Disco verde dell’Ars alla proposta del Pd per l’elezione dei sindaci col 40 per cento dei voti attribuiti alla coalizione che li sostiene. Nel caso in cui fossero in due a superare l’asticella del 40 per cento, verrà proclamato quello la cui coalizione ha ottenuto più voti. E, a parità di voti, il più giovane. Quest’ultima scelta, in antitesi con la normativa corrente, per cui in caso di parità di voti prevale l’anzianità, è stata determinata da un emendamento dei Cinquestelle che, in prima battuta, decisamente bocciata dalla maggioranza, avevano tentato di ripristinare la legge 7 del ’92, più nota come “legge Campione”, con cui, per la prima volta nello Stato italiano, veniva consentita l’elezione diretta del sindaco.
Quella normativa, in gran parte mutuata dal sistema elettorale americano, fu quasi subito contrastata dai vertici dei partiti romani, con in testa i maggiori esponenti del Ccd, Pierferdinando Casini e Clemente Mastella, i quali si erano subito resi conto che, come avviene negli Usa, ai partiti restava solo il ruolo di organizzatori del consenso elettorale, perdendo ogni controllo sugli eletti. Nel breve periodo in cui rimase in vigore così come era stata inizialmente approvata, infatti, su sette sindaci sfiduciati per iniziativa dei partiti, effettuati i conseguenti referendum popolari, ben sei erano rimasti al loro posto ed, invece, erano stati mandati a casa gli sfiducianti.
Con la norma approvata ieri, contro cui si è schierata anche Forza Italia, favorevole, per evitare i ballottaggi fra i due più votati, ad una soglia minima del 35 per cento, il candidato sindaco proclamato eletto porterà con sé, in Consiglio, anche il 60 per cento dei consiglieri, i più votati della coalizione che lo sostiene. Bocciato anche il tentativo di Forza Italia di introdurre il terzo mandato. Tanto il segretario regionale del Pd Fausto Raciti, a cui si deve la proposta della soglia del 40 per cento dei voti per essere proclamati sindaci, in linea con l’Italicum di Matteo Renzi, quanto la capogruppo Alice Anselmo, a votazione conclusa, si sono dichiarati «soddisfatti per questo voto dell'aula che conferma la bontà di una proposta che ha trovato ampia condivisione fra le diverse forze politiche. Ci auguriamo – hanno sottolineato con una nota congiunta – che l'esame della riforma possa proseguire con lo stesso clima».
Per il commissario regionale di Forza Italia Gianfranco Micciché, invece, «la soglia del 40 per cento è un’idiozia o, forse, è una furbata, non lo so: quello che so è che in un sistema terzopolista non serve a nulla. Il tutto in barba ai siciliani, le cui città rischieranno di non essere più guidate dai sindaci che veramente vogliono, ma da quelli agevolati da un sistema elettorale ormai superato e, che proprio per questo, andrebbe radicalmente modificato».
«Oggi all'Ars – ha commentato, a sua volta il Cinquestelle Giancarlo Cancelleri– è stato scritto un precedente pericoloso: hanno cambiato le regole del gioco, senza la prima forza politica della Sicilia. Ai partiti dico: la pagherete, i cittadini sapranno come comportarsi. Pagherete il prezzo di questo “inciucione”.
«L'emendamento che introduce la soglia del 40% – ha aggiunto – porta le firme di tutti i capigruppo dell’Ars, tranne i Cinquestelle. In pratica è la “dichiarazione d'amore” del “Partito della nazione” contro di noi; tutti da una parte, e noi dall’altra».
Gli altri articoli del disegno di legge, fra cui quello che abbassa al 50 per cento più uno il quorum per una eventuale sfiducia, saranno esaminati nel corso della seduta odierna.
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