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martedì 24 dicembre 2013

E ancora, dopo duemila anni, il bambino Gesù rimane lì, in quella culla (di Don Giuseppe Mirabito)

(Don Giuseppe Mirabito) Ieri pomeriggio ho accompagnato un carissimo amico, Padre Bruno che in questi giorni è a Pianoconte, al Presepe del mare nella piccola chiesetta del Purgatorio a Marinacorta. insieme a lui, Mi osservo i vari personaggi (Peppuccio ha voluto che fossi rappresentato in questo scorcio di Lipari ben realizzato).Ognuno è intento nel suo lavoro: il pescatore, il pescivendolo, e molti altri. La grotta con Maria e Giuseppe è costruita in un angolo. Bella, ampia, ordinata. Gli angeli svolazzano felici (ci sono anche i gabbiani che "impongono" la loro presenza) e il Bambin Gesù sorride sereno in braccio a sua Madre.
Bello, dice quest'amico Frate e Sacerdote Cappuccino. Mentre, così dicendo, faceva i complimenti a Peppuccio, un elemento ha attirato la mia attenzione: tranne Maria e Giuseppe nessuno dei presenti sulla scena è rivolto a Gesù. Ciascuno è preso dai suoi affari. Ciascuno è preoccupato delle proprie cose.
E forse, realmente, è così anche oggi. Ognuno corre per la sua strada, bada ai suoi affari, si lamenta per la crisi, sbuffa per la politica e per gli intrighi del potere, prepara il menù per le feste di Natale, spera di passare giornate di totale riposo, ricicla qualche regalo per i parenti... 
E Lui è lì, in quella culla improvvisata in una mangiatoia. 
Gesù nasce nell'indifferenza per fare la differenza. 
Da quel giorno in cui Dio ha preso carne nella nostra carne, in cui l'eterno è entrato nel tempo, nulla è come prima. Da quella notte, in cui il primo vagito dell'Altissimo stretto tra le braccia esili e coraggiose di Maria ha riempito la stalla di Betlemme, è iniziato un tempo nuovo. Il Suo primo respiro ha segnato il punto zero della nostra era. Lui fa la differenza. Ora non è più possibile non schierarsi. L'indifferenza è rifiuto. 
O con Lui o contro di Lui. O sulla roccia o sulla sabbia. Non esistono misure di compromesso o scorciatoie. Quel bimbo infreddolito è la nostra dolce rovina: davanti alla sua culla, come davanti alla sua Croce, è ammesso solo il silenzio pieno della contemplazione. L'altro silenzio, quello abitato dall'indifferenza, è il rumore sordo e freddo del rifiuto, è il frastuono caotico che non ha permesso all'innominato ricco di accorgersi del povero Lazzaro. 
E ancora, dopo duemila anni, il bambino Gesù rimane lì, in quella culla

Rimane lì per tutti, perché tutti possano accoglierlo, dire sì, scoprire la bellezza gratuita di un amore che chiede solo di essere accolto, che chiede solo di poter amare. 
Rimane lì per chi lo ha scelto con tutto il cuore e ha la sensazione di essere rimasto a mani vuote e ora si fa la stessa pungente domanda di Pietro: e noi cosa ne avremo? Ecco perché sei a mani vuote: per abbracciare quel bimbo. 
Rimane lì per chi ha la sensazione di aver sbagliato tutto e non ha la forza di ricominciare, perché davanti a quella vita nuova e spumeggiante ricordi che la scintilla della vita di Dio abita la nostra umanità. 
Rimane lì per chi si sente diverso, perché ricordi che questa è l'unica cosa che tutti abbiamo in comune e che il Figlio di Dio fatto uomo ha abbattuto ogni muro e ha insegnato a pregare un unico Padre che è "nostro". 
Rimane lì, immobile davanti alla nostra indifferenza, sperando che il soffio dello Spirito trovi uno spiraglio per scalzare le nostre immobilità e ribaltarci dai bastioni delle nostre paure. 
Dobbiamo purtroppo andare, gli impegni della Novena ci reclamano (io a San Giuseppe e Quattropani, Padre Bruno a Pianoconte), dobbiamo proprio andare.
Lancio un ultimo sguardo alla mangiatoia... 
Rimani lì, Signore!

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