Vi
furono 6 caduti eoliani
“La mattina del 5 di agosto si
muovevano le truppe italiane per Gorizia
e le terre lontane e dolente ogniun si partì…”
Le parole di questo canto popolare di contestazione della Grande Guerra
(o Gorizia tu sei Maledetta), descrivono l’inizio di quella che passerà alla
storia come la “VI Battaglia dell’Isonzo”
o “Battaglia di Gorizia” e che costerà alla nostra nazione la perdita stimata
di circa 51.232 uomini . In poco più
di 11 giorni di combattimento 6 famiglie
eoliane piangeranno i loro caduti, tre dei quali risulteranno dispersi e mai
più ritrovati.
Ad onor del vero, le operazioni
per la conquista di Gorizia ebbero inizio già nella giornata del 4 d’agosto,
con le artiglierie italiane, intente ad aggiustare il tiro verso il Podgora,
Plava, Sabotino e San Michele.
Stabilizzate
le posizioni del Trentino, con buona parte delle truppe austriache richiamate
sul fronte orientale a tamponare le falle causate dai consistenti attacchi
Russi sui Carpazi ordinati dal
generale Aleksej Alekseevič Brusilov.
Cadorna riuscì ad intuire il momento di difficolta degli austroungarici e
disimpegnò una buana parte dei reggimenti italiani dal settore Nord- ESt, facendoli
convergere verso il Carso. In breve tempo si riuscì ad incrementare il numero
dei pezzi delle artiglierie italiane poste a ridosso della citta di Gorizia con
1200 cannoni di diverso calibro e 800 bombarde. Il rapporto delle forze in
campo era di circa 300.000 italiani contro circa 120.000 austroungarici, con un
netto vantaggio territoriale per questi ultimi, trincerati dietro complessi
sistemi difensivi.
Il
comando supremo affidò le operazioni del
settore Est alla 3^ Armata comanda dal generale Duca D’Aosta, mentre il settore
nord alla 2^ Armata comanda dal generale Luigi Capello.
Protagoniste
nelle prime ore di battaglia furono le artiglierie, che con tiro preciso e continuo
diedero inizio allo scontro alle ore 5:00 del mattino del 6 di agosto. Lo scopo
era quello di annientare le difese di prima linea della testa di ponte
austriaca posta sul lato destro del fiume Isonzo. Sfondando il “Campo
Trincerarto di Gorizia”, costituito dalla linea di monti che dal Podgora
convergeva verso il Sabotino, Plava e Oslavia; procedendo allo stesso tempo
sulla riva sinistra dell’Isonzo per la conquista definitiva del monte San
Michele, per poi tentare la presa della città.
Nella
stessa giornata del 6 i primi fanti italiani
vennero a contatto con le linee nemiche e il 7 agosto le prime Brigate conquistarono le difese austriache quasi
completamente distrutte dal micidiale fuoco dell’artiglieria. Anche se i pochi
superstiti ancora rintontiti dal bombardamento ed i rinforzi giunti seppero
opporre una tenace resistenza tendando anche disperati contrattacchi. Nella
giornata dell’8 di agosto una compagnia di fanti italiani della Brigata Pavia
(28° Fanteria) al comando del sottotenente Aurelio Baruzzi (medaglia d’oro
v.m.), attraversò a nuoto l’Isonzo ed entrò per prima nella città semidistrutta.
Riuscendo ad issare il tricolore nel
piazzale della stazione centrale. Il generale austriaco Boroevic, non potendo
sperare nel tempestivo arrivo di rinforzi, frenati dai monti posti alle spalle
del suo schieramento, ordinò di abbandonare la città ripiegando verso posizioni
più solide e sapientemente preparate nei mesi precedenti nelle alture e colline
ad Est di Gorizia.
Il
comando italiano interpretando l’arretramento austriaco come una disfatta, dopo
avere preso possesso della città, invio ingenti truppe all’inseguimento del
nemico verso la periferia Est di Gorizia tra la dorsale costituita dal Monte
Cucco di Plava – San Gabriele –San Daniele – Monte Santo. Dove erano invece
abilmente occultate tra i castagneti i nuovi trinceramenti austroungarici e le
batterie di artiglieria.
Usciti dalla periferia di Gorizia
i reparti italiani della 3^ Armata, si trovarono di fronte il bosco di
Pavonizza, dove tra i castagneti vi erano ad attenderli le mitragliatrici nemiche
che abilmente seppero far strage di italiani. Nonostante ciò, gli eroici fanti
del 223° reggimento della Brigata Etna (a cui appartenevano 3 dei caduti
eoliani) riuscirono a compiere la loro missione di perlustrazione spingendosi
fino agli sbarramenti di quota 165 e 174 , che solo a prezzo di immani
sacrifici conquistarono nella giornata del 12. L’immediata reazione del nemico
ed il tiro delle artiglierie, resero però non difendibili le posizioni,
stabilendo la nuova linea del fronte in quel settore tra la quota 165 e 174,
inutile fu ogni altro sforzo.
La
seconda 2^ Armata nella giornata del 14 agosto, cerco con accaniti scontri di
conquistare la dorsale montana di Gorizia tra Monte Cucco e Monte San Marco, ma
riuscendo ad ottenere solo piccoli vantaggi. Il 17 agosto, ritenendo
impossibile compiere ulteriori progressi il generale Luigi Cardorna ordinava
alle truppe italiane di sospendere i combattimenti.
La
conquista di Gorizia rappresentò l’unico consistente successo territoriale
conseguito dall’esercito italiano dal 24 maggio del 1915. Fino a quel momento
infatti i tentativi di avanzamento del fronte avevano avuto come conseguenza
solo un immenso numero di perdite. La presa di Gorizia riuscì anche se in modo
temporaneo a risollevare il morale dei fanti italiani che da li a poco
sarebbero tornati ad insanguinare le
pietraie del Carso. Nei mesi successivi e per quasi tutto il 1917 le
alture ad Est di Gorizia saranno teatro di nuove sanguinose battaglie ed il sistema difensivo
dell’Ermada sbarrerà la via per Trieste.
Tra
i fanti incaricati della conquista di Gorizia, vi è un giovane poeta italiano,
Giuseppe Ungaretti, arruolatosi volontario nel natale del 1915 all’età di 27
anni ed in forza al 19° reggimento di fanteria della Brigata Brescia. La
mattina del 6 di agosto poco prima dell’attacco, nel valloncello di Cima 4 ai
piedi del San Michele nel suo quaderno scriverà:
“Come questa
pietra
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
cos' totalmente
disanimata
Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede
La morte
si sconta
vivendo”.
del S. Michele
così fredda
così dura
così prosciugata
così refrattaria
cos' totalmente
disanimata
Come questa pietra
è il mio pianto
che non si vede
La morte
si sconta
vivendo”.
(Sono una
creatura – Giuseppe Ungaretti)
La sera di quello stesso giorno le Brigate Brescia,
Catanzaro e Ferrara avranno completato la conquista del San Michele. Dieci
giorni dopo, poco prima della fine della “Battaglia di Gorizia” sulle rive del
fiume Isonzo Ungaretti provato dagli scontri ma ancora vivo, tornerà ancora a
scrivere:
“Mi tengo
a quest’albero mutilato
Abbandonato in questa dolina
Che ha il languore
Di un circo
Prima o dopo lo spettacolo
E guardo
Il passaggio quieto
Delle nuvole sulla luna
Abbandonato in questa dolina
Che ha il languore
Di un circo
Prima o dopo lo spettacolo
E guardo
Il passaggio quieto
Delle nuvole sulla luna
Stamani mi
sono disteso
In un’urna d’acqua
E come una reliquia
Ho riposato
In un’urna d’acqua
E come una reliquia
Ho riposato
L’Isonzo
scorrendo
Mi levigava
Come un suo sasso
Ho tirato su
Le mie quattro ossa
E me ne sono andato
Come un acrobata
Sull’acqua
Mi levigava
Come un suo sasso
Ho tirato su
Le mie quattro ossa
E me ne sono andato
Come un acrobata
Sull’acqua
Mi sono
accoccolato
Vicino ai miei panni
Sudici di guerra
E come un beduino
Mi sono chinato a ricevere
Il sole
Vicino ai miei panni
Sudici di guerra
E come un beduino
Mi sono chinato a ricevere
Il sole
Questo è
l’Isonzo
E qui meglio
Mi sono riconosciuto
Una docile fibra
Dell’universo”
E qui meglio
Mi sono riconosciuto
Una docile fibra
Dell’universo”
(I Fiumi –
16 Agosto 1916 – Giuseppe Ungaretti)
Fiume Isonzo con sfondo di Plava e del Sabotino
(Gorizia)
Fanti
italiani escono dalle trincee per l’assalto
Cimitero della III Armata sul colle di S. Elia
(Gorizia)
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