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mercoledì 30 novembre 2016

Prelevati campioni nella "camera della morte" della Sansovino. La rabbia dei familiari dei marittimi

di Manuela Modica e Salvo Palazzolo
Hanno indossato tute e maschere speciali, quelle che non avevano i marinai morti, e sono scesi fin dentro la camera della morte. I vigili del fuoco hanno fatto un'ispezione nella pancia del traghetto Sansovino, dove sono morti tre marittimi, e hanno prelevato dei campioni, che adesso sono il cuore dell'indagine coordinata dal procuratore aggiunto di Messina Giovannella Scaminaci. In quelle provette ci sono le tracce dell'acido killer che ha ucciso il primo ufficiale Christian Micalizzi, il secondo ufficiale Gaetano D'Ambra e l'operaio Santo Parisi. Sono invece ancora gravi le condizioni di un altro marittimo, Ferdinando Puccio, 38 anni, palermitano, ricoverato in Rianimazione all'ospedale Piemonte. 
"Sono riuscito a tirarne fuori due ma per gli altri era troppo tardi", dice il nostromo Nino Lombardo mentre è ancora in sedia a rotelle. Era poco distante dal luogo dell'incidente, impegnato in un altro lavoro: "Mi hanno chiamato e sono scappato, ho messo la maschera: ho avuto altre esperienze simili, ho capito cosa dovevo fare, sono in mare da trent'anni". 
Dai 17 anni sulle navi, Lombardo è oggi l'eroe della Sansovino, a indicarlo sono i medici del Piemonte: "Senza di lui i morti sarebbero di più oggi", dice Angelo Aliquò, direttore del Piemonte, dove è ancora in prognosi riservata Ferdinando Puccio. Lombardo resterà in osservazione qualche giorno ma è fuori pericolo: "Dopo averne tirati su due l'ossigeno nella bombola era finito e sono crollato: da quel momento non ricordo più niente".
Gli investigatori della Capitaneria di porto hanno già raccolto le testimonianze di alcuni dei cinque superstiti, anche loro ricoverati. Ad aprire il portellone della camera sarebbe stato D'Ambra, subito travolto dalle esalazioni dell'acido killer: le prime indagini dicono che si tratterebbe di acido solfidrico, residuo di nafta. È un veleno micidiale che uccide anche il primo ufficiale, Christian Micalizzi, pure lui appena arrivato nella pancia della nave attraccata da quattro mesi al molo Norimberga, per alcuni lavori di manutenzione. Veleno che non lascia scampo neanche all’operaio Santo Parisi. Un marinaio, Ferdinando Puccio, prova a soccorrere i suoi ufficiali, ma il veleno lo stordisce, lo soffoca, ora lotta fra la vita e la morte, le sue condizioni sono gravissime. Il comandante del Sansovino, Salvatore Virzì, è riuscito a portarlo via dalla pancia della nave, dall’ingresso di quella camera stagna che si è trasformata in una trappola micidiale. Pure il comandante adesso è ricoverato.
Le condizioni di Puccio ricoverato in rianimazione all'ospedale Piemonte restano molto critiche. Dopo la notte i parametri sono stazionari e ciò per i medici è già un segnale positivo insieme al fatto che l'uomo riesce a "ventilare", circostanza che al momento esclude l'ipotesi di sottoporlo a un trapianto di polmone. 
 Al "Piemonte" continua la straziante attesa dei parenti di Puccio mentre i familiari degli altri uomini coinvolti accusano: "Dalla Caronte&Tourist non abbiamo ricevuto neanche una telefonata - racconta Stefano Bertè, cognato di Lombardo - siamo arrivati da Lipari immediatamente e per fortuna mio cognato sta abbastanza bene. A quanto pare è stato l'unico a capire cosa stava accadendo, ha indossato la maschera a ossigeno e prima di svenire è riuscito a trascinare via dalla cisterna due suoi colleghi che avevano perso i sensi". "Gaetano non doveva stare là, non era suo compito - dice Antonino Natoli, il suocero del secondo ufficiale, D'Ambra - era trattato come fosse manovalanza, voleva lasciarlo questo maledetto lavoro, me l'aveva detto più volte. Chi gli ha dato l'ordine di scendere sotto coperta per fare un'ispezione che non era di sua competenza? Lui era ufficiale di coperta, non di macchina".(repubblica.it)

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