(di Luca Chiofalo) Era forse prevedibile, su base nazionale, il boom alle Europee della Lega, ma il dato che impressiona è l’affermazione disarmante del partito di Salvini al meridione.
Risultati eclatanti per un partito che fino ad un anno e mezzo fa si chiamava Lega nord e teorizzava la secessione. Nonostante un problema enorme di classe dirigente, al sud drena voti a tutti gli altri partiti.
A Lipari, per esempio, la Lega, senza candidati autoctoni, con 680 voti è il terzo partito, prende più voti dei grillini e doppia il PD.
Non credo che tale consenso discenda dalla volontà di sostenere Tav, autonomia differenziata delle regioni del nord o improbabili e controproducenti “guerre” mosse all’Europa (i sovranisti saranno marginali), ma piuttosto da un processo di identificazione col leader del momento, che è tentazione e vizio insuperabile dell’italiano medio, perfino quando, come nel caso dei meridionali, si è stati coperti di insulti e disprezzati dal leader in questione per anni.
Certo, il fatto che un partito sempre lontano dalle nostre questioni (se non ostile) e senza radicamento territoriale prenda tanti voti lascia perplessi.
Bisogna, però, riconoscere a Salvini la furbizia ed il merito indiscutibile di aver cambiato in corsa i “nemici statutari” della Lega: quando lo spazio di manovra si limitava al nord, erano “Roma ladrona” ed i meridionali; ora che il partito ambisce a mietere consensi su tutto il territorio nazionale, sono i migranti e l’Europa matrigna.
Senza “nemici” a cui attribuire colpe e sventure nostrane, l’italiano soffre, si smarrisce: i leghisti lo hanno capito da un pezzo e capitalizzano l’intuizione.
Il resto del lavoro per la Lega lo fanno l’ignavia e lo scarso senso di appartenenza degli attori politici locali degli altri partiti, soprattutto quelli dei piccoli centri che non aiutano le persone a distinguere conservatori e populisti da progressisti e popolari, azioni politiche utili da avventure disastrose; qualche volta per limiti personali ed altre per interessi contingenti...
Un’attività politica di così corto respiro, che non spiega le differenze, non appassiona, che non ha slanci ideali e non forma cittadini consapevoli e responsabili ma solo elettori interessati a piccole e personalissime questioni o “umorali”, finisce per uccidere la Politica e la sua funzione.
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