età cristiana, come segno tangibile di devozione e per assicurarsi la protezione di un Santo o della Madonna, ritenuti meritevoli a seguito di una grazia concessa o di un miracolo ricevuto. Ecco perché all’interno di questi incavi nella roccia o nelle  piccole “chiesuole” e “chiesuoleddi”, sparse in tutte le isole, vengono posti ceri, candele o lumini ad olio quale segno di ringraziamento e di gratitudine. 
Nel 1987 alunni liparesi dell’Istituto Tecnico Commerciale  “Isabella Conti” di Lipari hanno condotto, sotto la guida della professoressa Beatrice Giunta, una  ricerca su alcune chiesette costruite, in passato, nella principale isola eoliana e tale lavoro è stato pubblicato, nel 1989, in un volume dal titolo “Chiese degradate a Lipari”, dove si evince lo stato di abbandono ed il conseguente deperimento per incuria delle chiesette. Dovrebbe essere, quindi, un impegno quello di salvare e tutelare un patrimonio che appartiene alla storia umana e religiosa della comunità. 
A tal proposito, nel 1992, la Sezione dei Beni Etno-antropologici della Soprintendenza per i Beni Culturali di Messina, ha vincolato nel territorio del Comune di Malfa, su segnalazione dell’Assessore alla Cultura del tempo Melina Ciccolo, ben diciotto cappellette votive (che risalgono al 18° e 19° secolo) quali beni di interesse storico, religioso, etno-antropologico, artistico ed architettonico (la medesima cosa è stata fatta anche nei Comuni di Leni e di Santa Marina Salina). 
Le antiche “chiesuole”, nonostante molte di esse sono state rimaneggiate e ristrutturate nel corso degli ultimi 50 anni, conservano la tipologia originaria, costituiscono una preziosa testimonianza di religiosità popolare e rappresentano un aspetto della “memoria storica” nella cultura tradizionale isolana.                                            Antonio Brundu                                                                              

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