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lunedì 20 gennaio 2014

Claudio Abbado e il Teatro Massimo. Il comunicato stampa del commissario straordinarioFabio Carapezza Guttuso

«Oggi è un giorno triste per tutto il mondo della musica ma per Palermo e il Teatro Massimo forse ancora di più: la scomparsa di Claudio Abbado, infatti, ci colpisce particolarmente perché il suo nome è legato al più bel momento di festa della storia recente del nostro Teatro: Abbado era infatti sul podio dei “suoi” Berliner Philharmoniker in occasione del concerto per la riapertura del Massimo il 12 maggio del 1997, un giorno memorabile». Così il prefetto Fabio Carapezza Guttuso, commissario straordinario del Teatro Massimo, commenta la scomparsa del grande direttore milanese di origini palermitane. «Claudio Abbado – continua il Commissario straordinario – non è stato soltanto un musicista raffinatissimo e uno dei protagonisti della storia dell’interpretazione del secondo Novecento, ma è stato anche un esempio per tutti noi su come va pensata e realizzata la musica, sul valore del far “musica insieme”, sulla ricerca della perfezione, sull’importanza di trasmettere l'arte alle generazioni future, a chi ne è solo apparentemente distante, ai meno fortunati. Con la nostra città c’era un rapporto privilegiato, dovuto anche alle origini palermitane della madre, Maria Carmela Savagnone. Il Teatro Massimo ha avuto la fortuna di accogliere il Maestro più volte, dal novembre 1961, quando vi debuttò alla guida dell’orchestra stabile, sino al dicembre 2012, quando è arrivato con l’Orchestra Mozart, sua ultima "creatura" musicale, in cui suonavano insieme giovani interpreti e prestigiosi maestri. Ho avuto modo di incontrarlo proprio in quell’occasione, a pochi giorni dal mio insediamento, e ne ricorderò sempre i modi gentili, l’acutezza degli argomenti di conversazione, l’indissolubile legame con la musica, l’ammirazione per il Teatro Massimo e per l’Orto Botanico, luogo dove amava andare a passeggiare. Oggi più che mai è di vitale importanza il contenuto di una sua celebre frase: «La cultura permette di distinguere tra bene e male, di giudicare chi ci governa. La cultura salva».

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