Riceviamo dal dottor Michele Giacomantonio e pubblichiamo:
In questi giorni abbiamo visto ricomparire,
in coincidenza con i timidi propositi dell’Amministrazione di promuovere
finalmente nelle Eolie l’Area Marina Protetta di cui si discute fin dal secolo
scorso, le posizioni “no Parco” sostenute dall’Associazione La Voce Eoliana per
la penna del suo presidente avv. Angelo Pajno.
Angelo lamenta la grande disinformazione che circonda questo problema e
potremmo essere d’accordo purché si ammetta che la disinformazione è generale
fra i pro e i contro. Basti un piccolo esempio preso dalla sua nota .
Dice l’avv. Pajno “Parlare della data del 09 novembre – indicata
dall’assessore regionale all’Ambiente a conclusione dell’incontro con
l’amministrazione comunale di cui si è detto – per la presentazione di una
zonazione presso il competente assessorato regionale dimostra il disarmante
dilettantismo degli interessati.
La stessa legge istitutiva impone
preliminarmente un attento e dettagliato studio del territorio e di tutta una
serie di elementi da valutare scientificamente prima di giungere ad una
“proposta” di zonazione. Cosa assolutamente carente (rectius: mancante) nel
caso di specie.
In assenza quindi di tale ineludibile
presupposto, per la cui acquisizione occorreranno mesi, se non anni, l’invito
dell’assessore Croce assume la stessa consistenza di un invito ad una gita
domenicale fuori porta: portate barbecue e salsiccia. Nient’altro!”.
In realtà un attento e dettagliato studio del territorio e delle sue
biodiversità fu fatto dal prof. Di Geronimo ed è a disposizione delle Pubbliche
Amministrazioni fin dagli ultimi anni 90. Il Sindaco di allora contestò al
prof. Di Geronimo non lo studio, giacché il Sindaco non aveva la competenza per
farlo, ma la perimetrazione delle aree di riserva che ne deduceva.
Per questo, qualche anno dopo, all’inizio del 2001, se non vado errato, si
tenne un incontro a Roma, al Ministero dell’Ambiente fra i Sindaci delle Eolie
ed i responsabili del Ministero in cui si giunse alla bozza di una nuova
perimetrazione che sarebbe dovuta passare al vaglio dei Consigli comunali e che
purtroppo venne travolta dagli eventi che seguirono come la sfiducia al Sindaco di Lipari da parte del
Consiglio Comunale il 19 giugno del 2001.
Di quella bozza dovrebbe esistere traccia nelle carte del Comune, comunque
mi pare di ricordare che le cosiddette zone A, di riserva integrale , quelle
che prevedono un divieto di fruizione quasi assoluto, erano pochissime ed in
particolare, per quanto riguarda il Comune di Lipari: i Faraglioni di Lipari,
mare che bolle e Grotta del Cavallo a Vulcano, Grotta del Bue Marino a
Filicudi, dintorni di Basiluzzo e degli scogli di Dattito, Lisca Bianca, Lisca
Nera, le Formiche a Panarea, Strombolicchio a Stromboli.
“L'intento – si spiega
nel sito ufficiale del Ministero dell’Ambiente - è quello di assicurare la
massima protezione agli ambiti di maggior valore ambientale, che ricadono nelle
zone di riserva integrale (zona A), applicando in modo rigoroso i vincoli
stabiliti dalla legge. Con le zone B e C si vuole assicurare una gradualità di
protezione attuando, attraverso i Decreti Istitutivi, delle eccezioni (deroghe)
a tali vincoli al fine di coniugare la conservazione dei valori ambientali con
la fruizione ed uso sostenibile dell'ambiente marino. Le tre tipologie di zone
sono delimitate da coordinate geografiche e riportate nella cartografia
allegata al Decreto Istitutivo pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale”. Sul sito
del Ministero si legge ancora:
Zona A è interdetta a tutte le attività che possano
arrecare danno o disturbo all'ambiente marino. La zona A è il vero cuore della
riserva. In tale zona, individuata in ambiti ridotti, sono consentite in genere
unicamente le attività di ricerca scientifica e le attività di servizio.
Zona B, di riserva generale, dove sono consentite,
spesso regolamentate e autorizzate dall'organismo di gestione, una serie di
attività che, pur concedendo una fruizione ed uso sostenibile dell'ambiente
influiscono con il minor impatto possibile. Anche le zone B di solito non sono
molto estese.
Zona C , di riserva
parziale, che rappresenta la fascia tampone tra le zone di maggior valore
naturalistico e i settori esterni all'area marina protetta, dove sono
consentite e regolamentate dall'organismo di gestione, oltre a quanto già
consentito nelle altre zone, le attività di fruizione ed uso sostenibile del
mare di modesto impatto ambientale. La maggior estensione dell'area marina
protetta in genere ricade in zona C.
E’ incontrovertibile che il nostro mare ha subito negli anni un
impoverimento notevole che si esprime nella scomparsa o rarefazione di alcune
specie marine fra cui anche il pescato con un vulnus all’economia degli addetti
ed alla tradizionale cucina eoliana.
Ma quella dell’istituzione dell’Area Marina Protetta delle Eolie deve
essere il primo passo del rilancio di un
grande progetto di sviluppo sostenibile per il nostro arcipelago che si lega
strettamente alla realizzazione del Parco terrestre di cui si parla da anni ma
non si è andati al di là della realizzazione di alcune Riserve spesso mal
gestite, ed alla gestione del Sito Unesco che dal 2000, quando vi è stato il riconoscimento, non è mai stata attivata. E il
Sindaco e l’Amministrazione comunale farebbero bene a chiarire o smentire le
voci che vogliono che quella dell’AMP non sarebbe stata una loro libera scelta
ma vi sarebbero giunti -“obtorto collo”- proprio
per cercare di evitare le pressioni dell’Assessorato regionale a favore del
Parco.
In realtà la realizzazione dell’AMP è fondamentale per il futuro delle
Eolie (e penso che dovrà rappresentare una discriminante di fondo nella
prossima campagna elettorale) , perché può rappresentare l’occasione per
dimostrare alla gente delle Eolie che è possibile coniugare insieme difesa
dell’ambiente ed occasioni di sviluppo e di crescita.
Infatti la riserva marina oltre a tutelare, come abbiamo detto, alcune aree di grande rilevanza che rischiano
il degrado e la devastazione da parte di un turismo d’assalto (con motoscafi, barche,
barconi... ) che va crescendo ogni anno, può rendere tangibile la salvaguardia
della pesca locale che attualmente è in forte crisi e rischia di scomparire per
la concorrenza di marinerie più attrezzate che scorrazzano nel nostro mare (
sembra strano che l’avv. Pajno non si sia accorto che la marineria milazzese
opera abitualmente nel nostro mare e spesso il pesce che si vende nelle nostre
pescherie – pesce spada, tonno, ma anche acciughe, ecc. - arriva proprio dai
rivenditori milazzesi che dopo averlo pescato da noi ce lo rimandano con le
navi).
Questa esperienza dell’AMP permetterebbe di sconfiggere alcune leggende
metropolitane che si sono diffuse negli ultimi anni grazie anche alla
connivenza di amministrazioni locali poco interessate alla salvaguardia della
natura come la tesi che il riconoscimento del sito Unesco abbia provocato
meccanicamente la chiusura delle cave di pomice ed il licenziamento dei
dipendenti (mentre era notorio da tempo che la concessione delle cave sarebbe
scaduta nel 2001 e si sono volutamente lasciate cadere opportunità alternative
di valorizzazione dei territori), e che il parco terreste favorirebbe
l’abbandono delle campagne perchè non consentirebbe la loro coltivazione. In
realtà ciò che incombe sull’arcipelago eoliano è l’abbandono e la devastazione
di monumenti naturali e culturali di grande rilevanza a cominciare dalle aree
vulcaniche che sono quelle che hanno garantito alle Eolie il riconoscimento di
Patrimonio dell’Umanità, ed il proliferare di una speculazione edilizia
endemica che continua ad imperversare malgrado l’esistenza di un piano
paesistico cancellando ogni carattere distintivo e banalizzando ed omologando
ogni ambiente e costruzione.
Non ho voluto rispondere a tutte le osservazioni
dell’avv. Pajno ma solo battere un colpo per dire che c’è anche chi la pensa
diversamente e cominciare ad esporne le ragioni. Nei prossimi giorni ci sarà la possibilità di
intervenire ancora e spero che lo facciano anche amici più preparati di me
sull’argomento.
Michele Giacomantonio
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