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martedì 24 dicembre 2013

ORLANDO, D’ALIA, CROCETTA E RENZI: PARTITA A QUATTRO

La marcia di avvicinamento di Leoluca Orlando verso il Pd si fermerà sulla soglia dell’adesione. Il sindaco pensa piuttosto ad un embarassment, che gli consenta una interlocuzione privilegiata con Matteo Renzi e il nuovo gruppo dirigente democratico, scavalcando le realtà locali. L’incontro con Beppe Lupo, segretario regionale del Pd siciliano, ha il compito di pacificare dopo le turbolenze della campagna elettorale delle amministrative, durante la quale il sindaco diede fuoco alle polveri, chiamando perfino i carabinieri ai gazebo delle primarie di centrosinistra. Scontro aspro e senza esclusione di colpi. Traguardo finale di una durissima opposizione al Pd, alla Regione siciliana, in tandem con Enzo Bianco, sindaco di Catania.
I democratici furono letteralmente “massacrati” per almeno un biennio. Fra le colpe non sanabili, l’alleanza con l’Udc, oltre che con Lombardo, essendo il partito di Casini erede della stagione cuffariana.
Ma c’è un tempo per ogni cosa, ed ora Palazzo delle Aquile si è aperta, in pompa magna, alla visita del leader dell’Udc, Gianpiero D’Alia, che ha regalato a Orlando una giornata di gloria sull’intricato nodo dei precari. Non è che fra i due sia nato un folle amore, si è semplicemente realizzata una felice concomitanza, un matrimonio d’interesse a tempo determinato, che ha richiesto il reciproco “riconoscimento”.
L’Udc sdoganato da Orlando al punto da entrare in giunta comunale? Pare che sia possibile, ma c’è chi lo nega decisamente, e sta accanto al ministro da una vita. D’Alia non chiude mai le porte a nessuno, si muove con disinvoltura e alterna duttilità a clamorose aspre polemiche con nonchalance. Non è docile e gli piace fare la partita piuttosto che giocare di rimessa. La presidenza Crocetta ne è la prova ancora palpitante. L’ha candidato “contro” il suo partito e ce l’ha fatta, pochi giorni dopo la battaglia di Palermo, nella quale si era trovato accanto ai berlusconiani e contro democratici da una parte e orlandiani “di ritorno” dall’altra. Perfetta sintonia, dunque, con il sindaco, che di questa strategia è un maestro.
Orlando, tuttavia, ha occhi ed orecchie solo per il suo collega di Firenze, che in Sicilia parla attraverso Davide Faraone (entrato nella direzione del partito) e Fabrizio Ferrandelli, entrambi “vittime” dei fuochi d’artificio di Orlando. Il sindaco dovrà farsene una ragione. Sono loro gli interlocutori siciliani.
Tutto questo, tuttavia, è “periferia”. Il lustro concesso al Comune di Palermo da D’Alia è già storia. Le grandi manovre hanno una location diversa, non lontana fisicamente da Palazzo delle Aquile ma sideralmente distante per il resto. A Sala D’Ercole Orlando non ha alcuna influenza, è scomparso da tempo, mentre D’Alia conta ancora. E con lui Crocetta, che si dibatte fra mille insidie in una maggioranza dai confini sempre più incerti.
La marcia di avvicinamento del sindaco al centrosinistra di Matteo Renzi avrà tempi lunghi. Non sarà il cammino di Compostela, ma nemmeno un ritorno trionfale nella vecchia casa.

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