Riceviamo dal consigliere Pietro Lo Cascio e pubblichiamo (Si tratta di una notizia che sta facendo il giro della rete)
La Camera dei deputati ha approvato la soppressione dell’esistenza degli Ato rifiuti e degli Ato idrici. Un fulmine a ciel sereno che oltre su tutta Italia si abbatte in particolar modo sulla Sicilia che su acqua e rifiuti pena da parecchio. Un improvviso cambiamento legislativo, che somiglia ad una sorta di tsunami, dall’entità e dagli esiti, oggi, non valutabili, né prevedibili. Presentatosi, sotto l’innocua denominazione di emendamento “comma quinqiues all’art.1” del decreto legge n°2 del 25 gennaio 2010, titolato “interventi urgenti per enti locali e regioni”.
Nella distrazione generale dei lobbysti delle grandi società d’acqua e rifiuti che, quotidianamente, presidiano Montecitorio e dei deputati italiani “designati”- a cominciare da quelli siciliani - la Lega di Bossi, con fredda efficienza, ha piazzato questo colpo mortale ad una parte consistente del sistema politico-economico di potere, e di “governo allegro”, del centrodestra nel Mezzogiorno d’Italia. Ed, in particolare, in Sicilia. Peraltro, con il voto disciplinato di tutti i deputati della maggioranza che, probabilmente, “more solito”, ignoravano che cosa stessero votando.
“Non c’è dubbio, si tratta di un intervento di legge radicale che cambia tutti i termini e moduli gestionali nei settori regionali dei rifiuti e dell’acqua – commenta Franco Piro della direzione regionale del Pd, il primo in Sicilia ad accorgersi dell’accaduto – che impone la necessità di una riflessione attenta sul ddl di riforma del sistema rifiuti in Sicilia sul quale si sta discutendo all’Ars”.
“Il testo di riforma della filiera dei rifiuti del governo regionale infatti – continua Piro – prevede un sistema fondato sugli Ato e sulla gestione unica territoriale basandosi sull’art 201 del decreto legislativo 152/06; proprio quello che è stato abrogato, ieri, dalla Camera. E’ indispensabile, perciò, trovare, urgentemente, soluzioni adeguate per evitare che la riforma dei rifiuti in Sicilia si blocchi ancora un’altra volta”.
Spieghiamo meglio i termini concreti della questione. Gli Ato rifiuti (ma anche quelli idrici) sono figli del decreto legislativo 152 del 2006, art.201. Cosa prevedeva? Che la gestione del servizio rifiuti: cura delle strade, raccolta e smaltimento, venisse organizzata su omogenei e delimitati ambiti territoriali. Prevedendo due innovazioni strutturali diverse e contigue: a) una “Autorità di Ambito” espressione politica dei comuni di quel territorio che programmasse e vigilasse sullo svolgimento del servizio pubblico dei rifiuti di una porzione di territorio; b) un consorzio intercomunale che appaltasse ad un'unica organizzazione esterna la gestione materiale e quotidiana del servizio rifiuti, puntando al risparmio ed all’efficienza.
Una ricetta organizzativa che nel centro-nord Italia ha funzionato, egregiamente. Nel Sud ed in Sicilia, invece, ha assunto le sembianze di un calvario. In Campania gli Ato hanno fallito la loro mission per le troppe illegalità consumate alla luce del sole. In Sicilia - modestamente parlando - la mente dei legislatori siciliani ha dimostrato una più solida fantasia criminogena, mischiando nei 27 Ato siciliani le funzioni di autorità con quelle di gestione. La vecchia furbizia dei “controllori” che “dovrebbero controllare se stessi”. Circostanza che ha permesso a sindaci e consiglieri comunali di sfornare migliaia e migliaia di assunzioni a tempo indeterminato per chiamata diretta (di figli, mogli, parenti, amanti, amici, “amici degli amici”, galoppini elettorali, etc) e di organizzare simulacri di gestione della raccolta “in regime diretto”, producendo complessivamente alla fine un tale volume di debiti, che ha sfondato la soglia di deficit regionale del miliardo di euro. Buco di bilancio agevolato dall’atteggiamento dei sindaci dei paesi di provincia – che sgravati legalmente dalla responsabilità di dover pensare al problema dei rifiuti – hanno pensato bene di non pagare mai più i costi del servizio agli Ato, spendendo i soldi dei loro bilanci comunali a ciò finalizzati per altre cose, clientelarmente più utili e produttive. Un disastro che, ancor oggi, è sotto gli occhi di tutti.
Tranne alcune “lodevoli eccezioni”, come il Coinres, con giurisdizione sui paesi della provincia di Palermo, che dopo aver assunto a chiamata diretta appena 570 persone (per fare che? Non è dato sapere) ha proceduto, a smozzichi e spizzichi, a piccoli “noleggi a caldo” di autocompattatori, camion e pale meccaniche, moltiplicando così i costi di gestione, e finendo, peraltro, nel circuito di ditte già connesse a quello della movimentazione terra, più note in Sicilia per altre non commendevoli ragioni. Comunque, il Coinres ha stabilito due record: quello di essere l’unico Ato siciliano che non possiede un solo mezzo per la raccolta ed il trasporto dei rifiuti; quello di essere l’unico Ato in Sicilia finito sotto indagini non dei pm normali, ma di quelli di una Procura antimafia, la cosiddetta Dda, nella fattispecie di Palermo.
Torniamo alla modifica di legge di soppressione degli Ato rifiuti approvata ieri a Montecitorio. Secondo “l’indiscutibile” volontà autonoma, normalmente espressa in Parlamento dalla Lega Nord – che già si lecca le dita pensando alla prossima conquista elettorale del Veneto e del Piemonte , ma con un pensierino pure alle province regionali della Lombardia – saranno le Regioni, in puro spirito federalista, a decidere come organizzare, con propria legge, la filiera dei rifiuti, con un occhio di riguardo ai comuni ed alle province. Enti locali dove al nord Italia la Lega domina.
Concretamente in Sicilia, sia il governo, che il Pd e la comitiva Pdl-Udc, dovranno rivedere le loro previsioni dei loro “ddl di riforma del settore regionale rifiuti”, tutti calibrati sulla legislazione nazionale degli Ato, ieri soppressa a Montecitorio. Ato che Lombardo con l’accordo del Pd, per intanto, avevano già ridotto da 27 a 9; uno per provincia.
Ma non basta. L’intemerata della Lega Nord alla Camera, ha riaperto pure il discorso sulla gestione del “sistema acque” in Sicilia. Essendo stato soppresso anche l’art.148 del decreto legislativo n°152 del 2006, risultano, adesso, soppressi pure i nove Ato idrici siciliani. La cui delimitazione, geografica e funzionale, era il presupposto giuridico degli affidamenti di gestione ai privati che tanto sconcerto e dubbi avevano seminato al momento della loro attribuzione. I casi più eclatanti sono stati, ricordiamo, quelli di “Girgenti Acque” (ad Agrigento), di “Acque potabili siciliane” (a Palermo), ed infine di “Siciliane Acque” su scala regionale a surroga del vecchio ruolo dell’Eas. Soggetti imprenditoriali privati, che non si sono certo distinti né per efficienza e modicità del servizio, né per avere investito un solo centesimo di tasca propria sulle reti dei servizi, continuando ad investire soldi di origine pubblica, italiana o dell’Unione europea.
“Un fatto imprevisto che, però, offre all’Ars ed al governo siciliano l’opportunità di superare il pasticcione schema sfornato dall’era Cuffaro – dice Franco Piro – e poter rimettere mano ad una nuova legislazione di organizzazione del settore acque in Sicilia, possibilmente riportandole di gran corsa sotto la sfera gestionale dell’area pubblica. Una opzione, indifferibile, che storicamente, in via di civiltà e di diritto, non può, ragionevolmente, avere alternative. Se l’anno scorso ci hanno ripensato a Parigi ed in gran parte della Francia, vuol dire che si può fare”.
Ma onorevole Piro, è sicuro che si potranno smontare i redditizi monopoli di “Sicilia Acque” e “Aps Palermo”? “Ritengo, oggettivamente, indiscutibile che l’Ars possa rimettere anche questi affidamenti in discussione – risponde compunto l’esponente del Pd – perché sulla base di questa nuova legge dello Stato viene a decadere il substrato territoriale e giuridico che ne aveva originato e determinato questi affidamenti alcuni anni fa”.
Un grande caos, insomma. Ma assolutamente appassionante in termini giuridici e politici. Si vedrà, così, se le forze politiche siciliane, compresi i tanti sindaci e consiglieri comunali, mostreranno un qualche loro interesse per “gli interessi ed i diritti dei cittadini”, oppure ancora una volta resteranno vittima, come spesso è avvenuto, dei “classici amici del giaguaro”, come si diceva una volta. Pare, dotati di un grande fascino attrattivo. Forse, simile a quello della moneta sonante.